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Monza. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con il grande Ivano Bordon, estremo difensore di Inter, Sampdoria e Brescia, campione del Mondo nel 1982 e vincitore della panchina d’oro nel 2006 che ci ha presentato il suo nuovo libro “In presa Alta” curato dal collega Jacopo Dalla Palma (ex collaboratore di Monza-News) dove racconta la sua grandissima carriera.

Bordon, quando ha capito che il calcio sarebbe stato il lavoro della sua vita, dov’è iniziato tutto?

"Già da bambino a 10-11 anni passavo con i miei coetanei le ore dopo la scuola all’oratorio o per strada a giocare. Poi a 11-12 anni andai con mio zio Mirko a Mestre a fare un allenamento con un allenatore che conosceva anche mio padre, Borsetto Elio, che l’anno successivo mi portò ad allenarmi a Mirano. Feci tutto l’anno ad allenarmi con la squadra, i più grandi facevano la serie D, e al compimento del quattordicesimo anno di eta’ giocai le mie partite con gli Allievi. L’anno successivo giocai nella Juventina di Marghera, squadra del mio paese, e da lì dopo un provino ad Appiano passai all’Inter. Venendo a Milano con la passione, i sacrifici, per me e per i miei genitori, ho capito con l’insegnamento dei miei allenatori, l'importanza del professionismo ed ho lavorato sempre con tenacia e convinzione volendo arrivare ad essere un portiere professionista.

A Milano è stato per oltre dieci anni l’estremo difensore dell’Inter, quanta responsabilità si è sentito addosso?

"Essere il portiere dell’Inter non è stato facile, però oltre a quelle che erano le mie qualità tecniche devo dire che ho avuto la fortuna di crescere con giocatori di grande umanità, come Lido Vieri, Burgnich, Facchetti, Mazzola, Corso e Boninsegna fra gli altri e allenatori con grande saggezza, Invernizzi, Masiero e Bersellini su tutti, che mi hanno fatto capire l’importanza di come si deve comportare un giocatore di una squadra come l'Inter."

Che emozioni ha provato quando ha vinto i suoi due scudetti giocando e il Mondiale 1982 da dodicesimo?

"Io ho esordito in serie A con l’Inter nel novembre del 1970 a 19 anni e mezzo in un derby, entrando nel secondo tempo al posto di Vieri. Quello è stato l’anno dell'undicesimo scudetto con 9 presenze, e giocando soprattutto nella partita del sorpasso sul Milan, vincendo a Catania 1-0, quindi immaginate che grande gioia e soddisfazione per un giovane come me. Altra grandissima soddisfazione è aver vinto il Mondiale del 1982, una squadra incredibile con diversi giocatori dell’inter. Io avevo davanti un monumento come Dino Zoff, ma cercavo di mantenere sempre la concentrazione perché se ci fosse stato bisogno avrei dovuto essere pronto subito. Comunque, vittorie come quelle ti danno una carica morale che non si può descrivere facilmente, il massimo davvero per ogni giocatore.

E’ stato convocato prima come terzo e poi come secondo portiere ai Mondiali del '78 e '82. Sperava di essere titolare nel 1986 dove non è stato convocato e dove il Zoff non fece molto bene?

"Devo sempre ringraziare Bearzot che mi ha convocato e fatto esordire in Nazionale, anche se nell’86 in Messico non mi aspettavo quel suo comportamento nei miei confronti. Seppi di non essere nella lista dei convocati dalla radio, bastava chiamarmi e dirmi: 'Ivano ho altre idee'. Mi sarebbe dispiaciuto fortemente lo stesso, ma sarebbe stato diverso sentirlo dalla sua voce. Dopo anni nella partita di addio di Cabrini, si avvicinò a me e mi disse: “Sei ancora arrabbiato con me?" Io gli dissi di non preoccuparsi e prima di andarsene guardandomi negli occhi mi chiese scusa. Quella non convocazione e soprattutto il modo in cui l'ho saputo è stato un momento brutto, una vera delusione perché ci credevo e ci stavo lottando dopo il ritiro di Zoff. In quel Mondiale fino al giorno della prima partita non sapeva chi far giocare, fra Galli o Tancredi. Alla fine giocò Galli ma non credo che il portiere fosse il problema di quella squadra, il ciclo Bearzot era ormai alla fine come nell'ordine naturale delle cose, peccato perché forse anche in Messico con un pizzico di fortuna in più potevamo arrivare più lontano."

Prima nell’Inter e poi in Nazionale e’ stato sostituito da Walter Zenga, curioso no?

"Con Walter ho avuto sempre un buon rapporto, mi disse subito che faceva il raccattapalle dietro la mia porta a San Siro e da qualche parte infatti ho anche una foto che lo testimonia. Ha fatto un anno il mio dodici, e poi mi ha sostituito all’Inter e, come sapete tutti, ha fatto davvero bene, non ha smentito quello che si dice da sempre che l’inter ha sempre avuto buoni portieri. Anche in Nazionale la società’ nerazzurra è sempre stata rappresentata bene da nerazzurri in questo ruolo.

