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Secondo la leggenda della Legenda venerabilium virorum Aymonis et Vermondi, Aimo e Vermondo, conti di Turbigo, durante una battuta di caccia nei boschi attorno a Meda furono attaccati da un branco di cinghiali. Rifugiatisi su due lauri accanto a un capitello dedicato a san Vittore, fecero voto: se si fossero salvati, avrebbero fondato un monastero benedettino dedicato a san Vittore. I cinghiali sparirono, e i due adempirono il loro voto costruendo il monastero e ritirandosi in preghiera.

Studi storici attestano che il monastero esisteva già nell’856, guidato da una badessa, e disponeva di diritti feudali sull’intera Brianza.


Culto e venerazione: dalla tomba ai giorni nostri

I due fratelli santi furono sepolti nella chiesa di San Vittore, e la loro tomba divenne meta di pellegrinaggio per le grazie ottenute. Furono venerati fin dal tardo Cinquecento da figure eminenti come san Carlo Borromeo, e nel 1932, il cardinale Ildefonso Schuster promosse la ricognizione delle loro reliquie. Ogni anno, il 13 febbraio viene celebrata la loro festa liturgica.


Arte sacra e memoria visuale

meda

Diversi affreschi e manoscritti illustrano la storia dei santi Aimo e Vermondo. Nel ciclo murale della chiesa di San Vittore troviamo una rappresentazione vivida dei due fratelli arrampicati sui lauri, con i cinghiali sotto, in un racconto visivo potente che rimanda alla fondazione del monastero. Inoltre, manoscritti miniati realizzati alla fine del XIV secolo – conservati a Milano e al Getty Museum – narrano la loro vita e i miracoli.


Il monastero di san Vittore: centro spirituale e storico

La chiesa di San Vittore, costruita tra il 1520 e il 1525 e ampliata successivamente, presenta tracce tangibili del culto per i santi. Al suo interno, statue dei fondatori adornano la facciata; affreschi di Bernardino Luini e una pala d’altare del Cerano, realizzata durante la traslazione dei corpi nel 1626, arricchiscono l’ambiente con un valore artistico e spirituale notevole.


Una storia di fede che unisce mito, arte e comunità locale

Aimo e Vermondo, conti brianzoli, incarnano un legame indissolubile tra fede e architettura sacra: la loro storia attraversa secoli e resiste nelle pietre, nelle immagini e nel cuore di Meda. La leggenda si intreccia con eventi storici, opere d’arte e la devozione popolare, creando un patrimonio culturale che affascina ancora oggi.


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