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Sono davvero tanti gli spunti di riflessione che mi arrivano da un Monza-Juventus che non passerà certo agli annali del calcio per la qualità (bassa) del gioco mostrato dalle due squadre.  

Anzitutto, non riesco ad accettare la tesi di chi sostiene che sia stato solo il destino a far ricacciare in gola, per ben due volte nel giro di una manciata di secondi, le urla di gioia biancorosse dopo la doppia prodezza di Di Gregorio sul rigore fallito da Vlahovic e dopo il momentaneo pareggio agguantato nel recupero da Valentin Carboni. Il destino può essere cinico e baro, come sosteneva qualcuno, ma proprio dagli scampati pericoli si devono trovare gli stimoli mentali giusti, in cui l’attenzione e la concentrazione hanno un posto preminente.

 La Juventus, che ha confermato di essere squadra che pratica un calcio al limite dell’inguardabile, in cui la sostanza non concede nulla all’estetica, ha vinto la gara proprio dove il Monza l’ha persa. Sarà per l’esperienza, per il carattere o per il blasone, ma dai due episodi negativi la formazione bianconera ha tratto immediatamente l’energia mentale più che fisica per ribaltare l’inerzia del match ed indirizzare il risultato. Spiace vedere che la squadra di Palladino abbia avuto un possesso palla quasi doppio di quello juventino. Ma se, nonostante questo, nell’arco di 95 minuti riesci a tirare una sola volta nello specchio della porta avversaria (il gol di Carboni), non puoi che batterti il mea culpa e farti un esame di coscienza che non ti dà molto scampo.

 Contro la squadra di Allegri, il Monza  ha mostrato un grado di elevato narcisismo (come ha scritto sulle pagine della Gazzetta un sempre attento Sebastiano Vernazza) favorito anche dalla scelta iniziale di Palladino di non avere nello schieramento iniziale un attaccante di ruolo. Il mister biancorosso ha ammesso implicitamente l’errore, inserendo dall’intervallo Mota e Colombo, due punte per un difensore ed un centrocampista. E schierando la difesa a quattro.  Il modulo 4-2-3-1 è quello che nelle ultime gare consente di vedere una squadra più equilibrata, in grado spesso ma non sempre di recuperare il risultato dopo un primo tempo che capita di frequente essere piuttosto deludente. Un osservatore attento e scrupoloso come è Raffaele Palladino deve averne preso buona nota.

Nulla di grave, contro quella che oggi è la momentanea capolista si può anche perdere. Peccato averlo fatto così, con l’amaro in bocca per non aver retto quella manciata di minuti dopo il gol di Valentin Carboni. Avanti con fiducia, ci aspetta un’ultima parte del girone d’andata che è impegnativa. Ma ci sono gare che sono alla portata dei biancorossi. Paolo Corbetta