“Il carcere è in ginocchio”: cosa sta succedendo davvero a Monza?
Numeri drammatici, casi psichiatrici in aumento e un sistema penitenziario al limite.

Il primo dato che scuote è il numero dei detenuti: oltre 730 persone recluse in una struttura pensata per 411. Un sovraffollamento carcerario che ha toccato anche quota 750, trasformando il carcere in una polveriera sociale e sanitaria. Oltre 250 detenuti convivono con fragilità psichiche, e molti altri non hanno ancora una diagnosi ma vivono forme gravi di marginalità. Un altro fronte critico è la tossicodipendenza: quasi 500 detenuti sono seguiti per problemi legati all’uso di droghe.
Il rischio di crisi da astinenza e la mancanza di spazi adeguati per la cura spingono il sistema sull’orlo del collasso. Tutto questo mentre il numero degli agenti penitenziari continua a diminuire, aggravando ulteriormente la gestione quotidiana.
Sicurezza carceraria e aggressioni al personale
Il comandante della Polizia penitenziaria, Micello, ha tracciato un bilancio preoccupante: 359 procedimenti disciplinari, 10 aggressioni al personale, 29 casi di oltraggio e 71 colluttazioni tra detenuti solo nell’ultimo anno. Un contesto esplosivo dove il rischio è quotidiano. Gli agenti in servizio sono 297: un numero insufficiente per garantire l’ordine e la sicurezza.

Nonostante tutto, nella struttura si portano avanti progetti educativi e culturali come corsi di teatro, giustizia riparativa e persino una rivista curata dagli stessi detenuti. Un segnale di speranza che però da solo non basta a riparare le falle di un sistema al limite.
Diritti umani e dignità dei detenuti
“Siamo in ginocchio”, ha detto senza mezzi termini la direttrice Buccoliero. Ma non si tratta solo di logistica o numeri. Il nodo centrale è la dignità. “Il carcere è lo specchio della società: se fallisce, falliamo tutti”. A sottolinearlo è stato anche Roberto Rampi, garante dei detenuti. “La richiesta principale dei detenuti è il lavoro, la possibilità di costruirsi un futuro”. E su questo serve una svolta concreta: più misure alternative, più reinserimento, più ascolto.
Rampi ha ribadito come il carcere non sia un mondo a parte, ma una realtà che ci riguarda tutti. “Stiamo rompendo tabù. Non è il momento di chiudere gli occhi, ma di aprire le porte a un cambiamento reale”.
Storia del carcere e responsabilità della città
Il carcere di Monza, inaugurato nel 1984, fu costruito per sostituire la vecchia struttura del centro città. All’epoca rispettava gli standard europei: una persona per cella. Ma già allora si vivevano drammi come i suicidi. A ricordarlo è stato il sindaco Paolo Pilotto, che ha sottolineato come la città non intenda voltarsi dall’altra parte.
“Oggi non basta denunciare: bisogna agire. Il Comune sta lavorando con gli enti competenti per portare soluzioni concrete”. Pilotto ha ringraziato anche i cittadini volontari che ogni giorno decidono di stare accanto a chi vive “dentro”, costruendo legami, restituendo senso.
Lunedì torna Monza una città da serie A
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