Biotestamento ignorato, Cappato accusa: “Così si viola la legge”
Marco Cappato denuncia: in Lombardia legge sul biotestamento ignorata, poche Dat e zero informazione ai cittadini.

Durante un incontro a Brescia, Marco Cappato dell’Associazione Luca Coscioni ha denunciato come in Lombardia la legge sul biotestamento sia di fatto ignorata dalle istituzioni.
Nel mirino ci sono le Dat (Disposizioni anticipate di trattamento), che permettono di esprimere in anticipo le proprie volontà su trattamenti sanitari nel caso in cui non si sia più in grado di dare il consenso.
“È come violare la legge”, ha detto Cappato, sottolineando come ad oggi siano meno di 50mila le Dat depositate in tutta Italia: appena l’1% di chi potrebbe farlo.
“Le Dat non servono per far morire, ma per scegliere – ha aggiunto – e invece vengono ignorate”.
Legge ferma al 2017 e senza fondi per informare
Il problema, spiegano gli attivisti, nasce dal fatto che la legge del 2017 che ha introdotto le Dat prevedeva l’invarianza finanziaria: nessun fondo per informare i cittadini.
Una scelta che ha lasciato campo libero a confusione e fraintendimenti, con frequenti sovrapposizioni tra biotestamento, eutanasia e suicidio assistito.
“Così si logorano famiglie e si arriva fino in Tribunale, con costi emotivi e legali altissimi”, ha spiegato Marzio Remus, referente locale dell’Associazione Luca Coscioni.
La figura del fiduciario e le nuove aperture
Le Dat, ricordano gli esperti, non sono immutabili: possono essere aggiornate nel tempo.
Fondamentale è la figura del fiduciario, non obbligatoria ma consigliata, anche più di uno, da informare della sottoscrizione.
Da luglio, grazie a una mozione del consigliere Luca Paladini, in Lombardia è possibile depositare il proprio testamento biologico anche nelle strutture sanitarie, oltre che nei Comuni.

“Non ho trovato ostilità tra i colleghi di centrodestra”, ha spiegato Paladini, pur distinguendo il tema dal più acceso dibattito sul suicidio assistito.
Suicidio assistito: diritto riconosciuto ma non applicato
Proprio il suicidio assistito resta un terreno controverso.
La sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale lo riconosce come un diritto se ci sono tutte le condizioni, ma la sua applicazione è ostacolata dall’assenza di procedure uniformi.
Chi ne fa richiesta spesso deve affrontare lunghi iter burocratici, con tempi incompatibili con la gravità delle situazioni cliniche.
Per Cappato, serve “coraggio politico per trasformare un diritto teorico in una possibilità concreta”.