Come’ stato il passaggio da giocatore ad allenatore?

"Avevo già’ in mente cosa potessi fare dopo aver smesso di giocare, la mia passione per il calcio e per quel ruolo mi hanno fatto rimanere in quello che è stato il mio ambiente per una vita. Volevo seguire i portieri, per poter dare a loro la mia esperienza tecnica e psicologica. Ci sono riuscito, con l’aiuto sempre di chi poi mi ha voluto nel proprio staff tecnico, come ad esempio Lippi. Comunque, devo dire, che per un calciatore che smette e non ha programmato qualcosa per il post carriera non è facile inserirsi in altri contesti, io sono stato fortunato nel trovare subito Lele Oriali, ex compagno dell'Inter. Era direttore generale alla Solbiatese e mi ha voluto con lui, e da lì grazie a lui, un amico vero ancora oggi, è iniziata la mia carriera da allenatore. Negli ultimi anni ho aiutato anche Maurizio Galli, preparatore e selezionatore della Juvenilia Monza e della Rappresentativa Monza e Brianza. Purtroppo, proprio in questi giorni, il Coronavirus l'ha colpito e non ce l'ha fatta. Per me è un grande dolore la sua perdita, perché era una persona seria e preparata con cui spesso ci sentivamo e passavamo i weekend in giro per i campi della Brianza a cercare talenti. Mi mancherà davvero tanto, come le nostre prese in giro al lunedì mattina a commentare e difendere io l'Inter e lui la Juve. Con lui ho passato anni splendidi e abbiamo dato tanti consigli a giovani calciatori. Sono vicino in questi giorni tristi a sua moglie e al figlio, non lo dimenticherò."

Qual è stato il miglior portiere che ha allenato e quello che pensa di aver fatto crescere di più?

"Ho allenato diversi portieri negli anni, tutti già bravi, esperti, però penso di aver dato lo stesso a tutti loro indirizzi tecnici utili e psicologici. Se devo dirti chi sia il migliore è davvero difficile, posso solo dire che Peruzzi e Buffon sono entrambi ad un livello super, quasi fuori dalla norma."

Quali differenti sensazioni ha provato quando ha vinto i mondiali del 82 e quelli del 2006?

Le sensazioni che ho provato nei due mondiali vinti sono molto simili per me, nel senso che nel 1982 ero sempre pronto ad entrare e avrei scaricato tutto giocando ma al contempo ero sempre teso e vivevo la partita in un modo collettivo con gli altri giocatori. Da allenatore, ero sempre teso per osservare quello che faceva il portiere che allenavo, se poi quello che avevamo detto insieme o preparato riusciva a eseguirlo in campo la soddisfazione era doppia. Ero coinvolto in modo diverso però perché in campo non potevo scendere io, gioia e delusione si alternavano a seconda di vittorie e sconfitte, ma ho avuto la fortuna di allenare grandi campioni che mi hanno fatto vincere ancora tanto.

Il 12 marzo e’ uscito il suo libro “In presa Alta”, dove racconta la sua lunga carriera con tanti aneddoti e curiosita’, perche’ solo oggi ha pensato di mettere nero su bianco la sua grande storia?

"Questo mio libro era da qualche anno che avevo in mente di scriverlo, perché volevo ripercorrere la mia vita non solo calcistica e trasmettere ai giovani la mia esperienza calcistica anche dal lato umano. Ho avuto un contatto con Jacopo Dalla Palma, curatore della Colllana sportiva Olympia per Caosfera Edizioni e da li abbiamo iniziato a scrivere insieme. In circa un anno abbiamo completato l'opera e grazie anche alle foto di Alessandro Ravezzani che ringrazio siamo arrivati alla pubblicazione. Nel libro ripercorriamo anche le emozioni vissute con le maglie di Sampdoria e Brescia nel post Inter, anche quelle bellissime esperienze soprattutto a Genova dove ho vinto una Coppa Italia. Il libro ci sembra bello, ma siamo di parte, peccato per il momento in cui è uscito. Ora per prima cosa viene la salute poi lo presenteremo in giro per l'Italia, ma visto che siamo in casa e c'è tempo per leggere se a qualcuno interessa può ordinarlo sul sito di Caosfera Edizioni o trovarlo anche on line."

Cosa ne pensa del Monza di Berlusconi e come valuta i suoi portieri?

"Il Monza l’ho visto ultimamente e devo dire che è una squadra molto solida e quadrata che sa mettere in difficoltà chiunque, merita il salto di categoria, molto importante per la piazza di Monza. Il loro portiere Lamanna poi è molto esperto, ha militato anche nella massima serie, tecnicamente e psicologicamente può aiutare tutti, anche i giocatori di movimento. Il Presidente Berlusconi con il Dott. Galliani credo che abbiano iniziato un percorso che potrà portare lontano la società e anche Brocchi sta facendo un grande lavoro, la squadra esprime un buon gioco corale e anche lui sta crescendo molto."

Gabriele Passoni