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Ci sono date che rimangono incise nella storia di una città. Il 29 luglio è una di queste per Monza. Quel giorno, nel 1900, tre colpi di pistola esplosi da Gaetano Bresci misero fine alla vita di re Umberto I, proprio nel cuore della Brianza. A distanza di 125 anni, la memoria di quell’evento torna viva grazie a un docufilm storico che ricostruisce luoghi, emozioni e simboli legati a quel momento drammatico.

La pellicola, ideata dallo storico Ettore Radice, non si limita alla cronaca del regicidio, ma ripercorre anche la nascita della Cappella Espiatoria, costruita nel punto esatto dell’attentato. Un viaggio nella Monza regale di fine Ottocento, tra memoria collettiva e sensibilità cinematografica.


Un regicidio che cambiò la storia

Era il 29 luglio 1900 quando Gaetano Bresci, anarchico, colpì mortalmente il re d’Italia Umberto I, durante una manifestazione sportiva. In pochi istanti, Monza perse il suo ruolo centrale nella vita istituzionale del regno, diventando il teatro di una tragedia che scosse l’intera nazione.

A ricordare quei momenti, il docufilm si concentra sul punto di vista del generale Emilio Ponzio Vaglia, all’epoca Ministro della Real Casa, tornato a Monza dieci anni dopo per visitare, in silenzio e solitudine, la Cappella Espiatoria. Da quella visita nasce un flusso di ricordi che unisce fatti storici e memoria personale.

Il cortometraggio storico di Ettore Radice

Il progetto, diretto da Ettore Radice e prodotto da Pixcube.it, è frutto della collaborazione con Monza Regale, Casa della Poesia, Villa Reale, Parco Valle Lambro e il Parco Letterario Regina Margherita. A interpretare il generale Vaglia è Alessandro Castellucci, affiancato da Debora Migliavacca Bossi nel ruolo della regina Margherita e Claudio Brivio nei panni del re.

Il cortometraggio attraversa i luoghi simbolo del periodo: la Villa Reale, la Saletta Reale della stazione, l’ospedale voluto da Umberto, e naturalmente la Cappella Espiatoria, monumento al lutto nazionale progettato da Giuseppe Sacconi e completato da Guido Cirilli.

Memoria sabauda tra documenti e cimeli

Fondamentale per la realizzazione del film è stato il contributo di appassionati collezionisti, come Vincenzo Panza, che ha prestato uniformi d’epoca, tra cui quella del generale Vaglia, e Alberto Paleari, che ha messo a disposizione un rarissimo biglietto d’invito all’inaugurazione della Cappella Espiatoria.

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Tra i materiali utilizzati ci sono anche giornali originali, fotografie, oggetti personali della famiglia reale. Panza, che si definisce “custode del tempo”, ha costruito una delle raccolte più ricche dedicate alla dinastia dei Savoia, con oltre cinquanta divise, ritratti, un trono, diari e persino un’urna elettorale del referendum del 1946.

La Cappella Espiatoria come simbolo

Il docufilm non è solo un’opera di ricostruzione storica, ma un’occasione per riflettere sul rapporto tra Monza e la monarchia. Durante il regno di Umberto I, la città era frequentata da regnanti europei e rappresentava una sorta di “vice capitale”. Ma dopo l’attentato, tutto cambiò: la Villa Reale venne abbandonata, molti arredi rimossi, e la presenza sabauda cancellata.

Il nuovo re, Vittorio Emanuele III, arrivava a Monza solo di passaggio, con le tendine del treno abbassate. Proprio per questo, la Cappella Espiatoria nacque come gesto collettivo di espiazione, per tentare di chiudere una ferita ancora aperta. Oggi, a 125 anni di distanza, il ricordo di quel giorno riaffiora grazie a un racconto sobrio e coinvolgente.


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