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Nubi dense si affacciano sul calcio italiano e le conseguenze potrebbero essere difficili per molte società, in primis nella Serie C. Le prime avvisaglie che il calcio si sta sgonfiando giungono da diversi comunicati o dichiarazioni relative a situazioni economiche claudicanti, da compagini di Lega Pro.

A SportPiacenza ad esempio ha parlato Roberto Pighi (vice presidente del Piacenza) che ha presentato uno scenario piuttosto nebuloso per il sodalizio alto emiliano. Queste le sue parole:

«Lunedì iniziamo le consultazioni con i nostri giocatori ma senza un loro passo indietro il Piacenza non potrà iscriversi, lo dico subito».

«La verità da dire è che ci sono l’80% dei club che avranno delle difficoltà su questa stagione e sull’iscrizione alla prossima, il rischio che il pallone non rotoli più, anche a Piacenza, c’è. Questo va precisato perché si prospettano mesi tremendamente difficile per le aziende delle proprietà. Detto ciò conosciamo perfettamente il valore sociale ricoperto dal Piacenza Calcio sul territorio, noi non abbandoniamo la barca e faremo di tutto per iscriverci però serve un cambio di rotta da parte di tutti quanti, a partire dal territorio, passando per istituzioni e imprenditori. Sarà fondamentale il contributo di tutti per proseguire. Del Comune per la questione del bando dello stadio Garilli, della vicinanza dei tifosi e degli imprenditori nel sostenere il club. E’ il momento di pensare a un progetto sportivo calcistico che unisca le forze delle principali realtà del territorio. Nel passato ognuno pensava a se stesso, oggi dobbiamo fare squadra per non scomparire tutti. Ripeto che conosciamo perfettamente il valore del Piacenza Calcio sul territorio come veicolo di socialità, solidarietà e welfare. Inoltre abbiamo un settore giovanile che con 500 ragazzi e per le loro famiglie lo sport è un valore importante».

A "rincarare la dose" anche il pensiero del presidente dell'Imolese Lorenzo Spagnoli che ai microfoni del portale "Sabato Sera" ha manifestato tanta preoccupazione:

Non metto piede al Centro Tecnico Bacchilega da martedì 10 marzo. Anche se il momento che viviamo presenta altre priorità, è chiaro che non vivo bene manca l’emozione di andare tutti i giorni al Bacchilega a vedere la squadra e l’adrenalina delle partite. L'Imolese è una di quelle che rischia di non ripartire. E io sono disperato. Per questo voglio fermarmi. E non mi interessa se sarò costretto a fare la serie D o l’Eccellenza, piuttosto che la serie C. La mia priorità adesso è salvare il club. Per i nostri dipendenti e per il settore giovanile, ma anche per tutti gli investimenti che abbiamo fatto al Centro Bacchilega. Devo fare di tutto per non chiudere la società, che equivarrebbe alla fine del calcio a Imola. Ma il pericolo esiste. Però sarà minore se non giochiamo più, e se nel contempo si riformerà il nostro sistema. Poi si valuterà se, e come, andare avanti".

Non se la passano tranquillamente altre società, tra cui Arezzo e Catania. Questi i comunicati:

Qui sotto il comunicato che i calciatori della SS AREZZO SRL tramite l’Associazione Italiana Calciatori per rendere pubblica la loro situazione:

