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Mercoledì sera, dal nulla, un whatsapp del direttore: "Se vuoi, puoi venire a vedere Monza-Pisa domani sera". Sbianco: il panico più totale. Sembrerà assurdo: in quanti avrebbero voluto ricevere quel messaggio? E io, invece di esplodere di gioia, vado nel panico? L'agenda non riportava turni di redazione, l'organizzazione della cosa mi avrebbe portato via il tempo di un altro messaggio, eppure ero nel panico. Monza-Pisa, unitamente alla lontananza giocoforza dal 'Brianteo' (scusate, dallo 'U-Power Stadium') di due anni e tre mesi, tira questi brutti scherzi. Rispondo: "Qui stanno cercando di convincermi ad accettare. 'Quando mai ti ricapita una cosa del genere?'. Vediamo se capitolo". Il direttore: "Puoi rispondermi anche domattina". La notte? Agitata (forse agitatissima), popolata di sogni incomprensibili, risvegli frequenti. Può il Monza, anzi no: Monza-Pisa, mandarmi così in paranoia? Sì, può. Eppure la mattina apro gli occhi e mi impongo: "Stasera tu vai a Monza-Pisa!". Accetto l'offerta del direttore e il gioco è fatto. Due anni e tre mesi dopo sono di nuovo lì. Non c'è più Monza-Arezzo, non c'è più la Serie C, non c'è più il Covid a stravolgere tutti i piani: c'è la finale per la Serie A, c'è Monza-Pisa!

Il pensiero corre al 2007 (un pensiero che, in realtà, era già corso parecchie volte a quel giorno). Quante cose sono cambiate (troppe, alcune lasciano ancora un vuoto dentro incolmabile), ma una no: l'ansia terribile di ciò che rappresenta una finale. Una finale...contro il Pisa. Quella volta ero in curva, stavolta sono lassù in tribuna (stampa) e so che conterrò le emozioni, almeno qualcosa l'ho imparata (non so, però, se è un bene o un male). Lo stadio è pieno, la coreografia è pazzesca, il selfie d'ordinanza - che dovrebbe portar fortuna - è fatto (ah, e comunque zio, ha portato fortuna! Tiè!), via con l'inno d'Italia e poi si comincia.

La testa pulsa incessantemente per la paura, ma le cose sembrano girare per il verso giusto e già al 9' esplode la gioia. Il Monza tiene bene ma non solo, gioca bene, dentro senti che diminuisce la tensione e aumenta la speranza, senti che il vento è cambiato, che "non può piovere per sempre", ti gasi, al 73' segna pure quel giocatore che l'altro giorno avevi indicato al buon Sorrentino come il tuo preferito, inizi a crederci, sai che è l'andata, sai che ci vorranno altri pericolosissimi 90', però sei sul 2-0 e il Monza sta dimostrando di valere come e più dell'avversario. Poi ti svegli nei minuti di recupero, quando Sampirisi concede 'quel' calcio d'angolo e Berra lo sfrutta come meglio non può. Torni sulla terra. I castelli per aria si infrangono. Sei fatta così: o tutto o niente. E il 2-1 all'improvviso ti sembra niente, tanto più che 'da Pisa' un collega ti ringrazia pure del regalo. Ti servono due ceffoni forti forti da chi, da collega, amico o anche da esterno, ti ricorda che hai vinto una finale per 2-1, non hai perso, la bilancia pende ancora dalla tua parte. 

Ma tu hai vissuto il 2007. E' dura farsi andar bene un 2-1 col ricordo del 2007. Eppure sai che, in fondo, può aver ragione chi dice che quel gol servirà per svegliare la squadra domenica. E allora proviamoci: proviamo a credere che non sempre è tutto scritto, non sempre vale il detto dei 'corsi e ricorsi storici' e che un nuovo capitolo può essere scritto. Parafrasando la canzone di Baldan Bembo che si sente allo stadio all'intervallo: "Dai Monza vola". E magari torno a volare con te…

Valeria Debbia