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C'è grande gioia, mista però a determinazione ("Voglio fare l'allenatore di una Prima Squadra, quando nel 2015 ho fatto il corso era maturata l'intenzione di restituire al calcio il bagaglio di conoscenze, umane e tecniche, ricevute; allora cominciai a eseguire con un altro occhio le esercitazioni, tenendo conto di distanze e tempi"), in Raffaele Palladino, classe 1984 che ha cominciato, appena appese le scarpette al chiodo, a fare esperienza con i 2009 (collaboratori Alessio Fusco e Matteo Viganò), dando una mano all'Under 14 di Andrea Antonelli prima e all'Under 16 di Riccardo Allegretti poi.

Il clima del Monzello è famigliare, ma il ringraziamento all'ad Adriano Galliani va oltre l'opportunità ricevuta: "Non hai idea dell'entusiasmo che trasmette in ogni occasione, quando mi fa per esempio vedere il video di un giocatore e chiede un parere. La conoscenza calcistica non era in discussione, altrimenti non puoi ottenere tanti successi, ma la cura dei dettagli (che so, conosceva per filo e per segno le tappe della mia carriera), unita alla determinazione con cui vuole vedere il suo Monza in Serie A, rende rosee le prospettive del Club".

E vari aneddoti del cammino cominciato a Benevento sono stati snocciolati in una lunga intervista al Giornale di Monza: "Il calcio è sempre stata la mia passione, da un lato stavo a giocare in strada sino a sera, dall'altro distruggevo camera mia col pallone. Vorrei che i miei ragazzi, tentati dai social e non solo, ci mettessero lo stesso cuore e volontà. Alla loro età vivono una fase delicata, ma se l'obiettivo è il professionismo devono avere, oltre al talento da coltivare, l'approccio dovuto e ciò comporta spirito di sacrificio. Ho esordito in Serie C 16enne, ma solo dopo essermi formato dalla Juventus ho pensato di poter fare il calciatore".

L'incontro decisivo è appunto con Gasperini, che a quei tempi dirige (con successo) la Primavera bianconera e da seconda punta lo colloca al centro dell'attacco, supportato da due esterni: nei due anni e mezzo di Genova, che Palladino reputa i migliori della sua carriera, sarà sempre il vecchio maestro a dirottarlo sull'esterno. "Anche lui è cresciuto, ma l'indole del martello gli è restata: nessuno sa tirare fuori come lui il 110% dai giocatori, nessuno sa leggere come lui le gare. Gli avversari faticano a trovare lo spazio per farti male, accetti l'uomo contro uomo e ti difendi andando all'attacco".

Per arrivare occorre testa o talento, antica questione: "Ci vuole tutto. A me hanno sempre riconosciuto grandi qualità dal punto di vista tecnico, invece sotto l'aspetto fisico ho dovuto lavorare, ero magro e fragile. Ci sono ragazzi talentuosi come Chiumiento, il migliore a livello giovanile, che hanno raccolto poco tra i professionisti: lui faticava a mettersi in discussione, pativa nel morale; altri, come Chiellini, con intelligenza e predisposizione mentale, hanno bilanciato carenze tecniche. Del gruppo della Primavera sento ancora il direttore del Novara Urbano e Mirante, mio grande amico".

Veri botti all'Arechi a rallegrare Gregucci

La Prima Squadra esige lo svezzamento in piazze calde come Salerno e Livorno: "In granata ho segnato 19 volte e per un giovane alla prima esperienza in un torneo di grande livellamento come la Serie B di allora era il massimo. Dopo l'inizio difficile con Ammazzalorso, il calcio propositivo di Gregucci mi ha aiutato e ci siamo salvati in anticipo, ricordo un 4 a 0 (la mia firma è un sinistro all'incrocio) al Genoa primo col quale spegnemmo qualche contestazione. Il Mister l'ho poi ringraziato in amaranto, quando, all'esordio in Serie A, segnai al suo Lecce: i primi mesi mi permisero di entrare nel giro dell'Under 21, poi uno scontro con Acerbis in allenamento mi costò parecchio".

