Italia, bene il 2-0 in Moldavia ma restano 5 dubbi enormi: ecco quali sono
L’Italia torna da Chișinău con un 2-0 prezioso e necessario. I tre punti servivano, soprattutto in una fase della qualificazione in cui non puoi permetterti inciampi.
L’Italia torna da Chișinău con un 2-0 prezioso e necessario. I tre punti servivano, soprattutto in una fase della qualificazione in cui non puoi permetterti inciampi. Gattuso può respirare, la classifica si rimette in carreggiata e l’ambiente si calma almeno per una notte. Ma il risultato non deve ingannare: la prestazione lascia aperti più interrogativi di quanti ne chiuda. La squadra ha mostrato personalità nella gestione del vantaggio, ma ha anche evidenziato limiti che, contro avversari più attrezzati, rischiano di costare caro.
1. Mancini: segna, lotta, ma zoppica e preoccupa
Il simbolo della serata è Gianluca Mancini. Gol pesante, prestazione solida, leadership evidente. Ma al settimo minuto la mano alla coscia e quella zoppia improvvisa hanno fatto gelare il sangue a chiunque. È rimasto in campo stringendo i denti, da vero centrale di personalità, ma il messaggio non cambia: un problema muscolare, in questo momento della stagione, può trasformarsi rapidamente in un caso. Roma e Nazionale non possono permettersi un altro stop pesante, soprattutto in difesa, dove gli uomini contati sono già un tema. È il dubbio più grosso che l’Italia si porta dietro dalla Moldavia.
2. Un attacco che crea poco e fa fatica a sfondare
Il 2-0 racconta un’Italia concreta, ma chi ha visto la partita sa che la produzione offensiva è stata minima. La manovra è apparsa lenta, prevedibile, con pochi inserimenti e con una ricerca ossessiva dei cross. La Moldavia ha difeso bassa come previsto, ma gli azzurri hanno fatto pochissimo per aprire una difesa compatta. Poche verticalizzazioni, pochi movimenti senza palla, zero giocate tra le linee. La sensazione è che serva più qualità negli ultimi metri e soprattutto più coraggio nel rischiare la giocata. Contro avversari modesti te la cavi comunque, ma la qualificazione non la vinci con il minimo indispensabile.
3. Il rebus centravanti resta irrisolto

Cambia la partita, cambiano gli interpreti, ma non cambia il problema: l’Italia non ha ancora un centravanti titolare vero. Ogni gara sembra un test, un provino permanente. Nessuno prende il ruolo in mano, nessuno trasmette la certezza di essere il punto di riferimento stabile. Gattuso alterna, osserva, spera che qualcuno esploda, ma il tempo non è infinito. Un Mondiale non lo prepari con l’incertezza su chi debba guidare l’attacco. È un nodo strategico che va sciolto presto, perché senza un nove credibile rischi di affidarti al caso.
4. Il solito problema del ritmo: bene a tratti, poi calo evidente
Un altro tema che torna ciclicamente è la discontinuità nell’intensità. L’Italia parte forte, controlla, poi improvvisamente rallenta, concede campo, perde metri e idee. La Moldavia non ne ha approfittato, ma è un difetto già visto contro squadre più competitive. Gattuso chiede ritmo, pressione e coraggio, ma la squadra non riesce a mantenere lo stesso livello per novanta minuti. È un problema fisico, mentale o tattico? Probabilmente un mix. Ma è un limite che, in trasferta, può diventare letale.
5. Panchina poco incisiva: entra chi mantiene, non chi cambia
Le partite delle qualificazioni spesso si decidono nella mezz’ora finale. E qui l’Italia continua a non convincere. I cambi non incidono, non spostano l’inerzia, non aggiungono imprevedibilità. Subentra chi deve completare il compitino, non chi rompe il copione della gara. È una questione di personalità, ma anche di scelte tecniche: servono alternative che possano alzare il livello quando la partita si sporca.
Risultato buono, certezze poche
Tre punti importanti, sì. Ma l’Italia esce dalla Moldavia con più ombre che luci: un Mancini da valutare, un attacco povero di idee, un centravanti ancora da trovare, un ritmo discontinuo e una panchina poco determinante. La qualificazione passa da queste risposte. E serviranno presto.



