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Vignato e Petagna escono dal campo
Vignato e Petagna escono dal campo

Al minuto sessantasette Salvatore Bocchetti, con cui Adriano Galliani ha voluto sostituire Nesta con una decisione di cui ne ha sempre rivendicato la paternità, decide di tentare di rimontare lo svantaggio di un gol inserendo Petagna e Vignato al posto di Maldini e Caprari. Vabbè, non aggiungo altro, non ce n’è bisogno. La dichiarazione di resa comincia ufficialmente in quel preciso momento. Con buona pace degli stessi Bocchetti e Galliani, che, naturalmente, non saranno d’accordo e non mancheranno di farmelo notare. Ma poco importa.

Ci sono voluti oltre cent’anni di storia biancorossa per arrivare in serie A. Mi è bastato quel cambio di Bocchetti per capire che la retrocessione è ormai un dato acquisito. Ci vorrebbe un miracolo per evitarla. Ma, senza voler essere accusato di blasfemia, ritengo che colui che trasformò l’acqua in vino alle nozze di Cana e camminò sulle acque del lago di Tiberiade placando il vento abbia temi più importanti a cui dedicare la propria attenzione. 

Quindi, mettiamoci il cuore in pace, prendiamo atto dello stato delle cose e non pensiamo più agli eventuali aiuti da un mercato che sta dando i colpi di grazia a quelle già ridotte chances di salvezza che la squadra biancorossa aveva fino a qualche settimana fa.

Monza, gli ultimi giorno un inno all'illogicità 

Gli ultimi giorni sono stati infatti un inno all’illogicità. Mi sembrava di essere tornato ai contenuti di quelle opere letterarie che rappresentano il teatro dell’assurdo, tema che mi ricorda gli studi liceali. Quelle opere in cui gli eventi narrati si succedono senza senso e senza logica. Un po’ come il mercato di gennaio del Monza, in cui si vende il miglior attaccante in rosa (Milan Djuric) prima di aver trovato il sostituto; o in cui si cede senza scrupolo quel Pablo Marì che è il difensore di maggior affidamento (nonché capitano per via della prolungata assenza di Pessina), a prescindere dalla qualità dei sostituti e dalle trattative inusuali e colorite per portare a casa qualcuno di loro. 

Occorreva fare cassa, questa la richiesta che arrivava dalle alte sfere societarie. Dove non c’è più un Silvio Berlusconi, che, oltre ad avere avuto una passione per il calcio e per il Monza di cui si era innamorato, aveva quell’intuito e quella competenza di cui oggi c’è assoluta mancanza in chi gli è succeduto.

Peccato che il miglior periodo della storia dell’AC Monza abbia questo epilogo. Non c’è solo la tristezza con cui si affronteranno le prove dei quattro mesi che mancano alla fine del campionato; c’è anche e soprattutto la preoccupazione per il destino che si prospetta per il mondo biancorosso negli anni a venire.   Paolo Corbetta