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L’ex difensore e dirigente del Milan Filippo Galli si è raccontato in una lunga intervista sul canale Instagram del giornalista Nicolò Schira. Queste le sue principali dichiarazioni.

INIZI - “Da piccolo ho fatto tre anni di ginnastica artistica prima di scoprire il pallone. Sono partito dalla squadra del mio paese, a 15 anni giocavo in Prima Categoria. Serviva la firma dei miei genitori per scendere in campo, all’epoca si imparava a giocare anche per strada. A 16 anni sono entrato nel vivaio del Milan dove ho giocato in Primavera prima di iniziare la mia carriera”.

PESCARA - “Il mio primo anno nei professionisti, lo ricordo ancora con affetto. Avevo le proposte di Pescara e Vicenza: Scelsi l’Abruzzo su consiglio di Gianni Rivera. Ho trovato un allenatore come Rosati che è stato come un padre per me. Centrammo il salto di categoria, giocai 28 partite”.

IDOLO - “Lo andavo a vedere da tifoso e ci ho giocato insieme: dico Franco Baresi, un campione e un riferimento per me”.

MILAN - “Dopo Pescara torno al Milan e faccio l’esordio ad Arezzo in Coppa Italia e in campionato contro il Verona. Inizia così la lunga avventura rossonera”.

BERLUSCONI- “Il suo arrivo nel 1986 rappresentò la svolta per noi. Un presidente appassionato e competente che ha costruito una grande squadra, acquistando campioni straordinari. Una miscela incredibile grazie a un innovatore come Sacchi in panchina. Vincere giocando bene: ecco perché siamo entrati nella storia. Berlusconi aveva una straordinaria carica motivazionale: sapeva infonderci fiducia come nessuno. Ricordo ancora la convention di Publitalia a Saint Vincent: c’erano 150 persone e le conosceva tutte per nome. Si fermò a parlare con tutti, uno a uno, dando consigli e disposizioni”.

SACCHI - “Gli inizi non furono semplici. Le sconfitte con Fiorentina ed Espanyol rischiavano di far saltare tutto. Fu molto brava tutta la società a proteggerlo e difenderlo. Sacchi aveva un metodo molto chiaro di gioco basato sull’intensità: ci faceva lavorare molto a secco con Pincolini. In campo difesa corta e pressing altissimo con automatismi replicati a memoria in maniera univoca. C’è stato un calcio prima e un calcio dopo Arrigo Sacchi in Italia”.

CAPELLO - “La sua forza fu quella di non stravolgere nulla anche grazie all’apporto di Italo Galbiati, che era bravissimo e conoscevo bene dai tempi della Primavera. Portò una mentalità manageriale frutto delle esperienze in Fininvest e Mediolanum”.

ATENE 1994 - “Grande rispetto per Cruijff, ma non furono le sue dichiarazioni a caricarci. Eravamo già orientati a fare una grande partita: Capello l’aveva preparata benissimo e infatti fu un trionfo. Dopo il fischio finale sono entrato in trance agonistica…”.

TROFEI SPECIALI- “Ho vinto tantissimo grazie a un gruppo di campioni straordinari e a una società che ha sempre costruito grandi squadre. Il primo scudetto strappato al Napoli di Maradona e le finali di Champions contro Steaua e Barcellona i momenti più belli ed esaltanti”.

LIEDHOLM- “Aveva un carisma incedibile. Aveva un’idea della zona statica rispetto a Sacchi, ma creò le basi per quella che divenne la squadra degli invincibili. Ammiravo l’ironia con cui sapeva relazionarsi con noi giocatori”.

AVVERSARI PIÙ FORTI - “Con Pruzzo e Rummenigge erano grandi battaglia così come con Vialli e Mancini. Maradona era il più forte in assoluto, mentre Paolo Rossi era pericolosissimo: bastava perderlo un secondo e faceva gol”.

3 COMPAGNI PIÙ FORTI - “In difesa Franco Baresi, a centrocampo Donadoni e davanti Pietro Paolo Virdis, faceva sempre gol ed è stato un po’ sottovalutato”.

VAN BASTEN - “Il Cigno mi ha spaccato un ginocchio in allenamento. Una sua entrata mi ha disinserito il legamento collaterale del ginocchio destro. Era molto nervoso come spesso capitava dopo alcune esercitazioni fatte con Sacchi. Gliel’ho perdonata ovviamente…”.

LENTINI- “Era il Cristiano Ronaldo degli anni Novanta. Senza quell’incidente avrebbe fatto una carriera molto più lunga a grandi livelli”.

RIMPIANTO- “Non ho mai vinto la Coppa Italia. Nel 1990 l’abbiamo persa in casa contro la Juventus. Il gol di Galia non l’ho ancora digerito. È l’unico trofeo che mi manca…”.

LOS ANGELES - “Le Olimpiadi 1984 furono una esperienza straordinaria. Indimenticabile partecipare a una manifestazione del genere”.

MONDIALE 1986 - “Ero tra i 30 pre-convocati ma un infortunio mi ha frenato. Inoltre Bearzot preferì fare altre scelte per il Messico. Giusto così, non ho particolari rimpianti nonostante non abbia mai esordito in Nazionale A”.

DE LAURENTIIS- “Ci siamo visti due anni fa a Napoli. Mi aveva patentato la possibilità di unire i settori giovanili di Napoli e Bari, ma poi le cose si sono arenate. Peccato perché il presidente è un visionario, ci vede lungo ed è molto bravo…”.

REGGIANA- “Nel novembre 1996 capii che non c’era più gente fiducia in me, visto che avevano preso Vierchowod e così accettai quella offerta. La Reggiana era già in zona retrocessione e non fu un’annata positiva dal punto di vista dei risultati”.

