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Imbersago - Siamo andati a trovare Giancarlo Besana, indimenticabile voce che per oltre trent'anni ci ha raccontato gioie e dolori del nostro Calcio Monza.



- Giancarlo, quali sport ha praticato da giovane?



"Le mie più grandi passioni sono state da sempre il calcio e il ciclismo. Ho giocato tanto, ma non amavo correre, ero tecnicamente forte a quando passai a giocare da 7 a 11 fu un trauma. Giocavo mezzala fino ai 16 anni, poi feci un provino ed entrai nel Monza, dove feci fatica ad ambientarmi, ma fu la mia più grande gioia poter indossare la maglia che amo da una vita per un anno. Poi venni venduto alla Villasanta dove giocai in Promozione. Quando mi infortunai mi venne proposto di allenare la Gerardiana dove ho scoperto Piero Frosio che sarebbe poi stato il perno del grande Perugia e poi allenatore del Monza".



- Quando ha iniziato ad interessarsi e poi a scrivere del Monza?



"Da sempre, ho iniziato nel 1957, portavo i risultati al "Cittadino" con dei brevi commenti a Giovanni Fossati il caporedattore, non c'erano i computer e sapevamo tutto tramite qualche telefonata ma soprattutto il passaparola, una storia d'amore infinita quella col Monza".



Quali sono state le più grandi emozioni che ha provato nella sua carriera giornalistica?



"La vittoria del torneo anglo italiano e l'onore di poterla raccontare, una grande gioia che nessuno mi potrà mai togliere. Lo spareggio di Bergamo con Radice in panchina, la promozione a Trieste, gol decisivo di Peroncini e poi a Tortona, emozioni grandi, ho una foto con Gigi Casiraghi abbracciati e stremati. Io ho avuto la fortuna di viverle tutte appieno, ero l'unico giornalista allora con le prime televisione e le radio.



E le delusioni?



"Lo spareggio perso a Bologna, contro il Pescara, che nasce perchè perdemmo in casa col Lecce e Silva sbagliò il rigore, rilanciando il Pescara e finiamo alla pari in classifica. Andammo a Bologna in un migliaio, uno spostamento di gente mai visto da Monza, eravamo convinti di stravincere, ma una volta arrivati a Bologna da Pescara arrivano in diecimila e già li ci hanno massacrato. Io sono di quelli che non sospettarono, però per me rimane la delusione piu' grossa, una macchia nera nella storia del Monza. A seguire tutte le altre fino a quella di Pisa che fu uno scandalo e la discesa in D che ho vissuto malissimo, quasi piu' delle sconfitte."



Com'e' come persona il monzese Adriano Galliani, prima che dirigente di Monza e Milan?



"Aveva i piedi di gesso, scarso tecnicamente, quando si andava a giocare ai boschetti reali il pallone lo doveva portare lui se no non giocava. Io e Dino Dolce eravamo i più bravi. Adriano grande appassionato di calcio, determinato e competente. Ha fatto la grande carriera che tutti noi sappiamo e se la è meritata tutta. Quando era a Monza ogni tanto ci pizzicavamo ma la stima è sempre stata grande e reciproca".



Cosa ne pensa dei nuovi giornalisti che seguono il Monza e di quelli passati?



"Ho un debole per il mio amico Stefano Peduzzi, le ultime leve non le conosco, mi piace leggere Dario Crippa del Giorno che è molto in gamba e non posso non ricordare il grande Alberto D'Aguanno che ha cominciato la sua brillante carriera proprio a Monza con Monza gol. Per quanto riguarda il passato Angelo Corbetta, Giovanni Fossati e Fabrizio Pignacca, sono loro che mi hanno fatto lavorare. E non posso dimenticare il compianto Claudio Parma: un amico e un collega straordinario che se n'è andato troppo presto".



Lei vive ad Imbersago dove è sempre stato molto attivo, che differenze ha trovato fra il nascere e crescere in una città e poi trasferirsi in un piccolo paese di provincia, feudo interista fra l’altro?



"Credo di aver fatto la scelta giusta, ho vissuto a Monza felicemente e quando sono andato via mi sono ambientato molto facilmente, Imbersago e' il classico paesino tranquillo. Ho tratto il meglio dalla grande città e lo stesso dal piccolo paese. Rifarei tutto quanto, ad Imbersago ho fatto parte del consiglio comunale, non ho nessun rimpianto per essermene andato e lo ho fatto anche per i miei figli che sono cresciuti in una dimensione giusta e poi crescendo hanno scelto la loro strada"



Pensa che il Monza riuscirà finalmente nel giro di qualche anno a tornare in serie B e magari a sognare la tanto agognata serie A?



"Me lo auguro, bisogna dare un po' di tempo a questa società e non dare dei giudizi affrettati. Soprattutto adesso che c'è un periodo di grande cambiamento. C'e' grande passione e competenza, non credo a chi parla di secondi fini, sarò ingenuo ma io credo che se li lasciano lavorare in pace possiamo pensare in grande e spero facciano in fretta perchè gli anni passano e non son piu' giovanissimo. Darei loro solo un consiglio, tenere un profilo più basso che so per Berlusconi essere difficile, di essere più brianzoli, tempo al tempo".



Quali sono stati i personaggi del Calcio Monza che ha amato di più?



"Gi indimenticabili presidenti Giovanni Cappelletti e Valentino Giambelli, gli allenatori Magni, Radice,Fontana e Frosio perchè lo ho allevato io (ride, ndr).Per quanto riguarda i calciatori io avevo una malattia per Marco Bolis percheè era piacevole e divertente. E infine per Sanseverino".



Cosa vuol dire alle nuove generazioni perchè tornino allo stadio con la stessa passione che aveva lei alla loro età?



"E' un problema atavico che non si e' mai risolto. Sento gente che dice che il Sada era sempre pieno, non è proprio così. Il top lo abbiamo raggiunto con il Vicenza di Rossi e il Cagliari di Virdis, perchè lo stadio era piccolo, inadeguato e si riempiva subito. Monza ha una tradizione di anarchia verso lo stadio per tante ragioni, la vicinanza e la concorrenza con Inter e Milan. Monza ha un suo bacino d'utenza, i suoi tifosi appassionati, inutile inseguire impossibili sogni. Non bisogna illudersi noi siamo la Brianza dei campanili, chi abita a Pessano va a vedere il Pessano e forse anche il Monza. Va bene così, Monza è una piccola entità orgogliosa del suo passato e presente che non vuole colonizzare nessuno ne' essere colonizzata."



Gabriele Passoni