Monza, Palladino: 'Allenare la Prima è un sogno, Berlusconi e Galliani hanno avuto coraggio con me. Soddisfatto della gestione dei ragazzi'

L'allenatore del Monza Raffaele Palladino ha rilasciato un'intervista esclusiva alla Gazzetta dello Sport, ripercorrendo gli ultimi mesi in cui è divenuto trainer della Prima Squadra brianzola. Le parole del mister partenopeo: Dicembre 2021 allenatore della Primavera del Monza, dicembre 2022 allenatore della prima squadra in Serie A... "Anche un anno fa ero qui al centro sportivo per preparare la partita di campionato contro il Venezia. Sono cambiate le responsabilità, è un sogno. Si tratta di una crescita quotidiana. Cerco di portare questi insegnamenti anche al di fuori di qui". In che senso? "Mi sembra che si sia rotta la barriera di diffidenza verso allenatori giovani. Silvio Berlusconi e Adriano Galliani hanno avuto coraggio con me e io lavoro per il bene del club". L'esperienza come si forma? "Sbagliando, cioè allenando. In Italia bisognerebbe avere più coraggio, in ogni ambito". Lei sbaglia? "Certo. Mi metto in discussione come persona e allenatore ogni giorno. Cerco il confronto con il mio staff, non voglio avere intorno persone che mi dicano sempre “sì, hai ragione”. Ho bisogno di persone che mi facciano riflettere. Anche da calciatore ero così: non cercavo scuse esterne". Cosa le trasmette il lavoro? "Mi ha fatto perdere la testa, mi piace di più allenare di quanto mi piacesse giocare. Fa un po' invecchiare, ho qualche capello bianco (ride,ndr ), ma niente mi pesa. Ho iniziato a informarmi sulle proposte tecniche dei miei allenatori con Juric. Mi ha aperto un mondo, mi sono ascoltato". E quando è stato convocato da Berlusconi e Galliani per guidare la prima squadra? "Non scorderò mai la telefonata che feci a casa, a mamma Rosa e papà Guglielmo. Mamma era spaventata, mi viene da sorridere a ripensarci. Mi disse “Ma sei sicuro? È difficile!”. Erano spaventati, poi hanno pianto di gioia dopo la vittoria contro la Juventus". Le sue origini? "Arrivo da Mugnano di Napoli e sono l’ultimo di quattro fratelli. Milena è la prima, una seconda mamma per me, poi Michele e Biagio, io il più piccolo. Siamo cresciuti in un unico palazzo costruito da mio padre. Pensava che la sua famiglia dovesse stare il più unita possibile. Ora che ci sono anche 8 nipoti, quel palazzo è abitato tutto da noi... Mia madre voleva tenermi vicino e per questo mi fece fare ballo, come i miei genitori. Con mia cugina mi cimentavo in balli da sala, mi piaceva, partecipavo alle gare, ma il calcio... era il calcio". Che calciatore era umanamente? "Un buono, un generoso". E che allenatore è? "Mi piace unire lo staff con la squadra. Mi piace un rapporto sincero e umano pur con il rispetto dei ruoli". Si può essere amici degli allenatori? "Faccio un esempio. Quando andai a Crotone, con Juric in panchina, ero molto amico di Ivan. Ero in difficoltà. Serviva un po' di distacco, pur restando amici". E cosa ne pensa da tecnico? "Conosco bene alcuni dei miei, siamo stati compagni, siamo amici. Amici, con distacco. Scelgo per il bene della squadra". Dove finisce l'essere gasperiniano e dove inizia l'essere palladiniano? "I principi di gioco sono molto simili a quelli di Gasp. Ma ho avuto anche Lippi, Deschamps, Ranieri. Ho preso un po' da tutti e ho studiato io. La cosa più sbagliata è fare copia&incolla". L'a.d. Galliani ha detto che da gennaio partirà un’altra Serie A... "Ha ragione, parole fondamentali. Alla fine non abbiamo fatto niente, gennaio sarà tosto. Pensiamo alla salvezza prima di tutto, dobbiamo alzare il livello". Di cosa è soddisfatto? "Della gestione del gruppo, merito dei ragazzi. Siamo solidi". Cosa si ricorda della sera dell'aggressione a Pablo Marí? "La preoccupazione di non sapere. Ho avuto paura. Quando l'ho visto, tremava. Ma mi ha detto: 'Torno presto mister'". foto Brioschi