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“Quattro dietro e quattro in mezzo non può funzionare, perché i triangoli spariscono”. 

Così Johan Cruijff disciplinava la sua visione di football, rivoluzionando e abbattendo le barriere sociali del lavoro sul campo. Il calcio entra in un’era innovativa, quella dell’avanzamento di un uomo dalle retrovie e il conseguente restyling a una triade difensiva. Perché, parole del Profeta del gol, “se hai quattro uomini che difendono due attaccanti, ti restano solo sei giocatori contro otto a centrocampo: non c’è modo che tu possa vincere la battaglia". 
Da qui la formulazione di un sistema “eponimo” post Michels, il 4-3-3 o 3-3-1-3, che avrebbe influito sul calcio moderno a venire, da Sacchi a Rijkaard, fino a raggiungere Guardiola e Xavi.

Triangoli, terzo uomo libero e superiorità

Con Cruijff il concetto di posizione cambia: i difensori non sono più ancorati alle loro zone di guardia ma diventano cursori offensivi, gli attaccanti acquisiscono maggiore fluidità con una pedina pronta ad abbassarsi per creare superiorità e sbloccare la costruzione. È il crollo del feudalesimo, delle gerarchie predefinite e dei ruoli asettici. Il terzo uomo libero rappresenta un triplo carpiato in avanti nell’ideologia di un calcio che sostituisce la statica con il movimento a flusso continuo, una proposta mirata ad avere migliori possibilità nelle giocate e quindi nel gioco. 
Lo stesso Xavi, nel recente passato, ha dichiarato che: “il terzo uomo è impossibile da difendere. Se chi difende sta guardando la palla, non può vedere chi è smarcato. E qui si presenta un compagno, che è il terzo uomo - come l'omonimo titolo del film di Carol Reed. Un modo pulito per ottenere la superiorità. Questo è indifendibile, è la scuola olandese, è Cruyff. È un'evoluzione dei triangoli olandesi”.

Che poi, a pensarci bene, è una regola trasversale nello sport, alla base dell’attacco triangolo nella pallacanestro, un sistema pensato da Sam Barry, sviluppato da Tex Winter e affinato da Phil Jackson.

Se trasliamo tutto al presente, notiamo quanto la dottrina di Cruijff abbia influenzato il calcio di Palladino e il suo Monza, una squadra che non dà mai riferimenti agli avversari perché articola il proprio gioco sul dinamismo e non sulla fissità. Allo stadio Olimpico di Roma i biancorossi conquistano un pareggio “olimpico, punto preziosissimo in trasferta contro una Lazio reduce dalle fatiche europee in Champions League. 

Foto: Instagram Matteo Pessina

Avvio a tinte biancorosse: possesso palla e attacco alla profondità

I primi due minuti fungono da preludio del match e mettono subito in chiaro le intenzioni del Monza: 106 secondi di possesso esteso, fraseggio razionale e una circolarità della manovra finalizzata alla conclusione. I biancorossi partono col piede giusto e cercano di comandare la gara con personalità e coraggio. L’approccio è centrato, il possesso palla è diluito e intelligente, gli spostamenti sono orientati a comandare il pressing, Pessina è il metronomo in mediana, Gagliardini una diga, Colpani comanda le transizioni con aperture di gioco che promuovono l’attacco della profondità degli esterni, Kyriakopoulos e Ciurria (tornato a sgasare sull'out di destra).

Zaccagni punta Ciurria nell'azione che genera il calcio di rigore a favore della Lazio - Foto: DAZN

Al minuto 12 la Lazio passa. In situazione di possesso e con i giocatori del Monza concentrati sulle preventive, Zaccagni rompe gli indugi con un guizzo personale, punta Ciurria e si fionda in area di rigore. Nell’incrocio fortuito di gambe e traiettorie il Fante frana sul 20 biancoceleste e provoca il rigore. Dal dischetto Immobile non sbaglia e spiazza Di Gregorio.

Sotto di 1-0, il Monza si rialza subito e prosegue la sua gara. La tattica di Palladino è chiara ed efficace: attaccare la difesa avversaria alle spalle, con Colpani tra le linee a liberare lo spazio in ampiezza per le incursioni dei quinti, in particolar modo di Ciurria. Il Flaco risulta il vero key-player dei biancorossi, l’anello di congiunzione fra i reparti, il trequartista arretrato che regola le due fasi: vertice centrale di centrocampo a marcare a tenaglia il play opposto Cataldi, con Pessina e Gagliardini più larghi e a specchio sugli opposti Luis Alberto su Guendouzi, e terzo uomo a comandare le ripartenze in entrambe le direzioni.

Una strategia sostenibile anche grazie alla schermatura asfissiante di Izzo su Hysaj: il 4 del Monza si trasforma in un libero difensivo, pronto a regolare le sue uscite sul quarto di sinistra laziale, ridisegnando l’asset di non possesso in un 4-1-3-2 che rielabora il classico 5-3-2 ad albero senza vertice.

