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“Ciao, se vuoi venire a Bergamo per la trasferta con l’Atalanta fammi sapere che vedo di darti una mano”.

Da qui, sembra strano, ma è partita la trasferta romana del solito contubernio bergamasco. Sì, perché Andrea, l’amico dderoma incontrato in alcune trasferte durante la stagione scorsa, ha poi ricambiato in maniera impeccabile ed eccellente l’ospitalità ricevuta in quell’occasione. E’ diventata ormai quasi una prassi darsi una mano in queste occasioni come accaduto sempre a lui nell’occasione di Monza-Salernitana dove gli Amici del Monza l’hanno accolto con il suo amico salernitano. D’altronde il gruppo si chiama “Amici” non a caso.

Ma torniamo al contubernio. Eravamo già pronti a sbarcare nella capitale in occasione di Lazio-Monza, tutti carichi ed anche più visto che, per la prima volta, avrebbero partecipato anche le ragazze bergamasche grazie ad uno speciale allineamento degli astri. Ci ha poi pensato Lotito a raffreddare drasticamente gli animi sparando un prezzo del biglietto che manco fosse una finale di Champions… Nostro malgrado rinunciammo.

Questa volta, però, non c’erano più scuse, si sarebbe tornati nella capitale come in una calda giornata d’agosto quattordici mesi prima. Siamo solo in cinque questa volta ad affollare il van targato BG e decidiamo di partire il sabato pomeriggio dopo le 15:30 perché la scuola è sacra e perché se si prende un impegno (in questo caso quello di allenare dei bambini) lo si onora fino in fondo. Non ci sono deroghe. Nemmeno per il Monza.

La mattinata parte decisamente bene. Due casse di birra sono vuote ma manca ancora una bottiglia per riempire la terza con i vuoti a rendere e non avendo nessuno che potesse darmi una mano, mi sacrifico. Carico le tre casse vuote e vado dallo “spacciatore” abituale. “Ciao! Arrivi nel momento giusto!” mi fa andare nel retrobottega dove salumi, panini, formaggi ed ovviamente birra riempivano il tavolo. E vabbè, facciamo anche questo secondo aperitivo. Dopo aver riempito il furgone di birra (non si sa mai, e se a sud del Serio han perso l’abitudine di bere alcolici? Meglio essere pronti ad ogni evenienza…) inizio a raccogliere una prima figlia a scuola, passo a prendere moglie e altro figlio a casa, li porto a mangiare mentre vado a raccattare l’altra figlia che frequenta in città. Insomma, un via vai mai finito dove incastrare ogni cosa. Anche il fatto di far accompagnare figlio-2 da figlio-1 alla partita, questo mi ha permesso pure di pranzare (come se ne avessi avuto bisogno dopo il leggero aperitivo…). Alla fine di tutto, l’ultima tappa prima della partenza è nel cortile di un oratorio della valle dove ci raggiunge figlio-2 e dove veniamo subissati da in bocca al lupo oltre che di consigli su come trattare la capitale ed i suoi abitanti. D’altronde è noto che tra romanisti e atalantini non corra buon sangue. Eufemismo.

Il viaggio scorre piuttosto tranquillo. Non ci sono avventure particolari se non che avevamo appuntamento con il già citato Andrea ad Ariccia per le 21:00/21:30 circa. Più o meno erano circa 650 km da dove siamo partiti alle 15:30. Non è che potevamo prenderla con troppa calma… Qualche tappa bagno ed un piccolo errore di svincolo a Verona non hanno comunque troppo compromesso il timing ed arriviamo ad Ariccia intorno alle 21:30 (poco più, poco meno) e senza aver esagerato con il consumo di birra. “Stiamo maturando!” disse il batterista astemio.

