#ExMonza - Mark Iuliano ricorda l'esperienza in Brianza: 'Annata complicata, finimmo in serie C, ma...'
L'ex giocatore del Monza Mark Iuliano si è raccontato in una lunga intervista senza peli sulla lingua sul canale del giornalista Nicolò Schira. Ecco le principali dichiarazioni rilasciate dall’ex difensore della Juventus e della Nazionale italiana. Tra le altre cose, Iuliano ha parlato proprio dell'esperienza in Brianza.
MONZA - “Era l’anno del militare, facevo avanti e indietro con Napoli. Un’annata complicata e terminata con la retrocessione. Dal punto di vista umano c’era un bel gruppo di giovani e mi sono trovato molto bene. È stata un’annata preziosa per fare gavetta”.
FINE CARRIERA - “Ho smesso in Promozione giocando a San Genesio con gli amici. Facevo la punta, quante botte mi tiravano gli avversari. Ho preferito smettere e iniziare ad allenare nei Giovanissimi del Pavia”.
BURGNICH - “Allenatore importante. Mi ha fatto esordire in B con la Salernitana a 18 anni. Facevo il terzino destro e il mister mi spostò centrale in marcatura. Giocavamo uomo e mi ha insegnato molto”.
DI BARTOLOMEI- “Personaggio e uomo straordinario. Non alzava mai la voce, bastava un suo sguardo per farti capire le cose. Tutta Salerno lo amava, fu una bella annata. Io avevo 17 anni e mi affacciavo in Prima Squadra. Mi ha dato tanti consigli”.
INIZI - “Mi sono avvicinato tardi al calcio, mi dilettavo facendo atletica. Piano piano ho iniziato a giocare e a 15 anni sono entrato negli Allievi della Salernitana”.
BOLOGNA - “Città bellissima e grande piazza, purtroppo finì male perché la società aveva grossi problemi economici e fallì a fine anno. C’era un monte ingaggi altissimo, giocavo con campioni come Bonini, Stringara e Turklymaz. Il mio primo anno da titolare”.
DELIO ROSSI - “Il mister è uno zemaniano puro: giocavamo con pressing e fuorigioco altissimo, a metà campo. Quella Salernitana aveva come marchio di fabbrica il bel gioco, facevamo un calcio spettacolare e arrivammo due volte quinti, a un passo dalla Serie A. Il primo anno facevo coppia centrale con Fresi, poi Totò andò all’Inter mentre io rimasi un’altra stagione”.
JUVENTUS- “Essere chiamato dai Campioni d’Europa in carica fu un sogno ad occhi aperti. Non potevo dire di no, visto che fin da bambino ero juventino fino al midollo. Ero tifosissimo e malato per i colori bianconeri. Il salto da Salerno a Torino non fu facile almeno inizialmente, trovai però un gruppo di grandi uomini e campioni che mi aiutò tantissimo a farmi sentire parte di loro. Giocare 10 anni nella mia squadra del cuore è stato qualcosa di eccezionale. Anni meravigliosi in cui sono riuscito a Vincere quasi tutto, peccato solo per la Champions League che mi è sfuggita tre volte in finale. Il primo anno fu leggendario: scudetto, Supercoppa europea e Intercontinentale”.
GOL SCUDETTO - “Si giocava di venerdì sera perché il mercoledì succesivo avevamo la finale di Champions contro il Borussia Dortmund. Una notte più che perfetta quella di Bergamo: segno il primo gol in Serie A e con la Juve: una rete storica visto che il pareggio contro l’Atalanta ci consegna lo scudetto. I miei amici non ci credevano che avessi segnato davvero. Peccato che i festeggiamenti durarono poco, perché c’era da preparare subito la gara contro il Dortmund. Alla Juve è sempre stato così: le vittorie duravano poco, c’era semre un’altra gara da vincere”.
GRUPPO - “Lo spogliatoio bianconero era pieno di campioni, eppure i vari Ferrara, Conte e Peruzzi non ti facevano pesare i loro successi. Anzi coccolavano e stimolavano noi giovani, ci facevano sentire parte di loro. Quasi come fossimo noi i Campioni d’Europa e non loro. Si faceva gara a chi faceva nuovi record ai macchinari in palestra: si lavorava tantissimo e puntavamo a migliorarci. Nel 1996 arrivammo io, Montero, Zidane, Falcioni, Bobo Vieri e Amoruso: tranne Zizou eravamo 5-6 scapoloni e stavamo sempre insieme, dentro e fuori dal campo. Eravamo una bella combriccola. Quante ne abbiamo combinate...”.