In fase di non possesso Colpani marca a uomo Cataldi (al centro) e Izzo esce su Hysaj (in basso) - Foto:DAZN

Il pareggio del Monza con Gagliardini

Il forcing brianzolo si fa sempre più intenso. Dopo il gol annullato a Mota per offside, il Monza spinge forte sull’acceleratore. 
Tutto si innesca dalla scelta di Kyriakopoulos, che entra dentro il campo e favorisce il triangolo in mediana tra Pessina e Colpani. Il greco segue l’azione e attacca la profondità andando a popolare l’area di rigore insieme a ben sei compagni (sette se consideriamo anche Ciurria). 
Una densità che manda in cortocircuito la retroguardia laziale nell’istante in cui il cross rasoterra di Ciurria, da quinto a quinto per Kyriakopoulos (che si posiziona in mezzo ai due difensori), viene raccolto dall’inserimento di Gagliardini. È il 36’ e il Monza con merito agguanta l’1-1: l’ex Inter insacca comodamente in rete e firma il suo primo gol in maglia biancorossa. 

A distanza di pochi minuti la compagine brianzola sfiora persino il vantaggio con un colpo di testa di Mota che finisce a lato su assist del solito Ciurria.

Il Monza porta 7 uomini in area di rigore nell'azione del pareggio di Gagliardini - Foto: DAZN

La Lazio riparte, il Monza risponde

Nella ripresa la Lazio rientra in campo con maggiore determinazione. Sarri chiama le sostituzioni dalla panchina inserendo Vecino e Felipe Anderson al posto di Guendouzi e Isaksen: una doppia mossa che consente ai biancocelesti di avanzare il baricentro e aumentare l’intensità. Ma il Monza non si compone, contiene con ordine le sortite avversarie e negli ultimi 20 minuti cerca ripetutamente la via del gol. 

Al 70’ è ancora Kyriakopoulos, autore di un’ottima prova, a proiettarsi in avanti con un’incursione interna (sulla falsa riga di Carlos Augusto) dopo aver completato il “dai e vai” con Vignato. Lorenzo Colombo legge benissimo la situazione e corre in direzione opposta portandosi via i difensori laziali. Un meccanismo che spalanca la prateria per il fluidificante di Patrasso, bravo a rifinire per Colpani che, in tempo zero, calcia a giro sul secondo palo costringendo Provedel ad un intervento provvidenziale.

La percussione interna di Kyriakopoulos che libera lo spazio per il tiro di Colpani - Foto: DAZN

L'asse verticale Carboni-Vignato-Colombo

Il Monza continua a premere e al 73’ i biancorossi producono un’altra azione da gol, con Andrea Carboni traccia un asse verticale per Vignato che, di prima, prolunga per la corsa di Colombo. Fronte porta, il 9 biancorosso mette in mezzo la sfera ma non trova nessun compagno a finalizzare.    

Al triplice fischio il punteggio resta invariato e il match si chiude sull’1-1.

Vignato riceve il passaggio verticale di Carboni e di prima suggerisce per Colombo - Foto: DAZN

Calcio di alto profilo e un pareggio che sta quasi stretto

Al netto del vantaggio di Immobile, la sensazione è che tra Lazio e Monza ci sia stato un abisso. Che non è l’arbitro, ma l’ago della bilancia puntato verso sui brianzoli, migliori sul profilo atletico, tattico e tecnico rispetto ai biancocelesti. 

Ancora una volta Raffaele Palladino dimostra di essere un allenatore con la A maiuscola, giovane ma esperto, filosofo e alchimista, promotore di un calcio di alto profilo. Slanciato, brillante, corale, estetico, esaltante, sostenibile, azzurrorange. Perché, come diceva Pier Paolo Pasolini: "il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È lo spettacolo che ha sostituito il teatro”
E in questo spettacolo c’è la griffe di Palladino, direttore di attori sul teatro-rettangolo verde, “Maestro” d’orchestra come Leonard Bernstein (film in uscita prossimamente su Netflix), moltiplicatore di divertimento e talenti. 
Basti pensare a Ciurria, jolly fondamentale per il Monza per duttilità, qualità e sacrificio (che ha stretti i denti e giocato con una caviglia gonfia: chapeau); o a Colpani, “suolista” errante dal tocco sublime la cui crescita sotto l’egida di Palladino è stata esponenziale. 

Un pareggio d’oro che sta quasi stretto ai biancorossi per le tante opportunità fabbricate ma restituisce una grande iniezione di fiducia e autostima in vista dei prossimi impegni. A partire dalla sfida dell’U-Power Stadium in programma giovedì 28 settembre alle 18.30 contro il Bologna.

Di Andrea Rurali