BRESCIA - “Un bel triennio, riuscimmo a conquistare la promozione in A. C’era un fuoriclasse come Roberto Baggio e un grande talento come Pirlo, dietro c’eravamo io, Petruzzi e Lele Adani. Insieme a noi anche Vittorio Mero, che ricordo sempre con grande affetto”.

MAZZONE - “In settimana ci lasciava lavorare molto con il pallone, mentre la domenica era molto solido. Palla lunga per le punte: Mazzone sapeva come motivare il gruppo e tirar fuori il meglio da ogni giocatore”.

NUOVO GALLI - “Tra i giovani mi piacciono molto Bastoni dell’Inter e Gabbia del Milan. Possono diventare due grandi giocatori e fare una carriera importante, ma non paragonateli a me. Io mica ero un campione: meglio per loro essere paragonati a Baresi (sorride, ndr)”.

WATFORD - “Ho sempre amato il calcio inglese, questa opportunità uscì per caso a 38 anni. Caricola che lavorava per Vialli mi chiese referenze su Igli Tare e stavano cercando anche un centrale: nel giro di qualche settimana si creò l’opportunità giusta. Una annata molto bella”.

PRO SESTO - “Avevo già deciso di smettere, quando mi chiamò Stéfano Eranio che allenava lì. Ho accettato la proposta e mi sono molto divertito in C. Un anno e mezzo a battagliare contro tanti ragazzi, io avevo 40 anni ma avevo ancora entusiasmo nel giocare”.

MENTAL COACH - “Può essere più interessante come supporto per un calciatore adulto rispetto a un ragazzo, che magari ha più bisogno di uno psicologo all’interno di un settore giovanile. Almeno io così la vedo all’interno di una visione sistemica del calcio”.

MILAN ATTUALE- “Ormai sono fuori da quasi 2 anni, perciò faccio fatica a giudicare. Occorre pazienza e continuerà per ricostruire: avrei fiducia nell’attuale management e proprietà”.

PRIMAVERA- “Una avventura importante prima come collaboratore di Franco Baresi e poi da allenatore per due anni in prima persona. C’erano ragazzi importanti come Aubameyang e Paloschi. Non ho vinto niente, ma ho scelto due giovani collaboratori come Andrea Maldera e Angelo Castellazzi che oggi lavorano rispettivamente nella nazionale dell’Ucraina e al PSG”.

ANCELOTTI- “Mi volle come collaboratore della Prima Squadra e mi voleva al suo fianco al Chelsea, ma avevo già dato la mia parola al Milan per ricoprire il ruolo di responsabile del settore giovanile”.

ALLENARE - “Ci fu anche la possibilità di allenare il Milan prima di Allegri, ma da dirigente mi sono trovato più a mio agio”.

TALENTO PERDUTO - “Emanuele Orlandi, mi ricordava Hazard per talento e qualità. Ci aspettavamo tutti facesse una altra carriera quando era con noi al Milan”.

GIOVANI - “Non conta dribblare i cinesini, guardo il primo tocco e il controllo di palla in partita con gli avversari. Bisogna guardare all’intelligenza motoria: conta la tecnica e il saper scegliere nella giocata più che il fisico. Nei valori massimali forza e velocità non devono essere i parametri primari”.

DIFENSORI OGGI - “Non è vero che oggi non sanno più difendere, ovviamente il ruolo è cambiato. Oggi c’è un carico cognitivo differente visto che si chiede ai centrali di essere i primi costruttori di gioco, facendo partire l’azione da dietro”.

MONZA - “Sono nato e vivo a Monza, ma sono cresciuto a San Fiorano. Il Monza ha potenzialità straordinarie e mirano ad arrivare in A. Io a Monza? Abbiamo visioni differenti, non ci sono state possibilità. Mi sarebbe piaciuto, ma nessuna chiamata”.

MILAN CINESE - “Danno tutti colpa ai cinesi, ma c’era un management italiano, molti non se lo ricordano. Furono loro a portarmi all’addio. Non c’erano più i presupposti visto che volevano allontanare i miei collaboratori. Non c’era unità di intenti e la medesima visione del calcio”.

CUTRONE - “In Inghilterra ha fatto fatica a trovare spazio, adesso a Firenze è in una fase di assestamento. Gli auguro il meglio”.

DONNARUMMA- “Gigio già a 12-14 anni aveva qualità sopra la media. Si intravedevano tutte le sue qualità. Oggi è uno dei migliori al mondo nel suo ruolo. La sua forza migliore? Non subire e patire l’errore quando sbaglia. Ha ancora grandi margini di miglioramento”.

TALENTI SU CUI PUNTARE- “Vido, Zanellato e Crociata verranno fuori e possono giocare in A. Idem Pobega che sta facendo benissimo a Pordenone”.

CALABRIA- “I tifosi ce l’hanno un po’ con lui, ma per me resta un giocare forte. Non è vero che è piccolo di statura per giocare a grandi livelli. Avrà La forza di ritrovarsi dopo un periodo difficile in cui ha commesso errori gravi e non da lui”.

RITORNO AL MILAN - “Ringrazio i tifosi per gli attestati di stima, ma nessun contatto”.

LOCATELLI - “Manuel diventerà un giocatore da grandi club, ne sono convinto. Non a caso già si legge di interessamenti importanti (Inter e Juve, ndr). Grazie al Sassuolo e De Zerbi è cresciuto molto, tornando a essere il ragazzo che aveva più capacità di lettura dell’azione. Locatelli ha un calcio pulito e grande grande visione di gioco”.

VERDI - “Qualità assoluta. Calciava indifferentemente sia di destro sia di sinistro. Il giocatore più forte della mia gestione”.