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L’amico e collega Matteo Delbue, corrispondente de La Gazzetta dello Sport e sempre attento ai dettagli, mi ha indotto ad una riflessione inviandomi la statistica che mostra il numero medio di spettatori presenti alle gare interne delle varie squadre di serie A in questo primo scorcio di campionato. 

Solo 5 formazioni delle 17 già presenti nella scorsa stagione hanno una diminuzione del numero di presenze medie rispetto all’intero torneo precedente. Solo 2 tra queste 5 hanno una riduzione percentuale a doppia cifra: Atalanta (-19% circa) e Monza (-13%). E’ evidente che questo dato può essere condizionato dal calendario. Finora al Brianteo si sono succedute squadre non di grandissimo richiamo, per cui la media del Monza si alzerà certamente con il contributo delle sfide alle squadre di alta classifica.

Tuttavia, una riflessione è d’obbligo. La città e la Brianza non stanno rispondendo alle aspettative. Ci sono passione ed entusiasmo, ma i numeri sono quelli e gli spalti dello stadio monzese mostrano spesso molti spazi vuoti. La mia riflessione parte dal celebre aforisma con cui ci si domanda se è nato prima l’uovo o la gallina. Nel nostro caso: le cause di questi numeri così ridotti sono da imputare maggiormente ai monzesi ed ai brianzoli o alla società e alla squadra biancorossa?

Non c’è ombra di dubbio che a Monzello stiano facendo il massimo e più di così non è lecito pretendere. La società ha ristrutturato come meglio non si poteva fare il centro sportivo Luigi Berlusconi e lo stadio; ed ha il merito di aver allestito nuovamente un organico di ottimo livello. Palladino e i suoi ragazzi ci stanno facendo sognare traguardi fino a qualche anno fa totalmente insperati. 

Cosa chiedere di più? Io credo che il monzese o brianzolo non propriamente innamorato dei colori biancorossi, dopo la novità del primo campionato nella massima serie, si sia abituato a vedere la squadra nella parte sinistra della classifica e dia per scontato che questa sia la posizione del Monza nel panorama del calcio italiano. Il che è ovviamente assurdo per una società arrivata alla serie A solo dopo 110 anni di esistenza. Purtroppo il monzese o brianzolo medio ha queste peculiarità caratteriali, in cui freddezza e distacco prevalgono spesso su altri atteggiamenti.  Tutta colpa della città e della Brianza, dunque?

No. Siccome il mio amore verso i colori biancorossi è storicamente provato e nessuno me lo può negare, mi permetto di dare il mio piccolo contributo nel dire liberamente quel che vedo e penso. La società e la squadra dovrebbero “aprirsi” un po’ di più nei confronti del territorio. Nella scorsa stagione l’apertura al pubblico di alcuni allenamenti aveva creato partecipazione ed entusiasmo. Quest’anno pare che tutto sia più occultato, a prescindere dalle ragioni in parte condivisibili che hanno portato Palladino a non voler rendere noto i convocati per la gara col Torino. Sarebbe anche coinvolgente vedere a turno qualche giocatore presenziare almeno in parte agli eventi organizzati dai numerosi club di tifosi o a qualche manifestazione pubblica cittadina. Ricordo ancora l’evento “Monza una città da serie A” tenutosi lo scorso luglio in piazza Trento e Trieste. Nella serata dedicata all’AC Monza, tanti tifosi, tanto entusiasmo, un dirigente, ma nessun calciatore…Fossimo stati nei gloriosi anni Settanta, quelli in cui il Monza di Alfredo Magni sfiorò più volte la promozione in A, avremmo visto quasi mezza squadra a presenziare all’evento. Paolo Corbetta