Il caso Garlasco: una storia lunga 18 anni, ancora senza una verità definitiva
A 18 anni dalla morte di Chiara, indagini e sospetti: la verità è vicina?

Chiara Poggi, una laureata in economia di 26 anni, viene trovata morta nella villetta di famiglia a Garlasco, in provincia di Pavia, la mattina del 13 agosto 2007. È il suo fidanzato, Alberto Stasi, allora studente alla Bocconi, a dare l’allarme dopo averla trovata priva di vita al piano inferiore della casa. Chiara è stata colpita ripetutamente con un oggetto contundente, mai identificato con certezza, e il suo corpo presenta ferite gravi, compatibili con un’aggressione violenta.
Fin da subito, l’attenzione degli inquirenti si concentra su Stasi. È lui l’ultima persona ad aver visto Chiara viva, e la dinamica del ritrovamento solleva sospetti: la porta di casa non mostra segni di effrazione, e Stasi racconta di essere entrato senza problemi. Inoltre, alcune incongruenze nel suo racconto – come il fatto di non aver notato macchie di sangue evidenti sulle scale – alimentano i dubbi.
Il lungo iter giudiziario di Alberto Stasi

Il percorso giudiziario di Stasi è stato tortuoso, segnato da assoluzioni, ricorsi e nuove sentenze. Nel 2008, viene arrestato con l’accusa di omicidio, ma il gip lo scarcera per mancanza di prove sufficienti. Nel 2009, il primo processo si conclude con un’assoluzione: i giudici ritengono che non ci siano elementi certi per condannarlo. La procura, però, non si arrende e presenta ricorso.
Nel 2011, la Corte d’Appello ribalta la sentenza e condanna Stasi a 16 anni di carcere. La Cassazione, però, annulla la condanna per vizi procedurali, e il caso torna in aula. Solo nel 2015, dopo un nuovo processo d’appello, la condanna a 16 anni per omicidio volontario diventa definitiva. Stasi si è sempre dichiarato innocente, sostenendo che non ci siano prove dirette contro di lui, e la sua difesa ha più volte puntato il dito su presunte lacune investigative.
Nel frattempo, l’opinione pubblica si divide. Da un lato, c’è chi vede in Stasi il colpevole ideale: il fidanzato che, per motivi mai del tutto chiariti (forse una lite o una gelosia), avrebbe ucciso Chiara. Dall’altro, chi ritiene che le indagini siano state viziate da pregiudizi e che altre piste non siano state esplorate a fondo.
La riapertura del caso nel 2025
A marzo 2025, a 18 anni dall’omicidio, il caso Garlasco torna sotto i riflettori con una svolta clamorosa: la Procura di Pavia riapre le indagini. Il motivo principale è l’emergere di nuove tracce biologiche, in particolare un’impronta digitale trovata su un dispenser di sapone nella villetta, che non appartiene né a Chiara né a Stasi. Questo elemento, inspiegabilmente non analizzato all’epoca, solleva dubbi sulla completezza delle indagini iniziali.
Le nuove indagini si concentrano su Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, Marco Poggi. Sempio, già indagato nel 2016 senza esiti concreti, torna al centro dell’attenzione. A marzo 2025, viene sottoposto a un prelievo di DNA per confrontarlo con le tracce rinvenute. Inoltre, gli inquirenti scoprono che Sempio aveva scritto un articolo sulla morte di Chiara per un corso di giornalismo, un dettaglio che alimenta sospetti, anche se il suo avvocato definisce le accuse “fumo negli occhi”.
Un altro elemento emerso di recente riguarda tre telefonate non chiarite, effettuate da Sempio il giorno dell’omicidio, che gli investigatori stanno cercando di ricostruire. Parallelamente, si indaga su presunte irregolarità nelle indagini originarie: due carabinieri coinvolti nel caso sono stati arrestati per corruzione e peculato, alimentando teorie su possibili insabbiamenti o errori investigativi.
La revoca della semilibertà di Stasi
Nel frattempo, Alberto Stasi, che nel frattempo aveva ottenuto la semilibertà nell’aprile 2025, si trova nuovamente al centro della vicenda. La Procura generale di Milano, il 30 maggio 2025, ha chiesto la revoca di questo beneficio, sostenendo che le nuove indagini potrebbero rimettere in discussione il suo ruolo nel delitto. Stasi, detenuto nel carcere di Bollate, si dice sereno e disponibile a collaborare, come dichiarato dal suo avvocato.
La richiesta di revoca della semilibertà arriva in un contesto di forte pressione mediatica. Il caso, come sottolineato da alcuni commentatori su X, sembra essersi trasformato in una sorta di “reality”, con un mix di interviste, speculazioni e dibattiti che rischiano di oscurare la ricerca della verità.
Le ombre sulla gestione del caso
Uno degli aspetti più controversi emersi negli ultimi mesi riguarda la gestione delle indagini iniziali. Alcuni post su X parlano di “testimoni minacciati”, “prove cancellate” e “notizie false” diffuse dai media, alimentando l’idea che il caso possa essere stato viziato da errori o, addirittura, da coperture. Inoltre, la scoperta tardiva dell’impronta digitale e le indagini sui carabinieri coinvolti sollevano interrogativi su come sia stato condotto l’iter investigativo negli anni passati.
Un altro punto critico è la testimonianza di una persona vicina a Stefania Cappa, cugina di Chiara, che avrebbe riferito confidenze rilevanti. Tuttavia, come dichiarato durante una trasmissione su Rai 1, queste informazioni dovrebbero essere portate direttamente in Procura, senza alimentare ulteriori speculazioni mediatiche.
Un caso che divide ancora
Il caso Garlasco rimane una ferita aperta, non solo per la famiglia di Chiara Poggi, ma per l’intera comunità e per chi segue la vicenda da anni. La condanna di Stasi, pur definitiva, non ha mai convinto del tutto, e le nuove indagini sembrano riaprire uno spiraglio per una verità diversa. Tuttavia, come sottolineato da alcuni, il rischio è che il clamore mediatico trasformi un dramma in uno spettacolo, distogliendo l’attenzione dai fatti concreti.
Il 24 ottobre 2025 è una data chiave: l’incidente probatorio a Pavia analizzerà le nuove tracce biologiche, un passo che potrebbe confermare o smentire le ipotesi investigative. Nel frattempo, la comunità di Garlasco e l’opinione pubblica attendono risposte, sperando che, dopo 18 anni, si possa finalmente fare luce sulla morte di Chiara Poggi.
Perché il caso Garlasco continua a interrogarci
La vicenda di Garlasco non è solo un caso di cronaca nera, ma un esempio di come la giustizia, i media e l’opinione pubblica possano intrecciarsi in modo complesso e, a volte, problematico. Le nuove indagini rappresentano un’occasione per correggere eventuali errori del passato, ma anche un monito: la ricerca della verità richiede rigore, silenzio e rispetto per chi, come Chiara, non può più raccontare la sua versione dei fatti.