La regina della serata è stata sua maestà “porchetta” ma non è che carbonara, coppiette, antipasti vari ed arrosticini abbiano fatto solo da contorno. Ed anche il cambio da birra in vino rosso “de li castelli” non ha fermato la sete della truppa. Aggiungiamoci pure i racconti di calcio dell’amico oste daspato (“in campionato e non in coppa. E a gennaio ritorno…”), del vicino del tavolo che non ho ben capito cosa facesse ma si è messo a parlare di giovani calciatori e di Zingonia, al fatto che praticamente siamo usciti mettendo le panche sui tavoli ed abbassando la saracinesca. Serata decisamente piacevole ed in ottima compagnia. Poi il viaggio verso Monte Sacro. Definirlo quartiere di Roma mi viene davvero difficile. Praticamente una città nella città. Come molti altri quartieri di Roma d’altronde.

Andrea ci accompagna e noi prendiamo possesso dell’appartamento messoci a disposizione. “Prendilo come è, senza pretese, perché lo stiamo liberando”. Per noi è come se fosse stata la Villa Reale. Mentre io e la figlia più piccola prendiamo possesso dell’appartamento, il batterista astemio, gli altri figli e lo stesso Andrea se ne vanno di sotto dove c’è un pub. “E’ un amico mio” disse Andrea “Allora ci presenti e poi vai pure a casa” rispose il batterista astemio. Fu così che tornarono dopo circa un’ora, intorno alle due, quando noi stavamo quasi per addormentarci. Vi dico solo che mi sono dovuto alzare io per aprire la porta nonostante avessero le chiavi… Non so bene cosa avessero voluto dire (e probabilmente non voglio nemmeno saperlo) quando mi han detto che Andrea ed il barista gli hanno fatto il giro d’Italia con gli amari.

La mattina apro gli occhi e figlia-1 è sul balcone che guarda l’alba romana. C’è luce:”Che ore sono?” “le 8”. Eravamo d’accordo alle 8:30 con Andrea quindi mi alzo. Prendo il telefono che vedo all’8% e faccio in tempo a leggere un messaggio dove lo stesso Andrea mi mandava una foto del parco dove era chiedendomi di avvisarlo quando eravamo pronti. Ma come azzzz… Io ho fatto fatica ad alzarmi ed avevo due walking dead nella stanza a fianco e lui era già in giro per parchi??? Un grande!
Dopo colazione con bombe e cornetti a cui non ho partecipato (pare strano ma io salto spesso la colazione) ma che gli altri hanno apprezzato, veniamo accompagnati alla metro. Da lì arriviamo ad Ottaviano cambiando treno ma sempre con la compagnia di diverse sciarpe e maglie giallorosse. Usciti dalla metro decidiamo che il tempo sarebbe stato sufficiente per fare un salto in San Pietro ma quasi lì ci siamo resi conto che sarebbe stata l’ora dell’Angelus e tutto quello che ciò comporta, infatti era tutto blindato. Torniamo sui nostri passi ed andiamo verso lo stadio quando si sono “chiuse le acque del Mar Rosso” e siamo stati investiti da un imprevisto acquazzone. Stoicamente arriviamo allo stadio dopo aver attraverso tutto il foro italico. Sempre una zona che lascia un bellissimo ricordo con l’impatto visivo di costruzioni moderne e antiche addobbato da statue imponenti. Veramente una bella area. Anche se, come spesso accade, migliorabile nei dettagli.

All’ingresso ospiti, dopo aver circumnavigato l’intero Olimpico, troviamo una calda accoglienza composta da due controlli documenti, tre perquisizioni ed un’ultima stazione dove ci hanno fatto pure togliere le scarpe. E tutto questo per la nostra sicurezza! Che poi solo nel settore ospiti? Negli altri settori non mi risulta che abbiano fatto togliere le scarpe ed abbiano subito tutti questi controlli. Quando entriamo, sia nel nostro settore che in tutti gli altri dello stadio, abbiamo ritrovato quella figura che personalmente non vedevo dagli anni novanta e cioè il bibitaro che vendeva birra versandola in bicchieri di plastica ma aprendo le bottiglie di vetro sul posto. Sicurezza massima… Detto questo, la prima cosa che ho fatto è stato chiedergli se si chiamava Luigi sentenziando poi che quel lavoro era un piccolo passo per lui ma un grande passo per la sua futura carriera politica! Non credo abbia capito ma mi ha sorriso ugualmente. Simpatico!

