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Il pallone deve girare, la squadra deve attaccare, il gioco deve essere pensato, ma anche coraggioso.

Erano questi i principi e la visione di calcio di Giovanni Galeone, ex allenatore di Udinese, Pescara e Perugia, con un brevissimo passato – 2 presenze complessive tra campionato e Coppa Italia - in maglia biancorossa nel 1958 nell'ambizioso Simmenthal Monza di Claudio Sada.
Uomo di cultura e di calcio, scomparso il 2 novembre 2025, proprio nel 50° anniversario della morte dell'amico Pier Paolo Pasolini con cui condivideva gli ideali politici e uno spirito anticonformista. 

Proprio il mistico delle borgate diceva che “il calcio è un linguaggio con i suoi poeti e prosatori”. Un sistema di segni, e quindi una lingua, basata su un podema, ovvero un uomo che calcia un pallone.
E per un giocatore che colpisce la palla, c’è un portiere che para o che dovrebbe farlo.
Abbecedario del calcio: lettera S, verbo Scivolare. Come il pallone scivolato dalle mani di Sarr, che non si comporta da saracinesca, ma concede un gentile omaggio a Luca Ravanelli, scaltro di testa a ribadire in rete.

1-0 di Corto Muso, 3 punti determinanti e un entusiasmo contagioso: la squadra di Bianco vince sotto la pioggia e mette il turbo, lanciando un altro segnale alle dirette contendenti. 
E rimarcando con forza un messaggio: “noi ci siamo e ci saremo fino alla fine”.

23 punti in classifica, a -1 dal Modena capolista e secondo clean sheet consecutivo (quinto complessivo): numeri che certificano la dimensione di un gruppo rinato sotto l’egida di Paolo Bianco, deus ex machina del Monza e allenatore che vede nel lavoro il mezzo per ottenere risultati. Numeri che testimoniano la crescita caratteriale del Monza, con un calcio dominante e organizzato a dare sostanza all'intero complesso-squadra.

monza spezia 1-0
Lo stacco aereo di Dany Mota - Foto: Alessio Morgese

Monza incalzante, Spezia incatenato

Marcello Lippi, CT della Nazionale campione del mondo nel 2006, diceva che “un allenatore, a seconda del tipo di squadre che allena, è più istruttore o più gestore di risorse umane”.

Paolo Bianco lo sa bene, e lo sapeva sin dall’inizio, dal primo giorno d’insediamento sulla panchina biancorossa, consapevole di quello che andava fatto per risollevare il gruppo dopo la retrocessione. Prima la squadra, poi i singoli, senza gerarchie o coccarde di favore, ma con meritocrazia e duro lavoro sul campo: partita dopo partita il Monza ha svoltato, recuperando tutti i giocatori e trovando quella mentalità che è base e fondamento del successo. 

Dopo il poker di vittorie consecutive, i brianzoli cercano la cinquina contro lo Spezia. Bianco opta per il consueto 3-4-2-1 d'imprinting offensivo, ma equilibrato e dinamico: Thiam in porta; Izzo, Ravanelli e Carboni in difesa; Obiang e Pessina in mediana, Ciurria e Azzi sulle fasce, in avanti Colpani e Keita alle spalle di Mota. 

D'Angelo risponde con 3-5-2 cautelativo, ridimensionato a causa delle tante assenze: Sarr tra i pali; Matějů, Wiśniewski, Fellipe Jack nel terzetto arretrato; Candela, Cassata, Nagy nel mezzo, Vignali e Aurelio sulle corsie esterne; Vlahović e Lapadula in attacco.

