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Sono certo che l’amico e collega Fiorenzo Dosso mi consentirà di rendere pubblico uno scambio di messaggi avuto in settimana. “Paolo, lo spirito giusto con cui affrontare la gara col Milan, la prima del nostro Monza al Meazza in serie A, è quello che ti fa capire che la cosa più importante è esserci arrivati. Tutto quel che verrà in più sarà un regalo”. Parole che mi erano sembrate subito totalmente condivisibili e piene di significato già in settimana. E che lo sono oggi, a maggior ragione, dopo la secca sconfitta subita con la squadra rossonera.

Qui però non si tratta di fare come la volpe con l‘uva raffigurata nella fiaba di Esopo. Si tratta di guardare in faccia la realtà ed essere consapevoli che affrontare la corazzata Milan è compito arduo per tutti e lo è stato ancor di più per un Monza che paga lo scotto di essere una neopromossa. Perché la mia analisi non si vuole limitare a considerare che le assenze di Rovella e Izzo sono state pesanti e determinanti e che nel corso della gara si è visto che chi è subentrato (Ranocchia in primis) ha fatto meglio di chi era sceso in campo all’inizio. La mia riflessione va oltre, è un po’ più ad ampio raggio. Nelle sei trasferte di questo inizio di campionato, il Monza ha subito 11 reti tra Napoli, Roma e Milan, non raccogliendo alcun punto. Statistiche opposte per le altre tre gare esterne di Lecce, Genova e Empoli, con 2 gol subiti e 4 punti messi in tasca.

C’è dunque una prima logica considerazione da fare. Ed è quella che Napoli, Roma e Milan sono di un altro pianeta rispetto ai biancorossi e lo sono anche nei confronti delle squadre affrontate nelle altre tre trasferte. Poi c’è un’altra considerazione. Che è quella di vedere un Monza che “soffre” le grandi platee come sono il Maradona, l’Olimpico ed il Meazza. Ma sia ben chiaro che occorre tenere presente che i severi punteggi maturati in queste tre circostanze sono arrivati con prestazioni ed atteggiamenti molto diversi tra loro.

Ecco, forse la cura Palladino non ha ancora prodotto i suoi effetti su questo aspetto mentale. Che è quello di subire in modo troppo marcato l’impatto emotivo dei grandi stadi.  Occorre lavorare su questo punto, servirà psicologia e uno spirito più “operaio”, più da neopromossa. Un po’ come hanno fatto il Lecce e la Cremonese: i salentini hanno pareggiato a Napoli; e a Roma entrambe le altre neopromosse sono state sconfitte di misura, rimanendo però in partita fino all’ultimo secondo dei minuti di recupero.  Paolo Corbetta