All'Università del calcio

La Juventus entra nella pelle con Deschamps: "Un uomo vero che ha meritato la fortuna di diventare Campione del Mondo da allenatore. A proposito, io sono stato allenato da un altro titolato: Marcello Lippi bada più alla gestione del gruppo, ci sa fare nei rapporti umani, mentre il francese si addentra nelle pieghe tecniche. Ero l'ultimo della fila e non poteva che essere così: avete presente Del Piero e Trezeguet alle prese con la Serie B? Dopo parecchia tribuna, colsi al volo la chance e a novembre segnai su assist di Balzaretti approfittando dell'incerta difesa dell'Albinoleffe. Il massimo fu poi realizzare in casa una tripletta alla Triestina, finì 5 a 1. Quando vivi quella dimensione capisci che le vittorie nascono anche al di fuori del campo, la maglia è più pesante di quella azzurra".

Andarsene da Torino, nonostante le molte stagioni in compartecipazione, è un piccolo neo: "Sono soddisfatto di quanto ho avuto dal calcio e non ho rimpianti, né rimorsi. Il Manchester United bussò alla porta quando ero alla Juventus, ma allora non mi interessava fare un'esperienza fuori dall'Italia. Spiace non aver avuto continuità l'anno dopo con Ranieri, cui allontanai il tricolore col contropiede del 3 a 2 nel Genoa-Juventus successivo, e nel complesso qualche sosta ai box di troppo, a livello traumatico".

Alle prese col Club più storico dello Stivale

Già, nel frattempo il cielo assume colori vividi sopra Marassi: "Si vive per il calcio e il derby della Lanterna è il più emozionante: siamo arrivati nelle Coppe Europee e ho potuto mettere in pratica tutto quello che avevo osservato, quanto a movimenti e posizione, nel mio idolo Cristiano Ronaldo. Ecco, man mano ho cambiato modello: prima Roberto Baggio, poi Zidane come trequartista e Del Piero come seconda punta, infine il portoghese sulla fascia. In Liguria ho conosciuto Juric, che mi ha voluto in Calabria, e il Principe Milito, bomber sottovalutato e uomo riservato. Potessi sulla panchina rubare un segreto a coloro che ho incontrato, vorrei essere un lavoratore come Gasperini, rimanere umile come Deschamps e avere la trasparenza, virtù rara in questo mondo, di Juric".

Una targa ricorda la piacevole statistica ducale: "Ho segnato con un bel pallonetto il pareggio del Parma a Udine, anche se la rete più bella l'ha subita di tacco la Fiorentina in maglia rossoblu: era la rete numero 1000 da quando i Crociati giocavano in Serie A. In Emilia con Mirante, Lucarelli, Galloppa e Gobbi eravamo uno zoccolo duro fatto di amici: abbiamo centrato l'Europa League, ma non poterla disputare ha svelato i disastri della società. Da falliti abbiamo onorato il torneo superando tra le altre la Juventus Campione, ma ha fatto male vedere i dipendenti senza lo stipendio e perciò in difficoltà".

Squalo con l'amico Juric

Tra le gioie c'è la tappa finale, la Crotone che simboleggia clima e terra da meridionale, ma soprattutto una favola portata ai vertici ("Mio il gol della promozione al Modena e il primo degli Squali in Serie A, proprio al Genoa) e il desiderio assecondato del campo: "Mi ricapitò quando, fermo ormai da 8 mesi, Galliani mi ha telefonato per propormi di giocare Coppa Italia e playoff nel Monza, è bastato dicesse -Ho bisogno di te e la voglia di calcio è tornata. Poi è andata com'è andata, ma nella proposta c'era già l'idea di far poi parte dello staff giovanile e non vedo l'ora adesso di plasmare l'Under 15 con entusiasmo e grinta".

C'è un ragazzo che in Serie A un po' ricorda l'ambizioso Raffaele degli inizi? "In Serie A forza fisica e trappole tattiche sono la norma, perciò è raro trovare esterni che sanno saltare l'uomo. Eddie Salcedo dell'Hellas è così".

Antonio Sorrentino