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Questo non è un Amarcord. Questo è un Grazie. Grazie, Piero. Perché se è vero che – in tutte le esperienze umane – le prime volte sono fondamentali, io sono stato molto fortunato.

Autunno 1987: 35 anni or sono era un altro mondo, era un altro calcio, era un altro giornalismo. Ma un giovane aspirante cronista sportivo che andava a fare la sua prima intervista ad un allenatore che era stato un grande giocatore aveva anche allora il cuore a mille, un turbine di emozioni, tante speranze e qualche preoccupazione. Vecchia sede di Via Manzoni, ore 17 circa: do you remember, Piero Frosio? Io ricordo e ricorderò sempre. Mi sentii subito a mio agio, una mezzoretta che volò via ed alla fine quella tua pacca sulla mia spalla che ritornerà parecchie volte in questo Amarcord. Grazie, Piero. Una dozzina d’anni prima l’Album delle Figurine Panini, fonte di nozioni fondamentali per un onnivoro calcistico come il sottoscritto, mi aveva informato che il capitano del piccolo Perugia che metteva paura alle grandi era un monzese purosangue (Casignolo, terra di confine tra San Rocco e … Cinisello Balsamo). La cosa aveva inorgoglito parecchio il ragazzino che ero e quando la domenica sera alle 19.10 la sintesi della gara clou della giornata trasmessa da Mamma Rai riguardava la partita del Perugia (succedeva spesso) mi gasavo parecchio nel vedere la lucidità, la classe, la calma, il tempismo, il carisma con cui il ‘monzese’ Piero Frosio dirigeva la difesa degli umbri. Che, sempre bene ricordarlo, furono la prima squadra nella storia del calcio italiano a concludere un campionato (1978-79, scudetto al Milan) senza nessuna sconfitta.

Tornando al 1987: la profonda delusione lasciata della gestione Pasinato aveva indotto il presidente Giambelli a svecchiare e rifondare senza porsi obbiettivi immediati. Le scelte erano state logica conseguenza: Direttore Generale giovane e rampante (Beppe Marotta), formazione giovane, allenatore giovane (Frosio) ulteriormente responsabilizzato dal fatto di guidare la squadra della propria città. Di responsabilità Piero se ne prese parecchie: lanciare promesse piene di belle speranze provenienti dalle primavere dei grandi club, creare un gruppo coeso, ridare fiducia a quello ‘zoccolo duro’ vera anima dello spogliatoio, inculcare concetti tattici chiari e definiti. Competenza, coraggio e coerenza premiarono alla grande il lavoro del mister: promozione e Coppa Italia di Serie C. E nel festoso dopo partita a Tortona per me un’altra indimenticabile pacca sulla spalla … Grazie, Piero.

Il capolavoro del Monza di Frosio si completò l’anno successivo in Serie B: partenza accettabile, lunga crisi invernale, fantastica primavera (12 turni di imbattibilità) fino al traguardo di una salvezza piena di significati e di emozioni. Do you remember, Piero quei sabati di gennaio e febbraio a Monzello al termine della rifinitura ? io ricordo e ricorderò sempre: occhiaie profonde e viso scavato dalla tensione, ti maceravi dentro e tormentavi l’immancabile sigaretta quasi fosse colpa sua per tutte le sfighe che perseguitavano i tuoi ragazzi. Poi venne l’imperiosa riscossa. Dal gol rocambolesco di Gildo Salvadè a Brescia a quello stupendo di Giovannino Stroppa al Taranto. E fuori dalla sala stampa del Brianteo ecco un’altra pacca sulle mia spalla … Grazie, Piero.

La stagione seguente solo un rigore sbagliato (Bivi a Foggia al terzultimo turno) e la maledetta classifica avulsa impedirono il miracoloso bis con una squadra poco strutturata e peggio costruita. Al termine del triste spareggio di Pescara che salvò il Messina toccò a me darti una pacca sulle spalle … Perché sapevo quanto stavi male dentro… Grazie, Piero. La mia stima e la mia amicizia ti seguirono con discrezione ed affetto nelle tue successive tappe professionali. Non ti dico la gioia quel giorno di inizio marzo 1998 quando la telefonata del grande collega che è il Marietto (sarebbe bello organizzare una cena per rivedersi) mi avvisò che ti avevano scelto per rimediare alle nefandezze di Maciste e mantenere la cadetteria. Tornasti a Monzello dopo otto anni, che nel calcio sono ere geologiche. Ricostruire in breve tempo sulle macerie bolchiane sembrava impossibile invece Frosio ed il suo Monza fecero l’impresa. Ed in quel luminoso pomeriggio di giugno a Reggio Emilia non mancò la tua pacca sulle mie spalle… Grazie, Piero.

Seguì un altro campionato difficile, una sorta di A2 con Torino, Napoli, Verona ed Atalanta. Il tuo lavoro quotidiano, paziente, certosino, metodico tenne il Monza sempre lontano dai guai sino ad una tranquilla salvezza ufficializzata dal clamoroso colpaccio al San Paolo… Grazie, Piero. Quella volta non ci fu la pacca sulla spalla causa mia assenza ma ricordo come fosse ieri il sabato successivo a Monzello, vigilia del match casalingo con il Chievo. Fine rifinitura, clima rilassato, sole caldo. Arrivo con qualche minuto di ritardo e mi scuso “ero in macchina ad ascoltare la radio sul casino che sta succedendo al Giro d’Italia. Hanno fermato Pantani per ematocrito troppo alto”. Il Frosio che da ragazzo aveva corso in bici strabuzza gli occhi, smette di parlare di calcio, mi prende sottobraccio e … “sei sicuro, Fiore ? spiegami bene … Che brutta storia …”

Un'altra brutta storia fu quella dell’esonero nella stagione successiva. Mi arrabbiai parecchio e nel pezzo che inviai al Corriere dello Sport traspariva chiaramente tutta la mia delusione verso una scelta senza logica. Col senno di poi avrei invece dovuto incazzarmi di meno perché dovevo capire che stava inesorabilmente iniziando la fine del ‘nostro’ Monza. Quello che aveva tenuto a battesimo un giovane allenatore ed un principiante giornalista. Ci furono ancora, invece, le ‘nostre’ pacche sulle spalle. Al Bar San Paolo, nel centro della 'nostra' Monza parlando di calcio tra un caffè ed un aperitivo. Sempre offerti da quel Signore di Frosio… Grazie, Piero.

Fiorenzo Dosso