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Il nuovo allenatore della Primavera brianzola ha rilasciato al Giornale di Monza una lunga intervista, in cui ha raccontato le principali tappe della sua lunga carriera da calciatore e offerto qualche spunto sull'avventura che a breve intraprenderà sulla panchina della formazione di punta del Settore Giovanile del Monza.

"Ho bei ricordi della mia esperienza da giocatore del Monza: dopo un infortunio a Barletta è stata l'occasione di avvicinarmi a casa (sono milanese di Città degli Studi), quando la carriera era ormai agli sgoccioli. Conoscevo Andrissi e la squadra era buona, non avrebbe avuto difatti alcun problema a centrare l'ingresso nella Serie C unica. Il problema era la società, le nuvole sulla proprietà si stavano per addensare e dopo il licenziamento del direttore sportivo era scontato che la proposta di rinnovo fosse volta a non essere accettata".

Oltre al Bellaria, in gol contro la Pergolettese (foto Jacopo Duranti/Tutto Lega Pro)

Il ritorno in Brianza è avvenuto nell'estate 2019: "Guidare l'Under 17 è stata una bella prova, sto affinando il mio bagaglio per quanto riguarda la metodologia e la gestione in una società professionistica. Anzi, in una società che tutti ci invidiano, attenta al dettaglio: per me non è stata una scoperta, avendo militato nel Settore Giovanile del Milan dai 6 ai 17 anni. Questa dirigenza lavora così: i ragazzi devono proporre un bel calcio, ma crescere come persone. Dentro e fuori dal campo devono essere sicuri di se stessi e delle scelte intraprese, senza scadere in comportamenti diseducativi. Ringrazio la società che mi ha dato questa possibilità, nata da una chiacchierata quando il Monza un anno e mezzo fa venne a giocare al Rocco contro la Triestina, al momento giusto: avevo appena preso il Patentino Uefa A".

C'era stata però l'opportunità di indossare la maglia rossa con la banda bianca per una seconda volta: "Non me la sentivo di reggere certi ritmi, ma avrei chiuso volentieri la carriera in Serie D qui dopo l'annata in chiaroscuro a Benevento. Mi stavo allenando da una settimana in ritiro, quando un infortunio al polpaccio ha di fatto chiuso le porte al mio ritorno e la mia carriera".

Il suo lungo viaggio nella zona nevralgica del campo comincia col biennio lecchese: l'esordio nei professionisti è ottimo e Riccardo consegue la promozione col gruppo di Gustinetti: "Schierato da terzino sinistro, ho dato sempre il massimo; è stato proprio il Brianteo teatro della vittoria ai playoff sulla Pro Sesto, che vedeva nel suo undici di partenza Cristian Brocchi".

All'ombra della Collegiata di Sant'Andrea

Sempre l'atmosfera del lago ha dato i suoi frutti qualche anno dopo: "Dopo aver debuttato in Serie B con una Reggiana ambiziosa sulla carta, ma in difficoltà sul campo e in sede, ho fatto parte di una nidiata di belle speranze in quel di Empoli; ho visto crescere i vari Bresciano, Di Natale e Marchionni, ma, siccome spesso non ho amato le strade semplici e molto spesso mi sono scontrato con allenatori e dirigenti per via di un carattere tutt'altro che silenzioso, per raccogliere altre piene soddisfazioni è servita Como. Coi lariani ho raggiunto la massima serie: un torneo da record dove segnai tre reti, la più importante delle quali all'Empoli su punizione. Era il gol della promozione".

In riva al Lario centrato il bersaglio grosso

Tra le date da segnare col circoletto rosso ci sono il debutto ("Sempre contro l'Empoli a Como, ma al di là dell'emozione non era un punto di arrivo, né di partenza: a quell'età non hai modo di tirare bilanci") e la prima marcatura ("Fino alla rottura del ginocchio feci bene a Modena: contro il Perugia concretizzai una bella azione sviluppata da Kamara. Coi canarini occupavo la posizione di trequartista") in Serie A: "Era un obiettivo che avevo quando da ragazzino correvo dietro un pallone. A differenza di adesso, non c'erano grandi alternative, specie per me che, nonostante facessi qualche lavoretto, avevo interrotto gli studi: vedo invece i miei ragazzi a volte distratti sul campo".

Sulla trequarti all'ombra della Ghirlandina

Se la Puglia ("A Bari ho dimostrato di essere un giocatore importante a 32 anni, è stata la mia ultima annata in Serie A e ci siamo salvati in anticipo, accarezzando pure il sogno dell'Europa e giocando un calcio divertente, grazie a Ventura; a Barletta, dove mi ha chiamato il ds Pavone, uno dei creatori di Zemanlandia, ho fatto da chioccia a un gruppo piuttosto giovane. Ho incanalato nel verso giusto gli spareggi salvezza contro la Fidelis Andria, centrando ancora una volta il bersaglio") è stata terra di gioie, Trieste ha rappresentato una vera e propria seconda casa e merita un capitolo a parte.

Il gusto di riscoprirsi importante a 32 anni

Degli alabardati è stato capitano e fromboliere e la Venezia Giulia è stata una scelta di vita: "La Triestina è la squadra dove ho giocato più partite, 146. Ho vissuto molte battaglie e, nonostante una seconda esperienza senza raggiungere l'obiettivo sportivo, perché non bastarono due mie reti al playout contro il Latina e la società poi fallì, vissuto momenti esaltanti: il gol contro il Piacenza che ci regalò la prima salvezza, o la galoppata con Maran sino alla soglia dei playoff. E' una città che mi ha dato stabilità, mia moglie è triestina e quando ho dovuto scegliere dove vivere, non ritrovando la Milano della mia adolescenza, è stato naturale decidere che le mie tre figlie vivessero qui".

Il Rocco e Trieste la dimensione più vera

E proprio Prosecco (a 5 km. da Trieste) è stato trampolino di lancio della sua nuova vita in panchina, cominciata vincendo la Terza Categoria al Città di Cologno: "Ho allenato la Juniores del Primorje e condotto la Prima Squadra a due finali playoff; al secondo tentativo abbiamo centrato l'Eccellenza. Quest'anno alla guida dell'Under 17 è stato importante, al di là dei risultati (eravamo primi al momento dell'interruzione davanti al Renate e segnavamo una media di tre gol a partita): ho consolidato la mia idea, voglio fare l'allenatore e approdare in una Prima Squadra. La Primavera del Monza è la decisione di prospettiva migliore possibile e non vedo l'ora di scendere in campo".

Antonio Sorrentino