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Lo stile di Francesco Vincenzi al Sada (Foto Caprotti)
Lo stile di Francesco Vincenzi al Sada (Foto Caprotti)

11 maggio 1980: per le fredde statistiche è stato l’ultimo successo del Monza al Bentegodi. Per i caldi cuori biancorossi della mia generazione è stata l’ultima volta che abbiamo sognato. L’ultima volta che ci siamo illusi. Cappelletti e Magni ci provano per la quarta volta consecutiva: Modena 1977, Pistoia 1978 e lo spareggio di Bologna 1979 sono maledizioni che si scontano solo soffrendo, vivendo ed amando i colori bellissimi. Il Monza parte alla grande e dopo 6 giornate (4 vittorie, 2 pareggi) è in vetta insieme a Como e Palermo.  

La nuova coppia d’attacco Giovanni Carlo Ferrari-Francesco Vincenzi va che è una meraviglia: 3 gol a testa e le promesse di una grande chimica. Entrambi sono cavalli di ritorno: il primo per chiudere, nella squadra dove era cresciuto, una carriera da viaggiatore (10 maglie diverse) del gol, il secondo per rilanciarsi dopo le suggestioni rossonere e le delusioni di Vicenza e Bologna. Nella prima stagione biancorossa (1974-75, 8 gol in Serie C e vittoria della Coppa Italia di categoria) di Vincenzino – perché Vincenzone era il terzino Giuliano – avevo dieci anni e capivo poco di certe cose ma ricordo nitidamente che il mio maestro delle elementari, un dolce insegnante siciliano tifosissimo del Monza ed abbonato in gradinata centrale, diceva spesso: “Dal punto di vista squisitamente tecnico Francesco Vincenzi è il centravanti più forte da me visto al Sada.” Io del Signor Paolo Mazzara mi fidavo ciecamente. Nel 1979 – a 15 anni – cominciavo invece a vedere il calcio in un certo modo e quando una doppietta d’autore di Vincenzino alla Sambenedettese (nella foto il raddoppio con un dosato pallonetto a scavalcare l’uscita di Tacconi) inaugurò il campionato capii di avere avuto un grande maestro non solo dal punto di vista scolastico ed umano. 

La purissima classe di Francesco Vincenzi nel pallonetto che supera Tacconi (foto Caprotti)

Dopo l’ottimo inizio – purtroppo – i biancorossi vivono un periodo nero (3 sconfitte in 4 gare) e – soprattutto – salgono su una strana altalena fatta di inopinati scivoloni casalinghi (Genoa, Atalanta e Verona corsare al Sada) ed esaltanti imprese in trasferta (colpacci a Parma, Ferrara, Matera ed un clamoroso tris a Palermo con un’altra doppietta d’autore di Vincenzino). Tra alti e bassi si arriva alla – come sempre – decisiva primavera con il doppio turno di aprile al Sada che è ormai leggenda: il 3-3 con il Como, il rigore regalato allo scadere da Agnolin ai cuginastri, gli incidenti dentro e fuori dallo stadio; e poi – la settimana successiva – l’incredibile pari, ancora all’ultimo minuto, della Pistoiese e le dolcissimamente indimenticabili lacrime amare di Mazinga Marconcini. Sette giorni dopo a Bergamo una squadra decimata e delusa si arrende alla voglia di salvezza dell’Atalanta ed il sipario sembra pronto a calare. 

Anche perché, nel frattempo, è arrivata la prevista squalifica per i tafferugli post derby: Monza-Palermo sarà sul neutro di Reggio Emilia. Ma il cuore biancorosso batte ancora ed al Mirabello Vincenzino e Monelli (giovane e fresco rispetto a Ferrari) agganciano il Brescia a quota 37 sul terzo gradino utile per la Serie A (Como a 42 e Pistoiese a 40 vedono già il Paradiso). Il Verona di Veneranda è un punto sotto ma attende al Bentegodi in sequenza le due lombarde e cova legittime ambizioni. La sfida è un play-off ante litteram affidata al figlio d’arte Lo Bello. Come succede in questi casi l’importanza della posta in palio non è foriera di spettacolo. Il primo tempo fila via nel segno dell’equilibrio e della tensione. Poco dopo l’ora di gioco Vincenzino firma il vantaggio del Monza ma la gioia dura solo una decina di minuti perché D’Ottavio pareggia troppo presto. Sembra la classica X interlocutoria per rimandare tutto all’ultimo mese di campionato ed invece a 2’ dal termine un calcio d’angolo di Ronco genera mischia campale in area gialloblù che l’involontario tocco di Franzot risolve a favore degli ospiti. I quali, detto per inciso, colgono la sesta vittoria esterna della stagione. In tanti – io compreso – leggiamo nella determinante deviazione del difensore scaligero una sorta di risarcimento per le sfighe degli ultimi tre anni e ci crediamo. Vogliamo ancora gridare la nostra voglia di Serie A. Personalmente entro in pressing feroce su papà per la decisiva trasferta di Brescia e mi sento rispondere “prima pensiamo al Cesena”. Il resto è l’ennesima, puntuale, atroce, bastardissima beffa: un gol di Speggiorin a 10’ dal termine annichilisce il Sada e regala ai romagnoli l’aggancio ai biancorossi al quarto posto. Si, ci sarebbe lo scontro diretto del Rigamonti (Brescia avanti di un punto) ma per il quarto anno consecutivo il destino è maledettamente segnato sotto lo striscione dell’ultimo chilometro. 

E' stato, quindi, a Verona nel 1980 che cullai, da adolescente, per l’ultima volta un sogno poi riposto nel cassetto per 42 lunghissimi anni. 

Verona, Stadio Bentegodi. Domenica 11 maggio 1980

VERONA-MONZA 1-2 (0-0)

MARCATORI: F. Vincenzi (M) al 18’ st – D’Ottavio (V) al 29’ st – Franzot (V) autorete al 43’ st.

VERONA: Superchi, Mancini, Fedele, Piangerelli, Gentile, Tricella, Trevisanello, Bencina (11’ st Franzot), D’Ottavio, Vignola, Bergamaschi. A disp.: Paese, Bocchio. All.: Veneranda

MONZA: Marconcini, Lainati, Pallavicini, Acanfora (30’ st Giusto), Stanzione, Scala, Massaro, Corti, Vincenzi, Ronco, Monelli. A disp.: Colombo, Tosetto. All.: Magni

ARBITRO: Rosario Lo Bello di Siracusa

Fiorenzo Dosso