Della partita non vi parlo. Lo fanno già gli esperti di tecnica e tattica o chi è certamente più dentro la notizia di me. Vi dico solo che il clima nel nostro settore si è infiammato già dai primi minuti dove era chiaro che l’arbitro era in giornata storta. Con errori clamorosi uno dietro l’altro e con decisioni al limite del cervellotico. Aggiungo anche il fatto che mi pare incredibile che un arbitro non possa prendere provvedimenti per il comportamento indegno di una società che dopo il gol ha fatto sparire raccattapalle e palloni costringendo, per esempio, Carboni a correre sotto la nostra curva per recuperare un pallone uscito davanti alla nostra panchina. Comportamento indegno, vergognoso e soprattutto antisportivo che sarebbe da sottolineare sempre e comunque ma che, al contrario, si lascia spesso passare perché “così fan tutti”. Non è vero! Sono questi i piccoli dettagli che fanno male al calcio.

Sì, confesso, ero particolarmente nervoso ed incazzato. E dopo aver ricevuto dalla Monte Mario un sacco di insulti all’ingresso, penso di avergliene restituiti altrettanti, se non di più, durante tutto il resto della gara. Ed alla fine c’è pure chi ha avuto il coraggio di scambiare le sciarpe… Gesto che rispetto, intendiamoci, che vorrei vedere più spesso, ma fatto con amici (come avvenuto la sera prima ad Ariccia, anche se più che uno scambio è stata un’estorsione) e non con chi non conosci e con chi, fino ad un secondo prima, ci si è insultati. Vabbè, ma questa è un’idea mia.

Finita la partita il sentimento contrastante della consapevolezza di aver fatto una grande prestazione ma di non aver portato a casa punti per colpe non tue è davvero snervante. Ma abbiamo circa un’ora per sbollire la rabbia, il solito tempo nel quale ci recludono nel nostro settore ma anche la Curva non ha così voglia di cantare come in altre occasioni. Qualche coro e poi si spegne tutto piuttosto presto. Ma almeno qui il bar funziona ancora, non come a San Siro dove, tra l’altro, c’era una temperatura insopportabile e manco una bottiglia di acqua a disposizione.

Quando il servizio di sicurezza (sempre e comunque da ringraziare nonostante forse qualche esagerazione) decide di lasciarci uscire, raggiungiamo Andrea e ci facciamo una camminata fino a dopo ponte Milvio dove aveva parcheggiato. Lungo il tragitto in mezzo a moltissime maglie e sciarpe giallorosse che non ci hanno in alcun modo considerato, l’imbecille di turno che ci insulta lo troviamo. Peccato fosse in compagnia di un paio di bambinetti che non pagherebbero il biglietto a Gardaland. Che gli vuoi dire? Gli ridi in faccia e lo mandi tacitamente dove gli ha insegnato Alberto Sordi molti anni fa. Nella massa, il pirla lo trovi sempre. Ignorarlo è sempre meglio.

Torniamo a recuperare il van, salutiamo e ringraziamo per la grandissima ospitalità l’amico Andrea e ci fiondiamo a pranzare (alle 17!!!) al primo fast-food che incrociamo. Ci aspettano altri 600 km di viaggio che sarebbero anche passati tranquilli e veloci se non fosse stato che il mezzo ha manifestato alcuni rumori sospetti e ci ha costretti a qualche pausa e verifica in più del previsto. Alla fine siamo comunque arrivati a casa intorno alle 23, in circa 5 ore e mezza. Diciamo che il traffico intenso ma decisamente scorrevole ha aiutato.

Che rimane da dire? Grazie per essere arrivato fin qui a leggere. “Ma se nun ce sei arrivato, hai capido, chette lo dico a fà? Cioè, nun hai capido proprio? No, dai, nun poi non avè capido”. Questo è il risultato del corso intensivo di romano di questi giorni. Voglio chiudere, però, con un doveroso saluto. Hola. 12:30. Questo, purtroppo per voi, è il risultato di oltre 12h passate sul van-BG e non tutto è spiegabile. Sono esperienze che, nel bene e nel male, vanno solo vissute.

Cioci_BG