ZIDANE - “Palla su e ci pensa Zizou. Gli tiravamo certe polpette e lui con classe addomesticava il pallone in mezzo a tre, non la perdeva mai la palla. Impossibile portagliela via. Timido e di una umiltà incredibile: uomo e calciatore meraviglioso, eravamo Zidane dipendenti. Correva più di tutti e si allenava a mille, impossibile non essere suoi tifosi. Anche da allenatore sta facendo cose straordinarie. Era il nostro gioiellino, guai a toccarlo anche in allenamento. Eravamo tutti calcisticamente innamorati di lui”.
PADEL - “Mi piace giocarci nel tempo libero. Che sfide con Nick Amoruso e Bobo Vieri. Nicola è quasi un professionista: ha fatto tornei ufficiali anche in Spagna ed entrerà nel ranking, è davvero fortissimo anche con la racchetta. Quel cinghialone di Bobo ha un bel mancino...”.
LIPPI - “Raccontare Marcello Lippi non è semplice. Un uomo straordinario che è stato come un padre per noi, che eravamo tutti molto giovani e alle prime armi in una big. Aveva una visione del gioco incredibile: con un cambio ti ribaltava la partita, non ho mai visto un allenatore con una capacità di lettura della gara come la sua. Con Lippi se meriti giochi: sia che hai 18 o 38 anni per lui è uguale, non guarda la carta d’identità”.
FINALE DORTMUND- “Giocavamo contro una parte di storia della Juve, c’erano tantissimi ex. Arrivammo in grande condizione e reduci da un’annata straordinaria, mentre il Borussia aveva fatto fatica tutto l’anno. Eravamo nettamente favoriti e superiori. Rieddle era in scadenza di contratto: non lo aspettavano neppure a casa e quella sera fece doppietta, tanto che poi firmò grazie a quella partita un contratto di 5 anni con il Liverpool. Ci trovammo 2-0 sotto senza sapere perché. Entrò Del Piero e Alex riuscì a riaprirla con il gol di tacco, ma Ricken con un pallonetto ci gelò...”.
FINALE REAL - “Partita ruvida, poche occasioni ma tutte da parte nostra. Il Real arrivò in finale senza sapere come... Non c’era il Var e il gol di Mijatovic ci castigò. Fu incedibile. Il rammarico durò poco, perché alla Juve si volta subito pagina: pensammo subito alla stagione successiva”.
AVVERSARIO PIÙ FORTE - “Ronaldo, il Fenomeno era qualcosa di incredibile. Sopratutto l’anno all’Inter anche se l’ho marcato pure a Madrid quando era al Real. Ronie era impressionante e magnifico: quando lo vedevo in tv, tifavo per lui. Era fantastico vederlo giocare. Nel 97/98 era imprendibile...”.
RIGORE SU RONALDO - “Domani sono 22 anni da quel giorno. Non passa un giorno che qualcuno non me ne parli. I primi anni mi dava un po’ fastidio che ci si ricordasse di me solo per quell’episodio e non per 15 anni di carriera in Serie A incredibile in cui ho vinto tutto. Con Ronaldo ci siamo incontrati diverse volte e ci abbiamo scherzato tu. Capisco la rabbia degli interisti in quel momento a caldo, perché ci si stava giocando uno scudetto. Fuori dal campo invece l’abbiamo archiviata”.
5 MAGGIO - “Fu un campionato pazzesco, lo scudetto più inaspettato. L’Inter aveva fatto una grande stagione ed eravamo convinti che a Roma facessero festa. Invece loro non hanno vinto e noi ne abbiamo approfittato. Siamo stati bravi a non mollare quell’anno restando sempre attaccati a loro. Cuper l’anno di Maiorca ogni giorno me lo rinfacciava. L’Hombre Vertical era un grande allenatore e sopratutto un uomo vero, tutto di un pezzo. Abbiamo lavorato insieme in Spagna e ho potuto apprezzarne l’uomo oltre che il professionista. Glielo dicevo anche a lui: il 5 maggio è stata colpa vostra, se vincevate a Roma lo scudetto non l’avremmo vinto”.
DEL PIERO - “Ragazzo e campione straordinario. Prima del grave infortunio di Udine era immarcabile, il miglior calciatore al mondo. Vinceva le partite da solo”.
NEDVED - “Campione straordinario, un Pallone d’Oro. Dopo Juve-Real volevamo ucciderlo per quella ammonizione al novantaduesimo. Avremmo potuto vincerla con lui in campo a Manchester, peccato...”.
