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La curva ospiti dello stadio Picco
La curva ospiti dello stadio Picco

Col senno del poi. Di cui sono piene le fosse. Però, a ben vedere, è proprio da lì che si cominciò a calare a ... Picco. Perchè sino a quella fine estate di inizio millennio il Monza in Serie C era una delle ‘grandi’, una di quelle che tutti i pronostici inserivano sempre nel ristretto novero delle candidate alla Serie B. Perché la Storia – quella con la S maiuscola – merita sempre rispetto. E la Storia parlava chiaro: 7 promozioni griffate da 4 presidenti (1 a testa per Borghi, Radaelli e Cappelletti, 4 per Valentino Giambelli) e 6 allenatori (2 per Gigi Radice, 1 per Frossi, Magni, Fontana, Frosio e Trainini). Come diceva il mitico Scotti “nunc sem la Juventus dalla Serie C” … il paragone con le zebre mi inorridiva però rendeva il concetto. E così anche in quell’ultima estate del vecchio conio (l’euro sarebbe subentrato il 1 gennaio 2002) i biancorossi godevano di un certo credito tra gli esperti della terza serie. Credito – osavo obbiettare – dovuto esclusivamente al blasone. La recente retrocessione era stata mortificante, la fine della fugace presidenza Fazzolari avrebbe dovuto essere un inquietante segnale d’allarme, l’inizio (Gennaio 2001) della gestione Belcolle-Centrale del Latte portava una serie di angosciosi ed angoscianti punti di domanda. Almeno per me e pochi altri. Che cosa volete, vecchi brontoloni? Lasciamoli lavorare … Personalmente mi suonava sempre più tragicamente comica (o comicamente tragica …) quella dichiarazione d’insediamento dell’immaginifico Belcolle “Porterò il Monza dove non era mai stato prima”. Oggettivamente, tuttavia, condivisi la scelta di affidare la panca al mio amico Boldini. Che dal ’94 al ’96 aveva fatto le nozze con i fichi secchi raggiungendo per due volte i play-off e facendo sempre vedere ottimo calcio. All’epoca, però, il Monza aveva una Società con la S maiuscola: Giambelli, sparagnino e braccino ma serio, affidabile, presente, competente, innamorato della sua squadra e Terraneo, permalosetto ma coerente, lucido, disincantato e capace di supportare l’allenatore nei momenti critici. Boldini – come già scritto – è un tecnico didattico: ore ed ore sul campo a perfezionare i fondamentali ed a mandare a memoria schemi nel contesto di un calcio attivo, propositivo ed offensivo. Il suo lavoro, soprattutto con squadre giovani, richiede pazienza e porta frutti a medio termine. Estate 2001, dunque: Il Boldo torchia i suoi ragazzi durante il ritiro, il Monza lascia intravedere discrete cosucce in Coppa Italia al Brianteo (vittoria sull’Avellino e sconfitta di misura con la Samp di Iacopino) e guarda con una certa fiducia al debutto in campionato al Picco nella caliente tana di una delle grandi favorite. L’applicazione dei biancorossi è ferocemente totale, il 4-4-2 risulta forse un po’ troppo scolastico ma i più quotati padroni di casa non vedono la biglia per tutto il primo tempo. Che finisce a reti inviolate solo perché Rubini è reattivo in un paio di circostanze (su Florio e su Degano) e soprattutto perché al minuto 35 Damiani si mangia il più incredibile dei gol dopo una splendida combinazione Pelatti-Degano. Ad inizio ripresa la prima disattenzione difensiva costa carissima e subito dopo un generoso rigore chiude i conti. Il centrocampo spezzino è un lusso per la categoria e gestisce sul velluto. Ricordo ancora adesso le parole di uno sconsolato Boldini in conferenza stampa “penso che se il primo tempo si fosse chiuso sullo 0-3 neanche il più scalmanato tifoso dello Spezia avrebbe avuto qualcosa da obbiettare.” Mi illusi che avrebbe potuto nascere comunque qualcosa di positivo. Ma la società era una barzelletta che faceva piangere. 

Cidimar, uno dei brasiliani arrivati nel 2001 (foto Il Giorno)

A cominciare dagli stipendi non pagati. Il pesce puzzava dalla testa ed i mesi seguenti furono un calvario senza soluzione di continuità. Belcolle ed il suo compare D’Evant fecero scempio di una storia gloriosa, il Monza precipitò a povero zimbello, Vitali scaricò Boldini ed innestò un valzer di 5 cambi in panca. Per noi poveri cronisti divenne pane quotidiano documentarsi su presunti (molto presunti …)  fenomeni (ehm … ehm … ehm) sudamericani: Cidimar, Ivo, Cantoro. Do you remember? E su tutto aleggiava misteriosa, sovrannaturale, eterea, la figura del mago Jerry e del suo zodiaco applicato (applicato ?????) al calcio. Roba da Borgorosso di Alberto Sordi o da Longobarda di Lino Banfi … Roba da film … Roba da guitti d’avanspettacolo … Roba che invece è toccata davvero a noi. Umiliati, sbeffeggiati, derisi. Noi che cominciammo dal Picco – con la P maiuscola – nel settembre 2001 per colare definitivamente a picco – con la p minuscola come i personaggi di questo incubo – il 18 marzo 2004, data infausta del primo fallimento. Quando trovò pieno compimento la frase “Porterò il Monza dove non era mai stato prima”. Ricordarlo adesso è meno doloroso ma farlo è sempre doveroso: perché solo sapendo da dove siamo miseramente partiti possiamo pienamente godere questi tempi bellissimi che ci sono stati regalati. Dall’incubo al sogno. Si torna al Picco a testa altissima e pieni di legittimo orgoglio. 

 

Domenica 2 settembre 2001. La Spezia, stadio Alberto Picco:

SPEZIA-MONZA 2-0 (0-0)

MARCATORI: Pisano (S) al 5’ st – Pisano (S) su rigore all’ 11’ st.

SPEZIA (3-4-3): Rubini; D’Aloiso, Bordin, Melucci; Buso (32’ st Cangini), Mangazzini, Budel (37’ st Ficagna), Coti; Fiori (15’ st Menolascina), Pisano, Florean. A disp.: Bressan, Di Muri, Sanguinetti, Caverzan. All.: Mandorlini.

MONZA (4-4-2): Squizzi; Cozzi, Castorina, Contini, Esposito (30’ st Galli); Scazzola, Florio, Colombo, Damiani; Pelatti (12’ st Ugali), Degano (36’ st Ganci). A disp.: Righi, Maggioni, Madaschi, Gori. All.: Boldini

ARBITRO: Romeo di Verona

Spettaori 5.000 circa, incasso di quasi 100 milioni di lire 

Fiorenzo Dosso