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Mi sarebbe piaciuto trattare solo di calcio giocato in questo mio “punto” pasquale. Mi sarebbe piaciuto dire che solo un episodio avrebbe potuto sbloccare un equilibrio tattico che aveva trasformato un match calcistico in una partita a scacchi. Mi sarebbe piaciuto dire che Palladino e Juric, nonostante l’amicizia e la comune ispirazione al calcio di Gasperini, fanno giocare le loro rispettive squadre in modo decisamente diverso, con il Monza amante del fioretto ed il Torino della sciabola e talvolta del martello. Mi sarebbe piaciuto…ma non posso. I fatti mi costringono a qualche necessaria deviazione. A briglie sciolte, considerato che ne ho la facoltà, contrariamente ad un Raffaelle Palladino che ha giustamente preferito evitare guai dopo le assurdità viste in campo a Torino. E contrariamente ad un Adriano Galliani, che, con molta eleganza, ha soltanto fatto cenno agli episodi contrari che hanno deciso la gara.

cairo torino

Monza sconfitto dall’arbitro, non dal Torino: per Juric e Cairo è come aver vinto la Champions...          

 Ieri all’Olimpico Grande è stato il trionfo del “c’era una volta…”. C’era una volta una classe arbitrale italiana seria, attenta, meritevole ed equa. Oggi, una delle malattie peggiori del calcio di casa nostra è la pochezza di chi, dal campo o dalla sala VAR di Lissone, ha questa funzione. Una banda di squinternati, che, come accaduto ieri a Torino, dà nell’arco di pochi minuti interpretazioni diverse di situazioni analoghe. Non c’è un filo di logica coerenza che unisce il penalty decretato a favore dei granata, l’episodio costato l’espulsione a Pessina, il rigore non concesso per il fallo su Mota.

C'era una volta il grande Torino… 

C’era una volta anche il grande Torino, inteso come società. Senza andare agli anni precedenti la tragedia di Superga, c’era il Torino del presidente Orfeo Pianelli, alla guida di una società che, con in panchina Gigi Radice, fu protagonista del miracolo di vincere il campionato ai danni di una potentissima e fortissima Juventus di Agnelli e Boniperti. Oggi abbiamo il Torino di Urbano Cairo, sceso di persona in campo alla fine della gara col Monza per festeggiare un successo che deve essergli sembrato come vincere la finale di Champions League contro il Real Madrid o il Manchester City. Perché per lui questa vittoria ha un’importanza psicologica enorme. Aver battuto il Monza del suo maestro di imprenditoria Berlusconi (di cui è stato assistente personale agli inizi della sua carriera), ha dato a Cairo la sensazione di toccare il cielo con un dito. Di essersi avvicinato al maestro, di averlo quasi pareggiato. Editoria, TV, proprietà di una squadra di calcio, pur con le debite proporzioni di grandezza economica e di traguardi sportivi raggiunti. Ma con una differenza sostanziale, almeno in un settore dell’editoria. Cairo ha fatto diventare il più importante quotidiano sportivo italiano, un tempo autorevole ed equilibrato, un giornale di parte, di livello quasi parrocchiale (la sua parrocchia, ovvio), senza remore e senza vergogna. Se ancora ce ne fosse bisogno, vi invito a leggere la Gazzetta dello Sport di oggi e a valutare l’enfasi data al successo granata di ieri ed il tono univoco dei commenti alla gara. Buona Pasqua a tutti! Paolo Corbetta