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Michele Di Gregorio (foto di Simona Pecunia)
Michele Di Gregorio (foto di Simona Pecunia)

Il portiere del Monza Michele Di Gregorio ha rilasciato un'intervista alla Gazzetta dello Sport, nell'edizione odierna. Le sue parole:

 “Non posso permettermi di fermarmi, per questo ho lavorato anche durante le vacanze. Se ripenso al 2017, quando esordii tra i professionisti a Renate, ritenevo questo percorso quasi impossibile. In cinque anni sono cresciuto come uomo e come giocatore, un processo di maturazione completo. Ho accettato il Monza subito, quando mi hanno chiamato. Credevo nel progetto fin dal principio”.

“Cragno un professionista esemplare, un ragazzo intelligente e alla mano. Abbiamo un buonissimo rapporto anche fuori dal campo. Ho fatto bene finora, ma posso fare ancora meglio. Non è stato facile ribaltare le gerarchie iniziali, ho trovato lungo il mio percorso tanti portieri forti. Ma ho sempre scelto le società in base alla volontà che avevano di volermi con loro. E questo mi ha dato forza per mettermi in gioco. Credo nel lavoro, senza il quale il solo talento non ti porta ai risultati”.

“Sarà come chiudere un cerchio nella sfida contro l'Inter, da bambino a uomo. Sono entrato nel vivaio interista a quasi 7 anni, aggregato ai Pulcini che erano più grandi. Sono originario di Corsico, alle porte di Milano, e ho iniziato subito in porta. Mi buttavo su ogni pallone, volevo sempre stare in porta anche quando giocavo con mio cugino. A 13 anni ho perso mio padre Marcello: l’Inter mi è stata molto vicino. A casa avevo mia madre Agata, mia sorella Angela, mio zio Gianni e mia nonna. Fuori c’era l’Inter. Mi piace ricordare mio padre mentre a bordo campo mi “fischiava”, come per tenermi attento quando l’azione si stava svolgendo dalla parte opposta”".

“Quando il nostro a.d. Adriano Galliani parla di “nuovo campionato” ha ragione. Ci sarà da fare nuove valutazioni, le carte verranno mescolate. Sarà come ripartire da zero, tra impatto mentale, preparazione e l’incidenza del mercato di gennaio. Chi ha chiuso in tranquillità non deve stare tranquillo e viceversa chi ha chiuso in affanno potrebbe trovare nuova linfa”.