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Una partita, due grandi protagonisti. Spal-Monza del 17 febbraio 1980 ci permette di proporre ai nostri lettori una coppia di giovani che in quella stagione regalò ai tifosi biancorossi il quarto consecutivo sogno promozione, ovviamente e puntualmente svanito nelle battute finali: Daniele Massaro e Paolo Monelli. Nell’ordine con il quale firmarono il colpaccio esterno a Ferrara. In quei tempi il vivaio del Monza era inesauribile produttore di talenti e mister Magni aveva individuato nella coppia offensiva quella freschezza e quella linfa indispensabili per alimentare e corroborare una squadra che rischiava altrimenti di incagliarsi e struggersi nel recente ed amarissimo ricordo del maledetto spareggio per la A perso col Pescara in quel di Bologna.


Chi adesso scrive da uomo maturo allora era un ragazzo e – come tutti gli adolescenti – viveva di emozioni, di ideali e di sensazioni impulsive: le mie preferenze, umane più che calcistiche, si indirizzavano decisamente verso Monelli. Perché i giornali dell’epoca – che lo consideravano un potenziale fuoriclasse per le grandi doti tecniche abbinate a quelle fisiche – sdoganavano con abile enfasi la storia di un sedicenne che, lontano da casa, cercava di farsi largo nel difficile mondo del calcio con parecchi sacrifici, tanta forza di volontà e molta umiltà.
Il problema di Massaro, o meglio – con spietata onestà – mio nei confronti di Massaro era che lo conoscevo, senza esserne amico, perché entrambi ragazzi del quartiere monzese di San Donato, dove il campo da calcio era a 7. In terriccio. A Regina Pacis, zona confinante con San Donato un po' più vicina al centro (ed al Sada …), c’era invece il campo a 11 della Juvenilia. In erba. Dove io non arrivai mai perché andavano a giocare quelli tra noi più bravi e più forti. E Massaro era il più bravo ed il più forte. Ogni tanto il Monza pescava dalla Juvenilia i più bravi ed i più forti. E fu così che Massaro divenne biancorosso. Daniele sapeva di essere bravo e forte e – si può dire ora che sono passati 40 anni ed è tempo di prescrizione – non lo nascondeva affatto. La mia impressione, alimentata da una punta di adolescenziale invidia – si può riconoscere ora che sono passati 40 anni ed è tempo di oneste ammissioni – era che se la tirasse un po’. Morale: ero contento ed esultavo quando Massaro segnava ma … preferivo quando i gol li faceva Monelli. Spero di essermi spiegato in tutta sincerità.


Il mio ideale “riscatto” nei confronti di Daniele un anno e mezzo più tardi a Miramare di Rimini. Tra i partecipanti agli interminabili tornei di biglie sulla spiaggia (ci fosse stata la pista in erba lì ci sarei sicuramente arrivato ….) alcuni ragazzi di Firenze che in quella calda estate del 1981 erano letteralmente in estasi per la sontuosa campagna acquisti viola: Bertoni, Vierchowod, Cuccureddu, Pecci e Graziani. Inoltre li stuzzicava parecchio il giovanissimo Monelli, definito il centravanti del futuro sulle pagine de ‘La Nazione’. Il mio orgoglio biancorosso mi ispirò di getto una dichiarazione impegnativa: “Voi dal Monza avete preso due grandi giocatori: adesso tutti parlano solo di Monelli ma vi garantisco che anche Massaro è molto forte. Un centrocampista completo e moderno che può fare anche la punta. Se i fatti mi daranno ragione l’anno prossimo mi fate scegliere la biglia per primo”. Audaces fortuna iuvat oppure – lasciatemelo pensare – qualcosina ne capivo, fatto sta che mentre Monelli si fece subito male e mise insieme soltanto una decina di gettoni da subentrante, Massaro esplose letteralmente: 29 presenze da titolare, un gol e – soprattutto – un contributo fondamentale alla squadra di De Sisti che contese lo scudetto alla Juventus sino all’ultima giornata. Arrivò l’estate, tornai a Miramare ed i ragazzi di Firenze mi vennero incontro con il sacchetto delle biglie “Monzese, avevi ragione! Quanto è forte Massaro !!”. Senza indugi scelsi Battaglin, mio idolo e consapevole portatore di umiltà al cospetto di due campioni molto pieni di sè quali Moser e Saronni.

Fiorenzo Dosso