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C’è un tempo per sognare, e uno per svegliarsi. A Monza, quel risveglio ha il sapore amaro della retrocessione, delle occasioni sprecate e delle speranze infrante. Solo due anni fa si parlava di Europa, di traguardi impensabili fino a poco tempo prima. Oggi, invece, si torna con i piedi per terra, e con il cuore pesante.

 

In una stagione in cui il silenzio della dirigenza ha fatto più rumore delle prestazioni in campo, la tifoseria si aggrappa all’ironia, all’orgoglio e – perché no – a un invito speciale. Perché quando tutto va storto, magari serve proprio un Tapiro d’Oro a ridare voce a chi ha smesso di parlare.