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Solo due giocatori, due difensori, hanno attraversato per intero il quadriennio d’oro biancorosso ‘76-’80 agli ordini di Alfredo Magni: Giuliano Vincenzi e Giuseppe Pallavicini. Al mitico ‘Vincenzone’ abbiamo dedicato un Amarcord qualche mese fa, ora è tempo di degnamente celebrare le 130 presenze nel Monza del cuore granata di Beppe. E chi mi conosce sa quanta fonte di ispirazione sia per i miei racconti la comune militanza in quelle due maglie così belle, così uniche, così piene di storia.

Ero un ragazzino quando – estate 1976 – papà mi disse che il nostro Monza, neopromosso in B, aveva preso un giovane molto promettente proveniente dal Toro di Gigi Radice, fresco campione d’Italia 27 anni dopo la tragedia di Superga. Consultando gli archivi per preparare questo pezzo mi sono imbattuto in una grossa sorpresa perché ho scoperto che nelle due presenze da titolare (lo 0-0 di Cagliari ed il 3-1 casalingo all’Ascoli) in quella magica stagione granata Beppe indossò nientemeno che la maglia numero 10 dell’assente Zaccarelli. Ca va sans dire. Alla corte di Magni i 187 centimetri (e gli 80 chili del peso forma) di Pallavicini verranno invece sfruttati come quello che nel calcio moderno si definisce ‘centrale difensivo’ alias stopper o – all’occorrenza – libero. Nel Monza che il 26 settembre 1976 torna tra i cadetti demolendo al Sada il Novara con i gol di Buriani e Braida ci sono dieci undicesimi dei ragazzi che avevano dominato a suon di record la Serie C: l’unico volto nuovo è proprio Beppe schierato con il numero 5. L’inserimento nel gruppo è facile sia dal punto di vista tecnico che da quello umano per un giovane serio, sveglio, duttile. A conferma della modernità di quel Monza, Magni aveva a disposizione un pacchetto di quattro difensori centrali: due liberi (Fontana e Fasoli) e due stopper (Michelazzi e Pallavicini). Tanta, tanta roba. Nonostante l’amarissimo, atroce, beffardo finale a Modena la stagione – per il Monza e per Beppe – è decisamente positiva. Quella seguente avrà lo stesso, bastardissimo, epilogo (stavolta a Pistoia) mentre ‘Palla’ sparisce a lungo dai radar e raccoglie solo 8 presenze. E’ nelle difficoltà che vengono fuori gli uomini veri, quando bisogna parlare poco, lavorare tanto ed avere la pazienza di aspettare serenamente tempi migliori.

Il ’77-’78 di Beppe non è quindi un anno perso ma una fondamentale tappa di maturazione. Umana e professionale. Maturazione che darà i suoi copiosi frutti nel memorabile campionato successivo. Le caratteristiche peculiari di ‘Palla’ – la fisicità, l’atletismo, la pulizia tecnica, il gioco d’anticipo – si affinano e migliorano con l’esperienza che è fondamentale in particolare nella lettura delle situazioni e nella gestione tattica. Soprattutto: le caratteristiche di Beppe andranno ad integrarsi alla perfezione con quelle dell’altro centrale, il libero Francesco Stanzione.

nella foto Caprotti: il gol di testa in tuffo di Beppe a Marassi contro la Samp

La difesa del Monza ’78-’79 è di gran lunga la migliore (solo 20 gol subiti in 38 gare) dell’intera Serie B. Ma nel fottutissimo spareggio di Bologna la squalifica del fondamentale Volpati e l’infortunio di Stanzione ad inizio ripresa rovinano tutto. I biancorossi si leccano le ennesime ferite e ripartono. Magni considera ormai ‘Palla’ pilastro imprescindibile della difesa e Beppe ripaga la fiducia del mister con il suo miglior campionato. Nel segno della continuità (36 presenze), della qualità, della affidabilità. E – particolare mica da poco – in quel ’79-’80 il lungo stopper firma i suoi primi gol. Due al Pisa nella notturna di Coppa Italia in un Sada bersagliato dal classico temporale estivo e due in campionato. Curiosamente entrambi alla Sampdoria ed entrambi a Garella. Particolarmente spettacolare quello (documentato nella foto Caprotti) di Marassi con un colpo di testa in tuffo su calcio di punizione battuto da Gorin che al minuto 87 regalò il pareggio all'arrembante Monza. Curiosità: la punizione era stato assegnata ai biancorossi sugli sviluppi di una azione nata da una lunga, stravagante, coraggiosa discesa di … Marconcini, alias Mazinga all’attacco del fortino blucerchiato. Gli anni ’80 si aprono con la quarta beffa consecutiva: la Serie A è maledettissimamente stregata. Il ciclo d’oro si chiude, Magni va a Brescia, in panca arriva Carpanesi, poi Giorgis, poi Fontana. ‘Palla’ resta e per lunghi tratti è uno dei pochi riferimenti importanti ma quello ’80-’81 è un campionato pieno di amarezze: si torna mestamente in C. Beppe dal canto suo resta meritatamente in cadetteria altre quattro stagioni equamente divise tra Reggio Emilia e Vicenza.

Giuseppe Pallavicini è il recordman di presenze biancorosse (130) tra coloro che hanno militato nel Monza e nel Toro. Talmente numerosi ed alcuni talmente grandi che si potrebbe ipotizzare una super rosa all time. Portieri: Castellini, Cazzaniga, Terraneo e Gillet. Difensori: Pallavicini, Trebbi, Beruatto, Volpati, Zaffaroni. Centrocampisti: Claudio Sala, Patrizio Sala, Mondonico, Brambilla, Asta, Blangero, Tricarico, Gasbarroni, Masolini, Scaini. Attaccanti: Cantarutti, Artistico, Mattavelli, Traspedini. Chiedo scusa perché senz’altro avrò dimenticato qualcuno e naturalmente affido la squadra al migliore di tutti: Gigi Radice. Il leggendario scudetto del ’76 in granata e due fantastiche promozioni a trent’anni di distanza (1967 e 1997) in biancorosso i suoi capolavori ad unire per sempre nei cuori come il mio due maglie così belle, così uniche, così piene di storia.

Fiorenzo Dosso

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