Pendolari sempre più penalizzati: perché la Lombardia corre, ma in realtà resta ferma
Dal Rapporto Pendolaria l’allarme su fondi, infrastrutture e disuguaglianze nella mobilità quotidiana
Il pendolarismo è da tempo uno dei termometri più affidabili dello stato di salute del Paese. Ogni giorno, milioni di persone affidano il proprio tempo, il lavoro e lo studio a un sistema di trasporti che dovrebbe garantire continuità, accessibilità e sicurezza. Ma dietro la routine delle corse mattutine e dei rientri serali si nascondono scelte infrastrutturali che incidono profondamente sulla qualità della vita.
Negli ultimi anni il tema della mobilità è tornato al centro del dibattito pubblico, complice l’aumento dei costi, l’impatto della crisi climatica e le difficoltà crescenti per famiglie e lavoratori. Il trasporto pubblico, in particolare quello ferroviario, è diventato uno snodo cruciale non solo per l’ambiente, ma anche per la tenuta sociale ed economica dei territori.
A emergere con forza è il divario tra le grandi opere simboliche e gli investimenti necessari alla mobilità quotidiana. Una distanza che si riflette nelle città, nelle aree metropolitane e soprattutto lungo le linee regionali più utilizzate, dove le criticità si sommano e diventano strutturali.
È in questo contesto che il pendolarismo torna a essere una questione politica e sociale, capace di raccontare le priorità – e le mancanze – del sistema dei trasporti italiano.

Pendolarismo e trasporto pubblico: il Rapporto Pendolaria 2025
Il nuovo Rapporto Pendolaria di Legambiente, giunto alla 20ª edizione, fotografa un sistema di trasporto pubblico sempre più fragile, segnato da scelte infrastrutturali sbilanciate e da un sottofinanziamento cronico.
Il Fondo Nazionale Trasporti, pilastro del trasporto pubblico locale, nel 2026 varrà il 38% in meno rispetto al 2009 se si considera l’inflazione. In valori assoluti si è passati da 6,2 miliardi di euro nel 2009 a 5,18 miliardi nel 2024, una cifra insufficiente a compensare i tagli accumulati negli anni. Per tornare ai livelli reali di quindici anni fa, servirebbero almeno 3 miliardi in più.
Nel frattempo, la legge di Bilancio 2026 definanzia opere strategiche come il prolungamento della M4 di Milano, mentre nel 2024 hanno circolato 185 treni regionali in meno rispetto all’anno precedente, a causa della dismissione dei convogli più vecchi non compensata da nuovi acquisti.
“Investire nel ferro nelle città è una scelta necessaria sul piano ambientale, economico e sociale – sottolinea Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente –. Metropolitane, tranvie e ferrovie urbane migliorano la qualità della vita, riducono traffico, inquinamento e costi sanitari e garantiscono un accesso più equo alla mobilità”.
Pendolarismo in Lombardia: numeri, investimenti e criticità
Il pendolarismo in Lombardia rappresenta uno dei casi più emblematici messi in luce da Pendolaria. La regione è prima in Italia per numero di viaggiatori giornalieri sui treni regionali – circa 700mila al giorno – e per chilometri percorsi annualmente, con 50 milioni di chilometri, ma solo terza per investimenti, pari all’1,34% del bilancio regionale.
Sul fronte del materiale rotabile, i dati mostrano luci e ombre. L’età media dei treni lombardi si attesta intorno ai 12–13 anni, grazie alla consegna di 214 nuovi convogli a Trenord nell’ambito di un piano da oltre 1,7 miliardi di euro. Tuttavia, il 24% dei treni in circolazione ha più di 15 anni, segno di un rinnovamento ancora incompleto rispetto ai volumi di traffico.
Restano inoltre numerose opere ferroviarie bloccate per mancanza di fondi: dal raddoppio della Albairate–Mortara al potenziamento Rho–Gallarate, fino al quadruplicamento Pavia–Milano Rogoredo e al raddoppio della Codogno–Cremona–Mantova. Progetti fondamentali per migliorare frequenze e affidabilità del servizio regionale.
Un caso emblematico è quello della Milano–Mortara–Alessandria, utilizzata ogni giorno da circa 19mila pendolari, che continua a soffrire ritardi e disagi per il mancato raddoppio della linea. A questo si aggiungono gli effetti del nuovo orario sulla tratta Milano–Pavia–Stradella, che penalizza studenti e lavoratori a causa dello spostamento degli arrivi legato ai lavori sull’alta velocità Milano–Genova.
“Pendolaria sottolinea il carattere di una regione con luci e ombre, dove non si percepisce un reale cambio di passo per allontanarsi dalla mobilità insostenibile – commenta Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia –. Serve una maggiore empatia con i bisogni delle cittadine e delle amministrazioni locali, trasformando le rendite di posizione in investimenti nel futuro di tutti”.
Crisi climatica, trasporto pubblico e disuguaglianze sociali
A pesare ulteriormente sul pendolarismo è la crisi climatica. Dal 2010 al 2025, Legambiente ha censito 229 eventi meteo estremi che hanno causato interruzioni del servizio ferroviario; 26 solo nel 2025. Tra le città più colpite, con allagamenti, frane e sospensioni di linee metropolitane e ferroviarie c'è anche Milano.
Secondo le stime ministeriali, entro il 2050 i danni alle infrastrutture di mobilità potrebbero raggiungere 5 miliardi di euro l’anno, fino allo 0,55% del PIL. Senza interventi di adattamento, il conto è destinato a crescere.
In questo scenario si inserisce il tema della transport poverty, o povertà dei trasporti. In Italia la spesa media per la mobilità pesa per il 10,8% sul bilancio familiare, ben oltre la soglia di vulnerabilità del 6% indicata dalla Commissione europea.
“La carenza di trasporto pubblico sta diventando un drammatico fattore di esclusione sociale – spiega Roberto Scacchi, responsabile nazionale Mobilità di Legambiente –. Quando il servizio ferroviario e urbano non è adeguatamente finanziato, muoversi diventa più costoso o addirittura impossibile per una parte crescente della popolazione”.
Il Rapporto Pendolaria indica anche le possibili soluzioni: rafforzare strutturalmente il Fondo Nazionale Trasporti, investire su più treni e più corse, portare le frequenze nelle ore di punta da 30 minuti a 4–8 minuti e raddoppiare i viaggi giornalieri entro il 2035. Una strategia che, secondo Legambiente, deve partire proprio dalle aree urbane e metropolitane, dove la domanda di mobilità è più alta e il pendolarismo incide maggiormente sulla vita quotidiana.



