Da Berlusconi a Kirk: quando i media colpiscono chi non si piega
Maddalena Loy spiega come i media abbiano usato la stessa strategia contro Berlusconi e Kirk: demolizione morale e clima d’odio.

A poche ore dalla morte di Kirk, opinionisti e giornali lo hanno subito etichettato come “suprematista”, “razzista” e “omofobo”. Nessuna verifica, solo slogan utili a costruire un nemico pubblico.
Eppure lo stesso Kirk, in diversi eventi, aveva respinto cori discriminatori invitando i suoi sostenitori al rispetto: “Queste cose non le voglio sentire”, aveva detto. Un dettaglio ignorato dalla narrazione dominante.
Odifreddi e la gerarchia dei morti
A rendere ancora più amaro il clima è arrivata la frase di Piergiorgio Odifreddi, che ha distinto tra “morti di serie A” e “morti di serie B”, sostenendo che Kirk non potesse essere paragonato a figure come Martin Luther King. Per Loy, è “una mancanza di pietas”: negare dignità alla vita di un giovane solo per le sue idee significa oltrepassare la soglia del confronto politico.
Il parallelo con Berlusconi

Per Loy, il caso di Kirk riecheggia quanto accaduto in Italia con Silvio Berlusconi. Per vent’anni, contro di lui, è stata condotta una campagna di delegittimazione sistematica: scandali amplificati, caricature, attacchi personali. Solo dopo la sua scomparsa, anche molti avversari hanno dovuto riconoscerne la statura politica e imprenditoriale.
La dinamica è simile: chi non si piega al pensiero unico diventa un bersaglio, prima mediatico e poi politico.
Un clima che divide e avvelena
Il vero rischio, sottolinea Loy, è che questa strategia alimenti un clima d’odio che giustifica persino la violenza fisica. La character assassination non è un gioco retorico: è un’arma che distrugge reputazioni e, come dimostra il caso Kirk, prepara il terreno a reazioni estreme.