Monza, notte in Bianco: a Empoli pareggio amaro, punti persi e tanti rimpianti (1-1)
I brianzoli non vanno oltre l'1-1 al Castellani contro i toscani. Vittoria sfumata e punti lasciati per strada dalla squadra di Bianco. L'analisi del match.

"Il calcio è uno sport di errori. Chiunque faccia meno errori vince". Dal Vangelo secondo Johan Cruijff. Verità.
Errori, dannati errori.
Errori che determinano i gol, i risultati, le gare.
Errori che danno, ma soprattutto tolgono. Non solo i punti gettati al vento al Castellani, ma anche la stabilità emotiva, le energie impiegate, il morale.
“Notte in Bianco” a Empoli, e la canzone di Blanco non c’entra nulla. È il Bianco del Monza, Paolo, a cadere nelle provocazioni di Pagliuca e a beccarsi un rosso diretto, finendo dritto negli spogliatoi. Poco dopo aver sostituito Ciurria per infortunio e Caprari per un motivo non specificato.
Una trasferta surreale, da giallo all’italiana, tra Profondo (Bianco)rosso e Non ho sonno. Perché è impossibile prendere chiudere occhio dopo una partita del genere, che il Monza aveva in pugno e non ha avuto la personalità giusta per risolverla, con tantissimi “refusi” da matita rossa.
Sciupando e buttando via un quantitativo spropositato di situazioni da gol, con due pali colpiti nel primo tempo, tiri sbagliati in area e poca lucidità sotto porta.
La serata di Empoli è foriera di rimpianti, di grande amarezza e tanta delusione. Per ciò che poteva e doveva essere, il match del riscatto dopo il ko contro il Padova; e invece non è stato, l’ennesima occasione persa, con un pareggio che migliora la classifica, ma acuisce il malumore.

Questione di scelte e qualità
Il Monza mette la tenda nella metà campo avversaria, costruisce palle gol, poi passa in vantaggio, ma non chiude i conti, si fa harakiri concedendo l’1-1 agli azzurri - con gentile omaggio di Birindelli e Thiam - e, nel finale, non riesce a buttarla dentro.
Questione di testa e qualità, ma anche di cattiveria agonistica che manca all’appello, quella garra furente che, ad eccezione del Canario (questa volta non ispirato) e di Keita (migliore in campo per distacco, un fuoriclasse per la categoria…con un minutaggio finora troppo basso), è il tallone d’Achille dei biancorossi.
Senza dimenticare le scelte, decisive in un senso o nell’altro nel corso dei 90’ minuti.
Scelte che i brianzoli non indovinano, con Bianco che sperimenta una formazione inedita non per sistema di gioco, ma per interpreti poco impiegati finora.
Scelte che, considerando l'ampio turnover e uno scacchiere parecchio rimaneggiato, pesano in negativo come la spada di Damocle (servirebbe quella di Estorre Visconti, presente nello stemma del club) puntata sul capo della squadra. Che prova a rendersi pericolosa, cuce il gioco e poi lo disfa, trova le misure e non incide, è leziosa negli ultimi metri, imprecisa nel cuore dell'area, spreca i regali grossolani della difesa toscana e fallisce con Galazzi e Alvarez due gol a porta vuota. La manovra è intermittente, a tratti valida e a tratti confusa, con un avversario che ha concesso l’inverosimile e ha siglato il pareggio, clamorosamente, in una delle pochissime chance a disposizione.
Ancora una volta la differenza sta nel risultato, con il Monza che fa nettamente meglio delle prime 5 partite, ma raccoglie il bottino minimo contro la peggior formazione affrontata ad oggi. E perde punti per strada, con un piatto che continua a piangere tremendamente: 8 lunghezze in classifica, meno del 50% su 18 totali, e un -6 dalla vetta.

La sfortuna non esiste
C'è rammarico, tantissimo, unito alla sensazione che la squadra non abbia quel mordente necessario per piazzare la zampata e azzannare le partite. Leggerezze davanti alla porta, sbavature in difesa, frenesia nel giocare il pallone, cali di tensione, manovra senza ossigeno e una squadra che sembra trascinarsi con inerzia, come se non fosse libera mentalmente e settata sulla giusta frequenza.
E la sfortuna, ancora una volta, non è un fattore a cui appellarsi.
Perché la fortuna, ritorna ancora Cruijff, “non esiste”.
Se davanti alla porta gli attaccanti, o i giocatori di turno, non segnano la colpa non può essere della sfortuna. Magari del portiere avversario che si oppone provvidenzialmente, ma non della sfortuna. Il calcio è uno sport spietato, talvolta crudele: laddove finiscono i meriti altrui, iniziano i demeriti propri. E gli errori si pagano sempre. Non conta l'andamento, ma il risultato: pensare in questo momento di raggiungerlo col miglior gioco possibile, cosmetico e spettacolare (cosa che, allo stato dell'arte, nessuno in Serie B sta esprimendo), è una “finezza” che il Mona non si può permettere. Occorre dare sostanza al gioco e concretezza in fase realizzativa, blindando le partite e ripararsi da eventuali imprevisti.
Seppur con una prestazione non esaltante e di “corto muso”, il Monza è riuscito a battere la Sampdoria. In terra toscana, invece, dominando 70' è uscito dal campo con un misero punticino.
Ergo, come afferma il detto: “meglio un uovo oggi che una gallina domani”.
Rabbia, frustrazione, insoddisfazione: i biancorossi dovranno velocemente cambiare registro e lasciare tutto alle spalle, trasformando tutto in grinta, cinismo e coraggio. Con quella fame di vittorie che non deve mai mancare e sarà fondamentale ritrovare nel prossimo impegno, sabato 4 ottobre, all'U-Power Stadium contro il Catanzaro.
I margini per migliorare ci sono, ora vanno sfruttati.
Lavoro, lavoro e ancora lavoro.
Work hard, play hard.
A cura di Andrea Rurali