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“Un po’ di esperienza spesso è in grado di mettere in discussione molta teoria” il pastore protestante Samuel Cadman sforna delizioso assist per riassumere il (radicale) cambiamento del mio modo di vedere i bergamaschi. Sottolineo quel ‘mio’. Lungi da me voler generalizzare o dare giudizi universali. Del resto però in questa rubrica ci sono sempre stati intrecci profondi tra le vicende del Monza e quelle personali del narratore. Sottolineo quel ‘personali’. Sino ad un determinato momento ho avuto, fase della teoria, per quelli di Bergamo e dintorni una stima ed una considerazione altissime. Poi mi sono imbattuto per lavoro, ecco l’esperienza, in alcuni personaggi di quelle parti che – con la determinante complicità di monzesi pavidi e succubi – mi hanno distrutto professionalmente ed umanamente. Da allora ogni volta che sento la parola Bergamo sto male e mi macero dentro riuscendo a sorridere solo quando Enrico Bertolino propone la parodia del muratore. Che per me tanto parodia non è. Sottolineo ‘per me’.

Più o meno identico il percorso con l’Atalanta: ammirazione assoluta per la regina delle provinciali e per il profondo, indissolubile, viscerale legame che la Dea ha saputo instaurare con la sua gente, perplessità per alcuni allucinanti eccessi che mi hanno portato alla scelta di non mettere mai più piede nel loro stadio. Ultima giornata della stagione cadetta 1998-99. Una partita che non dice assolutamente nulla: il Monza di Piero Frosio è già salvo, l’Atalanta di Bortolo Mutti ormai tagliata fuori dalla lotta per la promozione. I padroni di casa conducono 2-0 (doppietta di Caccia, il primo su rigore). La testa di tutti, calciatori compresi, è già alle vacanze. Ad una manciata di minuti dal termine mischia in area neroazzurra, un paio di biancorossi alzano le mani e guardano verso l’arbitro Trentalange che fa proseguire. Il collega di fianco mi chiede “tu hai visto? cosa è successo? c’era fallo?” non faccio in tempo ad abbozzare una risposta che dallo scranno davanti si alza un tipo di mezza età, si gira verso di noi, spiritato, paonazzo in volto, braccia roteanti ed occhi fuori dalle orbite. Di quello che ci vomita addosso in un paio di minuti di delirante e minaccioso monologo capisco solo una decina di ‘pota’ ed altrettanti ‘che cassu te voret ?’ mentre più tardi mi tradurranno il significato della trentina di ‘servel de poia’ come cervello di gallina … Per una partita senza nessuna posta in palio … In tribuna d’onore … Allucinante.

Meglio riservare l’ultimo Amarcord alla prima volta del Monza in casa dell’Atalanta. Stagione 1958-59: dopo vent’anni consecutivi nella massima serie i neroazzurri erano tornati tra i cadetti a seguito di un illecito, il clamoroso ‘caso Azzini’ che aveva riempito intere pagine dei quotidiani, non solo sportivi, dell’epoca. Da segnalare – a dimostrazione di grande attaccamento alla maglia ed alla città – la scelta di restare anche in B a Bergamo del granitico difensore centrale svedese Bengt Gustavsson, titolare nella finale dei mondiali del ’58 tra la sua Svezia ed il Brasile di Pelè. Il Monza era partito alla grande (primo posto in splendida solitudine dopo 6 giornate) per poi galleggiare a metà classifica. Un aprile nerissimo (1 punto in 4 partite) e le feroci critiche della stampa (corrosivo Giovanni Fossati “il tecnico è reo di non aver convenientemente curato l’allenamento dei giocatori, quasi tutti entrati in superpeso ed incapaci di dinamicamente muoversi in gara”) successive alla sconfitta interna con il Como indussero il Presidente Sada ad esonerare Rava ed affidare la squadra a Manlio Cipolla proprio nella settimana precedente la trasferta nella tana della capolista Atalanta, lanciata col vento in poppa verso il ritorno in Serie A. Un mix di orgoglio e giovani novità tecniche rivitalizzarono i biancorossi che disputarono la miglior gara della stagione cullando a lungo il sogno di espugnare il Brumana. Le parate di Breviglieri conservarono il vantaggio di Maestri fino a 20 secondi dal termine quando un fortunoso rimpallo consentì a Longoni di acciuffare il comunque giusto pareggio. Amarcord diviso in tre parti: non è certo un caso se quella che racconto più volentieri è l’unica che non ho vissuto né direttamente né sulla mia pelle. A buon intenditor … 

Domenica 3 maggio 1959. Bergamo, Stadio Brumana

ATALANTA-MONZA 1-1 (0-1)

MARCATORI: Maestri (M) al 19’ pt – Longoni (A) al 45’ st

ATALANTA: Boccardi, Cattozzo, Roncoli, Angeleri, Gustavsson, Marchesi, Olivieri, Ronzon, Zavaglio, Pensotti, Longoni. All.: Adamek

MONZA: Breviglieri, Copreni, Adorni, Dalio, Tellini, Frascoli, Brambilla, Volpi, Carminati, Maestri, Meraviglia. All: Cipolla

ARBITRO: Righi di Milano

Fiorenzo Dosso