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L'ex tecnico del Monza Cristian Brocchi ha rilasciato una lunga intervista esclusiva a Sportitalia, realizzata da Giada Giacalone per la rubrica “Mister Si Nasce”.

Ecco alcuni frammenti dei suoi pensieri, riguardanti l'esperienza in Brianza:

"Ho un ricordo meraviglioso di Monza. Anche lì ho avuto dei problemi per il discorso che venivo considerato il ‘cocco di Berlusconi’, insomma. Perché sembrava sempre che io fossi quello che... nessuno ha mai parlato di stima totale per il Brocchi allenatore. Quante squadre hanno investito come il Monza senza riuscire a vincere la C? Noi l'abbiamo stravinta, andando su tutti i campi a giocare un calcio bellissimo, avevamo tutti i numeri dalla nostra. 15 punti di vantaggio quando fu fermato il torneo dal Covid-19. Non era solo questione di avere una squadra importante, abbiamo vinto il campionato al primo vero tentativo. Per me è stata un'emozione grande, a Monza ci sono legatissimo. Ho costruito la mentalità di squadra e persone che ci lavoravano. Adesso fa piacere vedere il Monza in Serie A, anche se non sono stato io a portarlo, siamo arrivati ad un rigore della Salernitana contro il Pordenone al 96' dalla A, a togliermi questo sogno. Però un conto è allenare il Monza in A, che è una cosa meravigliosa, un altro è essere partiti da lì e aver fatto una cosa davvero bella. Mi sento partecipe, sono contento di vedere che un allenatore giovane come Palladino sta facendo bene, perché vuol dire che gli allenatori bravi ci sono, ma devi essere al posto giusto nel momento giusto. Lui è un allenatore bravo che si è trovato al posto giusto nel momento giusto. Io faccio il tifo per lui e per il Monza, società e tutti i tifosi che saranno sempre nel mio cuore".

"La voglia di allenare c'è sempre perché è la mia passione: il campo, i ragazzi, ho una marea di giocatori che mi scrivono chiedendomi perché non alleno. Quest'anno ho voluto star fermo perché l'allenatore deve avere anche la forza di dire di no. Non allenare a tutti i costi. L'anno scorso mi ha ferito molto, ma a Coverciano mi hanno detto che l'allenatore è un uomo solo, ed è vero. Deve essere sempre solo (questo lo dico io, precisa Brocchi, ndr) quando allena, quando decide chi fare giocare, come comportarsi col suo gruppo. Quando dai la possibilità a qualcuno di farli entrare nelle tue scelte, la colpa è solo tua, non di quelli che entrano. Io ho fatto questo errore ed è giusto che ne abbia pagato le conseguenze. Avevo bisogno di ripulirmi, di tranquillizzarmi, di smaltire, di ritrovare me stesso a casa. Di venire in questo posto a divertirmi. Perché la mia passione vera è il canto, ma io non sono tanto bravo. Ma avevo bisogno di divertirmi, sfogandomi, di andare in vacanza coi miei figli, guardar loro giocare. Ora sto molto bene. Se dovesse venir fuori qualcosa di molto serio, allora riprenderò. Se devo rincorrere io la professione, andando in situazioni non chiare e che non mi piacciono, allora potrei anche decidere di fare altro".