Le ultime parole di Papa Francesco affidate al brianzolo Diego Ravelli
Un figlio di Lazzate tra le colonne della storia vaticana: monsignor Ravelli ha letto il messaggio pasquale che passerà alla storia come l’ultimo pronunciato da Papa Francesco

Monsignor Diego Ravelli è cresciuto tra le vie di Lazzate, dove ancora oggi torna spesso, per ritrovare amici e famigliari e per partecipare con semplicità agli incontri pubblici. In paese, lo ricordano tutti con affetto come “don Diego”, senza formalismi, nonostante gli altissimi incarichi che negli anni gli sono stati affidati.
Ordinato sacerdote nel 1991 a Como, ha iniziato il suo percorso in Vaticano già nel 1998 come officiale dell’Elemosineria Apostolica. Nel 2006 diventa cerimoniere pontificio e nel 2013 Papa Francesco lo nomina capo dell’Elemosineria, l’organismo che traduce in atti concreti la carità del Papa verso i poveri. Nel 2021, il salto definitivo: viene chiamato dallo stesso pontefice a guidare le celebrazioni liturgiche pontificie e la Cappella musicale Sistina. Due anni più tardi, è elevato al rango di arcivescovo titolare di Recanati e delegato pontificio per la Basilica di Sant’Antonio a Padova.
Una Pasqua storica, un passaggio simbolico

Il momento che ha commosso il mondo è arrivato al termine della Messa di Pasqua. Un Papa visibilmente provato, ma determinato a salutare i fedeli un’ultima volta. “Cari fratelli e sorelle, buona Pasqua”, le sue parole, pronunciate con voce flebile dalla loggia del Palazzo Apostolico. Poi la richiesta: “Chiedo al Maestro delle cerimonie di leggere il messaggio”.
Così, tra un silenzio carico di rispetto, è salito sul palco della storia monsignor Ravelli. Il suo volto composto, lo sguardo fermo e al tempo stesso carico di emozione. Le sue parole hanno attraversato la piazza gremita e il cuore del mondo:
“L’amore ha vinto l’odio. La luce ha vinto le tenebre. La verità ha vinto la menzogna. Il perdono ha vinto la vendetta. Il male non è scomparso dalla nostra storia, rimarrà fino alla fine, ma non ha più il dominio, non ha più potere su chi accoglie la grazia di questo giorno”.
Un messaggio di speranza, che riecheggerà nella storia come l’ultimo dono spirituale di Papa Francesco, affidato a una voce di Lazzate.
L'affetto della Brianza per il suo arcivescovo
A Lazzate, la notizia ha toccato le corde più profonde della comunità. Le immagini di Ravelli in San Pietro, il suo tono fermo ma delicato, hanno fatto il giro del mondo. E nella cittadina brianzola, dove ogni traguardo del loro concittadino è sempre stato seguito con orgoglio, l’emozione è diventata quasi tangibile.
“È uno di noi”, dicono in paese. E non è solo una frase fatta. Perché don Diego, tra un incarico e l’altro, tra una celebrazione papale e una visita ufficiale, torna sempre lì dove tutto è cominciato. Tra la gente che lo ha visto crescere e che ora, con affetto sincero, lo guarda come testimone diretto della storia.
Un’eredità spirituale che parte dalla Brianza
Con le sue parole, con il suo stile sobrio e il suo forte senso del dovere, Diego Ravelli si è confermato non solo custode della liturgia, ma anche interprete profondo dello spirito del suo tempo. E mentre il mondo si interroga su cosa sarà della Chiesa dopo Papa Francesco, a Lazzate sanno di avere tra i propri figli uno di quegli uomini che sanno ascoltare, servire e, quando necessario, parlare al posto di chi non ha più voce.
E se è vero che il futuro della Chiesa si costruisce anche nei piccoli gesti, allora quel semplice “Buona Pasqua” sussurrato dal Papa e portato al mondo da un lazzatese, sarà ricordato come un passaggio di testimone non solo liturgico, ma profondamente umano.