L’Italia che va avanti da sola: cosa unisce Brianza e Sardegna
Due economie lontane che funzionano non grazie allo Stato, ma nonostante lo Stato.
C’è un’Italia che aspetta le riforme, i piani industriali, le strategie nazionali.
E poi ce n’è un’altra che va avanti lo stesso. Senza chiedere permesso. La Brianza e la Sardegna appartengono entrambe a questa seconda categoria, anche se in modi opposti. Due territori lontani, spesso raccontati come antagonisti, che in realtà condividono una stessa diffidenza di fondo verso il centro e una stessa capacità di sopravvivere alle sue assenze.
Funzionano non grazie, ma nonostante
Né la Brianza né la Sardegna possono dire di essere diventate ciò che sono grazie a una visione statale coerente. La prima ha costruito la propria ricchezza quasi in sordina, tra capannoni, distretti, subforniture, reinvestimenti continui. La seconda ha imparato a cavarsela in un contesto di isolamento geografico e decisionale che dura da decenni.
In entrambi i casi, il messaggio è chiaro: quando lo Stato non guida, ci si organizza. Quando promette troppo e mantiene poco, si smette di ascoltarlo.
PMI brianzole e micro-imprese sarde: due scale diverse, stessa logica
La Brianza è la patria della piccola e media impresa manifatturiera. Aziende che crescono senza clamore, spesso senza nemmeno farsi notare, ma che esportano, innovano, resistono. Non cercano bandi miracolosi, cercano stabilità. Non invocano rivoluzioni, chiedono che nessuno intralci ciò che già funziona.
La Sardegna vive di micro-imprese: turismo, agricoltura, artigianato, servizi. Dimensioni ridotte, margini fragili, ma una resilienza straordinaria. Qui il problema non è la mancanza di idee, ma la difficoltà di trasformarle in sistema. Le energie ci sono, ma faticano a fare massa critica.
Due mondi diversi, una stessa filosofia: lavorare con quello che si ha, non con quello che viene promesso.
Autonomia di fatto, non ideologica
La Brianza non ha mai avuto bisogno di dichiararsi “autonoma”. Lo è diventata nei fatti, costruendo un ecosistema produttivo che dialoga con il mondo più che con Roma. La Sardegna, al contrario, ha spesso rivendicato autonomia sul piano politico, ma l’ha praticata soprattutto sul piano quotidiano: arrangiarsi, resistere, adattarsi.
Entrambe dimostrano che l’autonomia più efficace non è quella proclamata, ma quella esercitata. Non quella scritta nei programmi, ma quella che si vede nei bilanci delle imprese e nelle scelte delle famiglie.
Identità forte, allergia ai proclami
C’è un altro tratto comune: l’identità. In Brianza è fatta di lavoro, riservatezza, concretezza. In Sardegna di appartenenza, terra, memoria. Due identità molto diverse, ma entrambe poco inclini alla retorica nazionale.

Qui i proclami durano poco. Le parole contano meno dei fatti. Chi promette troppo perde credibilità in fretta. È una lezione che la politica italiana sembra non aver ancora imparato, ma che questi territori praticano da tempo.
Due solitudini che non si parlano
Eppure, Brianza e Sardegna non dialogano. Si osservano da lontano, spesso con pregiudizio. La Brianza vede la Sardegna come un’occasione sprecata. La Sardegna guarda alla Brianza come a un luogo che produce ma non vive.
Sono caricature, certo. Ma nascono da un’assenza di confronto reale. Nessuno ha mai provato seriamente a mettere in relazione questi due modelli, a farli dialogare, a contaminare le rispettive virtù.
La domanda che nessuno fa
E allora la domanda, semplice come piaceva a Enzo Biagi, è questa:
che succederebbe se queste due Italie si parlassero davvero?
Se la Sardegna potesse agganciarsi a filiere produttive strutturate senza perdere identità.
Se la Brianza imparasse a pensare il benessere non solo come produttività, ma come qualità del vivere.
Se lo Stato smettesse di usarle come simboli opposti e iniziasse a leggerle come laboratori complementari.
Forse scopriremmo che l’Italia che funziona non è quella che urla di più, ma quella che lavora in silenzio. E che la vera frattura non è tra Nord e Sud, ma tra chi aspetta e chi fa.
La Brianza e la Sardegna, ognuna a modo suo, hanno già scelto.
La politica, come spesso accade, arriva dopo.



