Il carcere di Monza è al collasso: tra malattie e incuria, cosa sta accadendo
Sovraffollamento, malattie e pochi agenti: i sindacati denunciano il collasso del carcere di Monza

Secondo un comunicato unitario dei sindacati della Polizia penitenziaria, la situazione del Casa circondariale di Monza avrebbe raggiunto un “punto di non ritorno”.
L’episodio che ha fatto esplodere le tensioni è stata l’aggressione del 31 agosto scorso al reparto psichiatrico del Ospedale San Gerardo, dove un detenuto piantonato ha ferito due agenti e colpito personale sanitario.
«Non è un caso isolato, ma l’ennesima manifestazione di un sistema allo sfascio», hanno scritto i sindacati, minacciando lo stato di agitazione se non arriveranno risposte urgenti e immediate dal Ministero della Giustizia, dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) e dal Provveditorato regionale della Lombardia.
Sovraffollamento e condizioni igieniche precarie
Il sovraffollamento è descritto come il principale detonatore della crisi: 740 detenuti a fronte di 410 posti regolamentari, con sezioni pensate per 50 persone che ne ospitano 75.

Molti sono costretti su brandine pieghevoli e convivono in condizioni definite “indegne di un Paese civile”.
Le camere vengono periodicamente chiuse per disinfestazioni da cimici e scabbia, ormai problemi endemici. Alcuni detenuti, pur di sottrarsi a queste condizioni, chiedono di essere messi in isolamento volontario, esasperando ulteriormente il clima di tensione.
Carenze di personale e stress tra gli agenti
I sindacati denunciano anche una grave carenza di organico: mancherebbero almeno 40-50 agenti per garantire un funzionamento regolare.
Il personale attuale è esausto, logorato da turni massacranti e assenza di riposi, con livelli di stress cronico che mettono a rischio la salute psico-fisica degli operatori.
Nel comunicato si invoca più prevenzione, controlli, potenziamento delle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) per i detenuti psichiatrici e il rispetto delle norme igienico-sanitarie previste dall’ordinamento penitenziario.
Ultimatum dei sindacati: «Basta silenzio dalle istituzioni»
«Chi è presente ogni giorno sono solo gli operatori, che pagano con la propria salute e il proprio sangue», afferma il comunicato.
Se non arriveranno risposte tempestive e concrete, scatterà lo stato di agitazione, con possibili scioperi e mobilitazioni nelle prossime settimane.