HENRY - “Era mio compagno di stanza, era velocissimo e fortissimo tatticamente. In quel momento giocavamo 3-5-2 con Ancelotti e quel sistema di gioco non era congeniale a lui. Lui era una seconda punta che amava partire esterno. Con noi fece fatica, era molto giù di morale perché giocava poco e così decise di andare via. Se sia lui che la Juve avessero avuto pazienza, avrebbe fatto la storia con noi e non a Londra. Quando lo sfidammo in Champions aveva il dente avvelenato: ad Higbury ci diede una passeggiata vincendo quella partita da solo”.
ANCELOTTI- “Persona immensa. Da noi era ancora giovane e aveva meno esperienza di Lippi, ma si vedeva che sarebbe diventato un fenomeno della panchina. Carlo sapeva darci tranquillità e farci rendere al meglio. Uscimmo in maniera rocambolesca in semifinale di Champions contro il Manchester United dopo che vincevamo 2-0 dopo 10 minuti. In campionato ci fu lo scudetto buttato via a Perugia: avevamo 9 punti di vantaggio sulla Lazio a 7 giornate dalla fine, ma arrivammo noi corti. Fu colpa nostra. L’anno dopo c’è stato il testa a testa con la Roma. Un dolore non vincere niente con Ancelotti, avrebbe meritato un successo”.
EURO 2000 - “Avventura meravigliosa. A 30 secondi dalla fine della finale eravamo Campioni d’Europa. Ancora oggi mi sembra incredibile quel gol di Wiltord. Se ci riprova altre 100 volte non segna mai all’ultimo secondo. Quel gol ci ha ammazzato, nei supplementari eravamo distrutti e poi ci ha pensato Trezeguet al golden gol. Eravamo moralmente e fisicamente cotti. Venivamo anche da 100 minuti in dieci contro l’Olanda: avevamo speso tantissimo fisicamente per superare i padroni di casa. Avevamo una difesa fortissima: c’erano Cannavaro, Nesta, Maldini. Giocare titolare tutto Euro 2000 insieme a loro fu fantastico. Ricordo un Toldo formidabile: parava anche l’aria Francesco quel giorno...”.
ZOFF - “Grandissimo allenatore, di una calma olimpica. Sempre tranquillo, sapeva scaricare le tensioni facendo da parafulmine per la squadra. Ci lasciava tranquilli e ci proteggeva caricando su di sè tutte le pressioni. Un uomo molto intelligente, capiva al volo i problemi e le esigenze di noi giocatori. Tatticamente ci lasciava molta libertà, basando la squadra sulla solidità della difesa. Ricordo poi dopo gli allenamenti quando si metteva a fare le gare di Formula1 ai videogiochi contro di noi. Numero uno”.
TREZEGUET- “Cannoniere letale, un grande amico. L’ho sentito settimana scorsa, sta facendo il corso da direttore sportivo a Madrid. Può fare bene anche da dirigente”.
DAVIDS - “Arrivò da noi dopo i problemi che aveva avuto al Milan. Spaccava le partite e divenne una star del calcio. Giocatore formidabile, oggi fa lo stilista e l’ambasciatore Juve per il mondo. Lo prendevamo in giro per come si vestiva, evidenentemente era avanti per il look. Era il nostro Lenny Kravitz con quell’occhialetto...”.
COREA - “Arbitraggio surreale, a tratti imbarazzante. Cascammo nella loro trappola: avremmo dovuto chiuderla prima. Nel supplementare entrò in scena Byron Moreno e sapete tutti come è andata. Peccato perché eravamo una della Nazionali più forti della storia. Tre giorni dopo anche alla Spagna hanno fatto una cosa simile. Mondiale strano...”.
CHIELLINI- “È cresciuto con noi della Vecchia Guardia. Temperamento, determinazione e cattiveria da grande difensore. Si vedeva già da subito che avrebbe fatto una grandissima carriera. Oggi è una bandiera della Juve”.
MONTERO - “Abbiamo vissuto in simbiosi per 10 anni. Uomo e giocatore fantastico, sempre a disposizione dei compagni. Avrebbe fatto qualunque cosa per aiutarti. Sono sicuro diventerà un grande allenatore. Un leader vero. In campo era una belva: ricordo ancora quando facevamo finta di litigare per spaventare gli attaccanti avversari che scappavano in zona bandierina quando urlavamo tra noi. Quante risate...”.
FERRARA - “Ciro adesso lo prendiamo in giro, ma abbiamo imparato tutti da lui. Un maestro in campo e nello spogliatoio per tutti noi”.
