Case popolari a Monza, una lunga attesa per pochi alloggi: la situazione
A Monza solo 43 alloggi popolari nel bando 2025, chiuso il 10 ottobre. Domande in aumento, attese lunghe e manutenzioni lente: la fotografia dell’emergenza abitativa.
A Monza il tema della casa resta una ferita sociale. Le richieste di alloggi popolari aumentano di anno in anno, ma l’offerta resta ferma a numeri troppo bassi per coprire il fabbisogno.
Nel 2025, il Comune ha pubblicato un nuovo bando per i Servizi Abitativi Pubblici (SAP), valido per l’intero Ambito Territoriale 61 – che comprende Monza, Brugherio e Villasanta – mettendo a disposizione appena 43 unità abitative, di cui una trentina nel solo capoluogo.
Il bando si è chiuso il 10 ottobre, e ora il Comune e ALER stanno elaborando le graduatorie: una fase che, per molte famiglie, significa continuare ad aspettare.
Chi gestisce e come funziona
La gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica è affidata ad ALER Monza Brianza, che coordina i bandi in collaborazione con il Comune e la Regione Lombardia.
Le domande si presentano esclusivamente online, tramite la piattaforma regionale dei “Servizi abitativi pubblici”, accessibile con SPID o Carta Nazionale dei Servizi.
I requisiti principali sono un ISEE inferiore a circa 16mila euro, la residenza o un contratto di lavoro nel territorio dell’ambito, e l’assenza di proprietà immobiliari adeguate.
Una volta chiuso il bando, vengono pubblicate le graduatorie “provvisorie” e poi “definitive”, da cui si attinge per le assegnazioni nel corso dell’anno.
Poche case, tempi lunghi
La criticità più evidente è la scarsità degli alloggi disponibili.
Molte strutture ERP a Monza risalgono agli anni ’60-’70 e necessitano di manutenzione, riducendo la quota effettivamente assegnabile.
Il Comune e ALER stanno avviando alcuni interventi di riqualificazione energetica e strutturale, ma i cantieri in corso comportano ulteriori ritardi nelle assegnazioni.
A questo si aggiunge la lentezza burocratica e la difficoltà di molte famiglie a orientarsi tra documenti, piattaforme digitali e moduli online.
Anziani, persone senza accesso a internet e nuclei stranieri restano spesso penalizzati da un sistema pensato più per la gestione che per l’inclusione.
Emergenza silenziosa

Secondo le associazioni del territorio, a Monza la domanda di case popolari supera di oltre dieci volte l’offerta reale.
Le graduatorie restano stabili per anni, mentre chi è in condizioni di povertà estrema finisce nei programmi di emergenza abitativa gestiti dal Comune o in alloggi temporanei.
Il Comune sottolinea che i fondi regionali e PNRR destinati alla riqualificazione dell’ERP non bastano per creare nuovi appartamenti: la priorità è rendere abitabili quelli esistenti.
La conseguenza è un paradosso: molte case popolari restano vuote per lavori infiniti, mentre chi ha diritto a un alloggio è costretto a restare in lista d’attesa.
Oltre il bando: la questione culturale
La casa popolare a Monza non è solo un tema economico, ma anche culturale e politico.
Il modello attuale, pensato per un’Italia del dopoguerra, mostra oggi tutti i suoi limiti: troppi enti coinvolti, troppe regole frammentate, pochi fondi strutturali.
Manca una visione condivisa sull’abitare pubblico: l’obiettivo dovrebbe essere non solo “dare un tetto”, ma ricostruire comunità e dignità.
Finché il sistema resterà basato su numeri così ridotti, la casa popolare continuerà a essere un privilegio per pochi, non un diritto garantito per chi ne ha davvero bisogno.



