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«A Morbegno, provincia di Sondrio. Papà muratore, tifoso della Fiorentina, gli piaceva Hamrin; mamma sarta. Quando un dirigente del Monza venne a casa a dirmi che mi avevano preso, mio padre era euforico, mia mamma disperata. Mi era stato appena promesso un posto in banca. “Ma cosa vai a fare il calciatore?”, mi disse. A quei tempi era così».

Da quel momento Antonelli ha intrapreso un percorso che lo ha portato a vestire maglie prestigiose, ma il primo soprannome “Cruijff della Brianza” nacque proprio nei suoi anni biancorossi.

«Già a Monza dicevano che ero il “Cruijff della Brianza”, insomma, avevo un po’ le sue movenze, ma non scherziamo».

Da Monza al Milan: l’eredità di Rivera e l’esordio con Liedholm

Il passaggio al Milan lo ha consacrato a livello nazionale. Proprio in rossonero nacque il soprannome con cui è ancora oggi conosciuto: Dustin.

«Ricky Albertosi, appena arrivai al Milan. Mi disse: “Ma sai che sei uguale?”. Da lì: Dustin per sempre. Ci sono affezionato. I miei tre nipoti mi chiamano Nonno Dustin».

In rossonero ha vissuto momenti esaltanti, come lo scudetto della Stella, ma anche le due retrocessioni.

«Nel Milan della Stella giocavo alle spalle di Stefano Chiodi, il punto di riferimento in attacco. Io, Bigon, Novellino, Rivera, ci davamo il turno. Giocavamo un calcio ragionato, cercavamo il palleggio. Quell’anno segnai cinque gol. Il più importante contro la Roma a San Siro. Nei minuti finali mi procurai il rigore. Il rigorista era Chiodi, ma Liedholm indicò me: “Tiralo tu”. Chissà come mai decise così, forse per scaramanzia».

Allenatore anche a Monza, ma la salute lo ha fermato