Ruspe a Monza, via alla demolizione del carcere di via Mentana: cosa succede ora
Al via la demolizione del carcere storico, al suo posto 70 abitazioni in affitto e spazi commerciali.

Al posto delle celle sorgerà un moderno plesso residenziale, progettato per ospitare 70 abitazioni in affitto, a pochi passi dal centro storico, dalla stazione ferroviaria e dalle principali arterie stradali che collegano Monza alle autostrade e alle tangenziali. L’area, che si estende su oltre 4.000 metri quadrati, vedrà una piccola porzione al piano terra, di 154 metri quadrati, destinata a spazi commerciali. La società incaricata del progetto verserà al Comune di Monza circa 900.000 euro, tra monetizzazioni standard e oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, oltre a un contributo negoziato di 250.000 euro. Parte degli appartamenti sarà proposta a prezzi calmierati, un’iniziativa pensata per sostenere chi fatica ad affrontare i costi del mercato immobiliare.
La storia di un edificio centenario

Il carcere di via Mentana affonda le sue radici tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Progettato per accogliere detenuti in attesa di giudizio, l’edificio si sviluppa su una pianta quadrata, con due cortili, uno perimetrale e uno interno, circondati da un imponente muro alto oltre dieci metri. Le torrette di controllo agli angoli completano una struttura che, ancora oggi, incute un senso di reverenza. La sua silhouette austera è stata per generazioni un elemento distintivo del paesaggio urbano monzese, un monito silenzioso della sua funzione.
Un luogo di sofferenza durante il fascismo
Durante gli anni del fascismo, il carcere di via Mentana fu teatro di drammi umani. Negli anni ’30 ospitava appena 68 detenuti, ma nel 1992, quando iniziò il trasferimento verso la nuova struttura di via Sanquirico, il numero era salito a 200, con celle sovraffollate che arrivavano a contenere fino a 15 o 20 persone in condizioni precarie. Lo storico Pietro Arienti stima che circa 500 antifascisti e partigiani vi furono incarcerati. Tra loro, Oreste Ghirotti, arrestato il 18 febbraio 1944 e morto suicida dopo quattro giorni di torture, temendo di cedere e tradire i compagni. O i “martiri di via Silvio Pellico” – Pietro Colombo, Luigi Dell’Orto, Giovanni Inzoli, Giuseppe Malfasi e Gianfredo Vignati – reclusi per attività antifasciste e fucilati il 16 marzo 1945 dopo l’uccisione di un comandante nazista. Anche gli edifici vicini, parte del vecchio Macello, furono usati per interrogatori di prigionieri antifascisti.
Un futuro che guarda alla comunità
La demolizione del carcere segna la fine di un’epoca, ma anche l’inizio di un progetto che punta a rigenerare il quartiere. Il nuovo complesso residenziale non sarà solo un intervento edilizio, ma un’opportunità per rispondere ai bisogni abitativi di Monza, con un’attenzione particolare alle fasce più fragili grazie agli affitti calmierati. La trasformazione dell’area, vicina al cuore pulsante della città, promette di integrarsi con il tessuto urbano, portando nuova vitalità senza cancellare il ricordo di un passato che, tra luci e ombre, ha plasmato l’identità monzese.