In tutto il mese di aprile, d’isolamento in Arezzo, sopportando un enorme sacrificio, lontani da famiglia e affetti, abbiamo eseguito con scrupolo il programma di lavoro individuale che la società ci ha inviato, presso le nostre abitazioni, rispettosi dei nostri obblighi e in modo da mantenere la condizione atletica e poter poi riprendere il campionato prima possibile: continueremo a farlo anche, sempre secondo i programmi che la società e il nostro staff tecnico ci ha già inviato, con la speranza di indossare la maglia amaranto nelle competizioni ufficiali.
Abbiamo oggi letto sui quotidiani che molte società stanno svolgendo gli allenamenti individuali all’interno di strutture private, a porte chiuse, sfruttando le possibilità delle normative recenti; per questo, riteniamo che, per tutelare la nostra efficienza sportiva al meglio, sia giunto il momento di tornare a lavorare nelle strutture sportive gestite dalla società, sempre nell’osservanza delle prescrizioni dovute all’emergenza attuale, e quindi ci mettiamo a disposizione per questo.
Infatti, ognuno di noi vorrebbe tornare quanto prima a calcare l’erba del Comunale, magari, e solo quando sarà consentito, tra l’entusiasmo dei nostri tifosi, mai venuto meno anche in momenti di difficoltà; ed è proprio nel rispetto della nostra passione che speriamo tutti uniti di vedere una luce in fondo al tunnel che possa rincuorarci e permetterci di tornare a rappresentare sui campi società e città.
Da calciatori professionisti, abbiamo il diritto di saper quale sarà il nostro futuro. La società non ci ha mai fatto mancare nulla, anzi in passato va indicata tra quelle modello che ha sempre rispettato i propri impegni.
È giunto però il momento che la stessa ci faccia sapere prima possibile quali saranno i programmi futuri, e come verranno gestiti i nostri contratti anche in termini economici.
Comprendiamo che questa inaspettata pandemia ha stravolto la vita del nostro Paese, e vogliamo anzi oggi ringraziare tutti quelli che, negli ospedali, nelle istituzioni e nelle forze dell’ordine e nei servizi essenziali, hanno combattuto sino ad oggi il terribile virus a loro rischio personale; se necessariamente sino ad ora siamo stati in panchina, pur allenandoci, facciamo notare che il calcio per noi tutti è un lavoro, e che solo grazie a questo riusciamo a mantenere le nostre famiglie ed a rispettare gli impegni presi, come per le altre categorie che stanno finalmente tornando ad operare da oggi.
L’augurio che intendiamo esprimere con questo comunicato è quello che insieme agli sportivi aretini possiamo riprendere il cammino interrotto per regalare a tutti ulteriori gioie e soddisfazioni”.

La situazione Catania, già non facile ad onor del vero prima dell'emergenza sanitaria, appare ben più critica:

"I calciatori professionisti attualmente tesserati per il Calcio Catania S.p.a., intendono rappresentare quanto segue. Anche prima che scoppiasse la grave pandemia che sta affliggendo il mondo intero e che venissero promulgate le misure di lockdown nazionali, in data 16 marzo, la Società ha
omesso di corrisponderci le retribuzioni dovute, in presenza della regolare prestazione lavorativa. In particolare, la Società ha omesso di pagare le retribuzioni di gennaio e febbraio agli scriventi, pur imponendo, anche per i successivi mesi di marzo e aprile, la nostra permanenza in sede.
Alcuni di noi, poi, che risiedevano presso il centro sportivo Torre del Grifo - Village, improvvisamente, in data 22 aprile 2020 sono stati costretti dalla Società a lasciare la struttura e, nell’impossibilità normativa di far ritorno presso le proprie residenze, hanno dovuto cercare una soluzione abitativa alternativa, con ulteriore aggravio economico e in assenza di pagamento delle retribuzioni dovute. Ciononostante, dopo l’ultima seduta collettiva non abbiamo mai smesso di allenarci, nelle nostre case e sotto la direzione dello Staff Tecnico, anche lontano dagli affetti familiari, per farci trovare pronti in caso di ripresa. L’impegno da parte nostra non è mai mancato e continueremo a prepararci atleticamente perché la nostra speranza è quella di poter riprendere le attività sportive, appena il Governo lo consentirà. Lo dobbiamo a noi stessi, alla Città di Catania e alla sua appassionata tifoseria. Se ce ne saranno le condizioni saremo pronti a fare la nostra parte da professionisti veriquali siamo, nel rispetto di Catania e del Calcio Catania".