I biancorossi comandano la manovra dal primo all’ultimo minuto, sfoderando un calcio offensivo e brillante, di gamba e testa, d’alta ingegneria e architettura, con spirito operaio e massima abnegazione. E ancora: di volontà e spirito di sacrificio, con quella fame che è vitamina essenziale per azzannare le partite. Pessina e Obiang salgono in cattedra, si spartiscono le quote di costruzione e interdizione, formano una diga insuperabile che funge da filtro per la difesa e ispira l’attacco. Il Capitano ruba palloni e mette ordine, il “Professor Mezzasquadra” detta i tempi e attira i movimenti dei compagni: il gioco del Monza parte dal centro, con i difensori in costante appoggio e gli esterni a fornire l’ampiezza necessaria a liberare gli spazi interni.

Il primo tempo è una campagna d’assalto nella metà campo avversaria, una sorta di 10 contro 10 – come in una simulazione d’allenamento – in una sola metà campo, con i liguri schierati sotto palla e il Monza all’arrembaggio con tutti gli effettivi a partecipare alla manovra. 

Nella ripresa la formazione brianzola aumenta il ritmo e l’intensità, velocizzando la circolazione di palla e sfoggiando un gioco vivace e incalzante, fatto di combinazioni rapide a due/tre tocchi, catene laterali che lavorano a meraviglia, transizioni efficaci, equilibrio tattico e qualità tecnica. 

13 tiri totali, di cui 4 nello specchio di porta, tante occasioni sciupate (soprattutto nel blocco centrale dell'area), un solo gol segnato e un finale thrilling, con l’espulsione di Izzo per doppia ammonizione (inflitta da La Penna, fiscalissimo nel primo giallo) a tenere in bilico il punteggio: il Monza non si scompone e blinda la sua area, regalando a Thiam una domenica coi guantoni puliti e conquistando un successo fondamentale per l’economia del campionato.

Al 96' l'arbitro fischia la fine: Monza-Spezia termina 1-0.

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La mappa dei tiri di Monza-Spezia (1-0)

Monza forza 5, superate le Dune dello Spezia

Il Monza batte il cinque, all’americana, allineato con la nuova proprietà a stelle e strisce: “Give me five”, con 5 trionfi a misurare lo spessore di un gruppo programmato per vincere.

Più tipologie di gioco in un unico football, avvicendato e sostenibile, sempre intenso ed efficace. 

Da inizio stagione il Monza si è adeguato alla categoria e agli avversari, imparando a sporcarsi le mani e a lottare su ogni pallone, con una mentalità propositiva che sposa il coraggio e dissolve la paura. 

Perché come dice Paul Atreides: “la paura uccide la mente”. Un dialogo estratto da Dune di David Lynch, film che narra il conflitto tra due dinastie - Atreides e Harkonnen - per il controllo di Arrakis, unico pianeta in cui si trova una sostanza preziosa: il Melange, conosciuto anche come “spezia”. 

Dalla spezia al club spezzino, da Arrakis all'U-Power Stadium, i brianzoli trasformano la fantascienza in realtà con una prova di forza: muscolare, arrembante, a tratti spettacolare e di spessore. Una partita a senso unico, in cui la squadra di Bianco costruisce occasioni e amministra il gioco, senza subire tiri in porta dai liguri.

Se col Catanzaro è arrivata la vittoria della svolta, a Frosinone quella della consapevolezza, poi la prova del 9 con la Reggiana e l’esame di maturità a Palermo, contro lo Spezia il Monza piazza la zampata della conferma, vincendo una partita difficile, da squadra unita e compatta, centrata nel gioco e nell'identità, conscia del percorso da fare e dell’obiettivo da raggiungere.

Domenica 9 novembre 2025 alle 17.15 c’è il Pescara: una trasferta insidiosa che darà al Monza la possibilità di invertire il trend negativo contro le neopromosse (Avellino e Padova, due sconfitte) e chiudere al meglio il miniciclo che precede la terza sosta delle Nazionali.
Avanti così, con il fuoco negli occhi, il cuore da leone e grande umiltà, tenendo a mente un motto dialettale che sintetizza il corretto modus operandi: Vula bass e schiva i sas”.

A cura di Andrea Rurali