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Nuova stagione, nuovo Amarcord. Avremo ancora modo di rinverdire partite storiche (con quelle avversarie che lo scorso campionato non erano in Serie B: Crotone, Parma, Benevento, Como, Ternana, Perugia, Alessandria) ma quest’anno ci soffermeremo sui protagonisti della epopea biancorossa. Sempre partendo dall’avversario di turno.


Reggina-Monza: ovvero l’ultima panchina di Gigi Radice. L’episodio – vergognoso esonero compreso – lo abbiamo raccontato qualche mese fa. Ora esuliamo dal triste epilogo per celebrare il più grande allenatore della storia del Monza. A dirlo non sono le mie povere parole ma i numeri: due promozioni dalla C alla B a trent’anni esatti di distanza. Come lui nessuno. Mai.
1966-67: la retrocessione (dopo 15 stagioni cadette consecutive) potrebbe lasciare strascichi pesantissimi ma l’intuizione del presidente Radaelli è felicissima: panchina a un giovane tecnico che ha da poco concluso una bella carriera nel Milan. Radice ha entusiasmo ed idee, propone metodi e metodologie moderne, propugna un calcio attivo e propositivo. I biancorossi non partono col favore del pronostico ma compattezza ed unità d’intenti li proiettano subito nelle zone alte della classifica. Tra i pali Santino Ciceri è una saracinesca (solo 18 gol incassati in 35 partite) e va pure a segno – dal dischetto – contro il Piacenza. La difesa (Magaraggia, Perego, Magni) è granitica. Il centrocampo presenta garanzie assolute (Beltrami, Ferrero, Prato) a supporto della fantasia, della classe, dell’estro del genio assoluto di Claudio Sala (13 gol e … mille assist). L’attacco non è propriamente una macchina da gol ma le reti di Canzi, Goffi e Vivarelli tengono i ragazzi di Gigi sempre gomito a gomito con il Como. Fino allo spareggio di Bergamo del 4 Giugno 1967, al piattone di Maggioni ed alla apoteosi biancorossa. Che, ahinoi, sono sempre meno a poterla raccontare …
Radice – ovviamente confermato – guiderà il Monza in assoluta tranquillità nella successiva stagione cadetta per 25 giornate. Fulmineo eppure non del tutto inatteso – per incrinatura dei rapporti personali non certo per problemi di classifica – il suo esonero dopo il pareggio di Perugia. Un anno e mezzo sabbatico (il tecnico accettò la panchina del Treviso) ed ecco il primo ritorno.

1969-70, una delle annate biancorosse più belle in assoluto: 5° posto finale, la Serie A a lungo nel mirino, la miglior difesa della Serie B (super Castellini in porta), il Sada ribollente di entusiasmo, eccetera eccetera. Radice è ormai maturo per il grande salto.
Cesena, Fiorentina, Cagliari. Antipasti al leggendario scudetto del Toro edizione extralusso 1975-76. Il primo (ed unico) dopo Superga. Uno scudetto granata pieno, per la cronaca e per il nostro orgoglio, di biancorosso: Castellini, Cazzaniga, Claudio Sala, Patrizio Sala. Oltre, naturalmente, a Lui: Gigi Radice, l’artefice. Il deus ex machina.


E siccome certi amori non finiscono … fanno giri immensi e poi ritornano ecco la stagione 1996-97: devastato dalla guasconeria di Rumignani il Monza si sta buttando via. Quando il Montecarchi espugna il Brianteo Giambelli capisce che non può più rimandare e chiede aiuto ad un vecchio tecnico che – da parte sua – ritrova immediato entusiasmo a corroborare esperienza e conoscenza in un mix esplosivo. Saranno tre mesi fantastici, che chi scrive ha avuto la fortuna di vivere day by day. Capitan Saini e Tonino Asta sono i cardini, tecnici ed umani, di una meravigliosa primavera biancorossa sublimata dal 3-2 al Carpi nello spareggio di Ferrara. Negli occhi lucidi di Gigi Radice al termine tutta la gioia per aver completato un capolavoro. Nella frase “Il Monza è il mio Real Madrid” al microfono Mediaset di Alberto D’Aguanno la struggente, dolcissima sintesi di una carriera.
Il nuovo Amarcord si è aperto con l’unico allenatore capace di guidare il Monza in due promozioni a distanza di 30 anni e vuole essere, a nostro modo, un buon viatico per Stroppa. Dai, Giovannino … Potresti essere il primo biancorosso a centrare la promozione sia da giocatore (1988) che da tecnico … Sarebbe davvero romantico …

Fiorenzo Dosso