CONTE - “Ha idee di calcio pazzesche, mentalità vincente. Non voleva perdere neanche un allenamento. Una ferocia e determinazione incredibile. Riesce a tirare fuori il meglio da ogni calciatore a sua disposizione, non molla di un centimetro e riesce a trasmetterti il suo credo e le sue convinzioni. Ci è riuscito anche in Nazionale dove hai pochissimo tempo rispetto al club, questo la dice lunga sul valore di Conte. Tutto quello che ha vinto se l’è conquistato con il lavoro. Antonio era il nostro capitano e già in campo ci dava indicazioni. Lui e Zidane sono i migliori allenatori in circolazione, anche se diversi: Antonio più integralista tatticamente mentre Zizou meno legato agli schemi”.
LATINA - “Arrivai con la squadra ultima e riuscimmo a fare una grande rimonta, salvandoci senza passare dai playout. Fu una grande avventura. Ancora adesso ho nel cuore quella piazza, resto tifoso del Latina”.
UDINESE - “Igor Tudor aveva bisogno di un assistente e un amico che conoscesse bene il calcio italiano, visto che stava all’estero da un po’ di anni. Mi chiamò per dargli una mano e accettai subito, abbiamo fatto bene e ci siamo salvati. A Udine avevamo trovato una squadra demotivata e in difficoltà. Recuperammo De Paul che viveva un momento non facile e l’abbiamo rilanciato titolare. Rodrigo ha grandi qualità ed eravamo convinti potesse fare la differenza come sta accadendo tuttora. È pronto per una big”.
MAIORCA - “È diventata la mia seconda casa. Dopo 10 anni di Juve non mi vedevo in una altra squadra italiana e così volai nella Liga. Posto meraviglioso e società molto organizzata. Erano terz’ultimi ma la classifica non mi spaventava. Con Cuper centrammo una grande rimonta”.
CRISTIANO RONALDO- “Lo prenderei al volo per metterlo nella nostra Juve. Fuoriclasse assoluto di tecnica, tattica e disciplina. Giocatori come lui fanno solo crescere le squadre in cui giocano”.
IBRA- “Arrivò da noi che aveva 21 anni, ma era già quello di oggi. Un campione con una mentalità da grande campione. Sapeva di essere forte e si sentiva il migliore: ogni giorno faceva di tutto e si allenava a mille per dimostrarcelo. Era in un gruppo di campioni, ma voleva essere il numero uno. Quella era la sua forza”.
PLAYSTATION- “Solo due giocatori nella mia carriera erano devastanti e ingiocabili: Thierry Henry e Zlatan Ibrahimovic. Ci facevano sembrare dei dilettanti al loro confronto, nonostante noi giocassimo tutti i giorni. Con loro stavi sotto 4-0 già il primo tempo, qualcosa di incredibile. Dei fuoriclasse anche con il joystick. Probabilmente avevano dei tasti segreti, perché era inspiegabile come facessero...”.
CAPELLO - “Durante gli allenamenti stava muto per due ore senza dire una parola. Faceva parlare il suo vice Italo Galbiati. A Coverciano al corso da allenatori ho scoperto il perché: studiava ogni singolo movimento di noi calciatori, era il suo modo per tenerci tutta sulla corda”.
LUCIANO MOGGI - “Ultimamente mi sono divertito a imitarlo, stiamo scherzando troppo. Ma questo la dice lunga sul rapporto e l’unità che c’era in quel gruppo. Il direttore era un fenomeno, ha costruito sempre squadre fortissime. Ancora adesso siamo in contatto: le sue battute sono sempre micidiali...”.
PROGETTI FUTURI - “Appena ripartirà il calcio aspetto una chiamata, ho voglia di tornare in campo e in panchina. Serie B o Lega Pro? Valuterò, non ne faccio una questione di categoria ma di serietà e progetto”.
COMO - “Non lo voglio nemmeno ricordare quel mese. Ero molto contento di far parte di quell’avventura in una piazza importante. Peccato che poi neanche un mese e saltò tutto. Preferisco non parlarne. Trovare progetti seri nel calcio non è facile...”.
TOP 11 CARRIERA- “Scelgo il 4-2-3–1 come modulo. Buffon in porta, in difesa Thuram, Cannavaro, Montero e Maldini. In mezzo al campo Conte e Davids. Messi-Nedved-Cristiano a sostegno di Ronaldo il Fenomeno. Con una squadra così impossibile non vincere tutte le partite”.
CHICCO PISANI - “Un talento e un ragazzo straordinario. Purtroppo ci ha lasciati troppo presto, sarebbe diventato un grandissimo giocatore. Eravamo insieme a Monza: io, lui, Mignani e Della Morte eravamo legatissimi e ci eravamo fatti lo stesso tatuaggio. Lo porto sempre nel cuore”.--