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Foto Unica Tv
Foto Unica Tv

La riflessione del giovane collega Federico Ferrario è arguta e centratissima: “La sosta per le nazionale è stata disastrosa, ogni giorno uno scandalo”. Dopo i calciatori che scommettevano su gare del campionato in cui giocavano, ecco il caso Papu Gomez. Sia ben chiaro da subito il mio pensiero: contrariamente alla questione scommesse, nel caso del Papu lo scandalo non è imputabile al giocatore argentino. Lo scandalo è figlio esclusivo di un calcio in cui, per arrivare al vertice di chi lo governa, il requisito principale da indicare sul curriculum e su cui vengono effettuate le nomine sia quello dell’incapacità totale.

Sulle pagine de La Gazzetta dello Sport di oggi, un giornalista esperto come Andrea Masala fotografa al meglio la vicenda, surreale nei modi e soprattutto nei tempi. “Undici mesi…Con quei tempi i conti già non tornano” è il titolo della sua acuta e condivisibilissima riflessione sul caso Gomez. Premetto che non voglio entrare nel merito della valutazione tecnico-scientifica del farmaco assunto dal Papu. Voglio però sottolineare che l’anno o quasi di tempo che la commissione antidoping spagnola ha impiegato per prendere una decisione sul caso di un giocatore che era stato sottoposto ad analisi nell’ottobre 2022 è qualcosa di sconvolgente. Ma cosa hanno fatto nel frattempo i commissari? Capisco che in terra iberica tapas e cerveza sono un ottimo motivo di distrazione e di rilassamento, ma un anno o quasi per emettere una sentenza mi pare davvero che non accada neppure nel mondo dei bradipi. Con il giocatore, tra l’altro, che ha disputato nel frattempo il Mondiale in Qatar e l’intera stagione scorsa col Siviglia. 

Nel silenzio-assenso più totale di FIFA e UEFA.

Confermo il mio pensiero, già espresso qualche giorno fa riguardo la vicenda delle scommesse. Quando il pesce puzza dalla testa il danno è garantito e riparabile solo con misure drastiche. Perché un calcio che mostra queste irragionevolezze e questa totale assenza di buon senso non è solo destinato a perdere la qualifica di sport più bello del mondo; ma è anche destinato ad una fine ingloriosa e immeritata per chi ne è appassionato.

Paolo Corbetta