Bruno Pizzul, la voce che ha raccontato il calcio italiano: il ricordo del nipote Paolo
Il nipote Paolo racconta l’eredità umana e sportiva di Bruno Pizzul, tra ricordi di famiglia, cambiamenti nel giornalismo sportivo e l’affetto del mondo del calcio

Ci sono voci che sanno attraversare il tempo, capaci di diventare parte della nostra memoria affettiva e collettiva. Voci che accompagnano le domeniche pomeriggio, le grandi serate europee, i gol che abbiamo urlato in casa, in auto o nei bar. Bruno Pizzul è stato una di queste voci: rassicurante, inconfondibile, familiare. Telecronista dallo stile pacato ma mai banale, ha raccontato alcune delle pagine più importanti del nostro calcio italiano, diventando un simbolo del giornalismo sportivo televisivo. A pochi giorni dalla sua scomparsa, il mondo del calcio e tantissimi tifosi lo ricordano con affetto e gratitudine.

Bruno Pizzul, giornalismo sportivo e memoria collettiva
A riportarci dietro le quinte di questi giorni è Paolo, uno degli undici nipoti di Bruno Pizzul, che ci ha raccontato con emozione la reazione della famiglia: “Sono stati giorni intensi, tra dolore, commozione e un affetto travolgente. Nessuno si aspettava così tante chiamate e messaggi, considerando che da oltre vent’anni Bruno non era più la voce ufficiale della Nazionale”. Eppure, la sua figura è rimasta scolpita nella memoria collettiva. Paolo ricorda spesso un pensiero del nonno: “Un tempo, giornalisti, calciatori e allenatori condividevano momenti anche fuori dal campo. C’era un rapporto umano, più diretto. Oggi si tende alla prestazione, anche nella narrazione giornalistica. Lui osservava questo cambiamento con un po’ di nostalgia”. Una riflessione che rivela il senso profondo del suo approccio al giornalismo sportivo: quello di chi racconta le emozioni, non solo le azioni.