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Ormai da tempo il calcio professionistico ha perso il suo romanticismo e lo sta perdendo anche nei ragazzi, che a otto anni si atteggiano da top player. Un discorso difficile, un argomento delicato che da anni ha colpito questo sport, che non è più del popolo, ma per pochi. 

E’ cambiata la società, prima i ragazzi giocavano per strada o all’oratorio dove le porte erano aperte a tutti e gli osservatori passavano a vedere e quanti campioni sono usciti da questi ambienti. 

Io sono cresciuto nel quartiere di San Giuseppe dove l’oratorio fu progettato senza barriere, perché doveva essere un posto che accoglieva tutti a qualunque ora. Da dieci, quindici anni, sono stati messi dei cancelli perché ci sono stati furti, atti di vandalismo che purtroppo hanno costretto a malincuore parroco e popolazione del quartiere a tutelarsi, perdendo il principio base per il quale era stata progettata la chiesa e l’oratorio. 

Per poter giocare a calcio oggi, devi per forza iscriverti ad una società e se cominci ad avere mediamente due figli diventa dura per i costi che devi sostenere perché, oltre all’iscrizione, c’è il kit (che cambia ogni anno, quando ero giovane io lo restituivi che veniva usato dai ragazzi dell’anno successivo) che sia di FIGC o CSI. E con questo non voglio puntare il dito sulle società che fanno fatica e stare in piedi perchè hanno costi di gestione alti e hanno bisogno di aiuto da parte della federazione e degli sponsor. E questo vale in tutti i settori. Non ci si deve lamentare se la tribuna centrale del U-Power Stadium spesso è mezza vuota, la gente non può permettersi di sostenere per una partita certi costi o di fare più abbonamenti in famiglia, rinuncia. 

Come ho detto le strade e gli oratori sono vuoti oltre al fatto che i ragazzi sono molto più seguiti e curati di quanto lo fosse la mia generazione che, appena finita la scuola, si disperdeva in giro e la trovavi dovunque ed erano pochi i ragazzi che stavano tutto il giorno in casa. Oggi è il contrario anche perché le scuole finiscono nel pomeriggio e ai ragazzi dopo lo studio rimane poco tempo per uscire e allora se i genitori se lo possono permettere li iscrivono a qualche attività. 

In più ci sono gli smartphone e i computer che hanno notevolmente fermato la voglia dei ragazzi di uscire, perché oggi possono parlarsi via Teams, Skype. Amicizie spesso virtuali che non hanno assolutamente lo stesso valore del parlarsi vis-à-vis. Negli ultimi anni i ragazzi hanno perso una percentuale altissima di mobilità, poiché non corrono più, non si sfogano più perché è vietato. Basta vedere i cartelli con il divieto di giocare a pallone nelle piazze e nei luoghi pubblici, questo mi ha veramente scandalizzato, perchè oggi chi governa, più o meno, ha la mia età e penso si ricordi di quanto eravamo liberi di giocare e conoscere inventandoci giochi e avventure; poichè chi ci sgridava e ci buttava i secchi d’acqua in testa dal secondo piano non è mai mancato, ma dopo due minuti di silenzio di ricominciava più di prima. 

E che bello è sentire il vociare dei bambini allegri e spensierati. Sport e divertimento devono essere, per tutti, la parte principale della nostra vita, non un semplice hobby.

Oggi il bello del calcio lo vediamo nelle curve, nella passione con cui organizzano le coreografie, nel vedere famiglie intere che vanno allo stadio. La mia è una semplice considerazione che rispecchia quello che è oggi è il calcio italiano, povero di talenti per mille motivi, ma anziché lamentarci ed elencarli dovremmo trovare una soluzione, che secondo me potrebbe essere, tenendo conto del presente, quella di cercare di recuperare la spensieratezza, i valori positivi e la libertà con la quale siamo cresciuti e cercare di migliorare la società attuale, troppo esclusiva e poco del popolo.  Gabriele Passoni