Quando il gioco si fa duro… Bianco inizia a vincere: Monza, fidati del tuo allenatore
Il Monza ha vissuto una fisiologica flessione, ma la storia di Paolo Bianco dice una cosa sola: quando tutti iniziano a dubitare, lui comincia a fare la differenza.
Due pareggi di fila. Il Frosinone che ti raggiunge in vetta. Il Sudtirol che ti blocca sull'1-1. E già partono i soliti: "Ecco, il Monza si è fermato", "Bianco ha finito la benzina", "La favola è finita". Ma chi conosce Paolo Bianco sa che è proprio adesso che tira fuori il meglio. Perché questo qui di momenti difficili ne ha visti tanti, e ogni volta ne è uscito più forte. Sempre.
Facciamo un ripasso veloce, giusto per rinfrescare la memoria a chi ha poca.
L'inizio a Siracusa
Prima panchina vera da capo allenatore. Serie C, Siracusa. La squadra chiude dodicesima, ma sul campo sarebbe stata settima. Come mai? Dieci punti di penalizzazione. Dieci. Per problemi societari, vicissitudini extracampo che avrebbero distrutto chiunque.
Ma Bianco no. Lui è rimasto lì, unico vero punto di riferimento per squadra e tifosi. Ha costruito un calcio dignitoso, propositivo, che regalava soddisfazioni vere. Come quella volta che fermò il Lecce — sì, quello che poi vinse il girone — sull'1-1 al Via del Mare. Con una squadra decimata dalle penalità, senza soldi, senza certezze. Solo palle e idee chiare.
Stagione travagliata? Dire poco è un eufemismo. Ma per chi c'era, quella fu l'annata in cui Siracusa ritrovò un faro. E quel faro si chiamava Paolo Bianco.
Sicula Leonzio 2017-2018: il coraggio di dire basta al momento giusto
L'anno dopo, sempre Serie C. Sicula Leonzio, prima volta in categoria dopo più di mezzo secolo. Squadra piccola, organico senza stelle, rosa non rinforzata. Il calcio c'è, Bianco lo fa vedere. Ma i limiti pure.
A novembre inoltrato, dopo la sconfitta col Rende, le cose si complicano. La squadra fa fatica, i risultati non arrivano. Poi arriva il ko con la Reggina e Bianco capisce: meglio farsi da parte. Si dimette. Un gesto più unico che raro in Italia. Lascia la squadra con 18 punti in cascina — punti che a fine anno si riveleranno fondamentali per raggiungere la salvezza.
Molti l'avrebbero vissuta come un fallimento. Lui no. Ha fatto la cosa giusta al momento giusto. Ha capito che restare avrebbe solo peggiorato le cose. E quanti allenatori hanno questa lucidità? Praticamente nessuno.
L'apprendistato coi grandi
Dopo la Sicula Leonzio, Bianco fa una scelta intelligentissima: imparare dai migliori. Va con Roberto De Zerbi al Sassuolo e poi allo Shakhtar Donetsk. Poi diventa assistente di Massimiliano Allegri alla Juventus per una stagione. Non una squadra qualsiasi: la Juventus. Uno dei club più prestigiosi al mondo.
Lì assorbe, studia, accumula esperienza. Capisce cosa vuol dire gestire pressioni enormi, rosa stellari, aspettative altissime. E quando torna in panchina come primo allenatore, non è più lo stesso. È uno che ha visto il calcio vero, quello che conta.
Il momento più difficile
Riparte dal Modena, Serie B. Dopo un ottimo girone d'andata arriva la flessione. La squadra perde smalto, i risultati calano, la classifica preoccupa. Tra la 23ª e la 32ª giornata — dieci partite, il momento più critico della stagione — molti avrebbero perso la testa.
Bianco invece contiene i danni. Otto punti raccolti nel periodo più nero, con una squadra in difficoltà. Riesce a limitare le sconfitte, porta a casa pareggi preziosi, sfiora addirittura la zona playoff. Non è il risultato che sognava, ma è la dimostrazione di uno che sa gestire le crisi senza farsi travolgere.
Dal coma alla resurrezione
E poi arriva il Frosinone. Squadra ancora traumatizzata dalla retrocessione dell'anno prima, che si ritrova a lottare per non retrocedere ancora. La chiamata arriva a febbraio: salva questa squadra. E lui che fa? La trasforma.
Subentra a Leandro Greco e in 12 giornate fa 20 punti. Venti. Un ruolino da promozione diretta. Nessuna flessione, solo una cavalcata pazzesca che porta il Frosinone fuori dai guai, evita pure i playout, e riporta serenità in una piazza disperata. Da squadra in coma irreversibile a squadra che detta il passo. In tre mesi.
La sfida in Brianza
E arriviamo a oggi. Il Monza è primo in Serie B. Bianco all'inizio ha zittito tutti i critici con un filotto di vittorie che sembrava non finire mai. Poi sono arrivati questi due pareggi, il Frosinone che ti raggiunge, il Sudtirol che ti ferma. E già ricomincia il disco: "Ecco la flessione", "Ecco la crisi".

Ma chi conosce Bianco sa benissimo come va a finire. Ha già affrontato penalizzazioni assurde, squadre allo sbando, momenti neri che avrebbero affondato chiunque. E ogni volta ne è uscito. Ogni. Singola. Volta.
Adesso il Monza è in un momento di difficoltà, certo. Ma questo è esattamente il tipo di situazione in cui Bianco eccelle. È pronto a prendere per mano la squadra e portarla fuori da questo periodo senza vittorie. L'obiettivo è chiaro: Serie A dalla porta principale. E se c'è uno che può farlo, è proprio lui.
Perché Paolo Bianco non è uno che promette miracoli. È uno che li fa. Silenziosamente, senza proclami, senza cercare riflettori. Lavoro, testa, risultati. Sempre nello stesso ordine. E sempre nello stesso modo: uscendone più forte.



