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Un appartamento vero, foto reali, visite organizzate, contratti perfetti e documenti apparentemente in regola. Tutto sembrava legittimo. E invece era una trappola: almeno quindici persone hanno versato 2.100 euro di caparra per un bilocale a Monza che non sarebbe mai stato affittato. Anzi, il vero proprietario non sapeva nemmeno che qualcuno stesse usando la sua casa per mettere in piedi una maxi truffa da oltre 40mila euro.

La casa c’è, ma il proprietario non sa nulla

La vicenda è stata denunciata ai Carabinieri di Monza da un gruppo di affittuari, convinti di aver finalmente trovato un alloggio in via XX Settembre 3: bilocale di 50 mq con box, 700 euro al mese, annuncio pubblicato su Idealista, prezzo onesto e documentazione impeccabile.
A mostrare l’appartamento c’era sempre la stessa donna, una certa “Sara”, presentatasi come incaricata dal presunto proprietario, “Roberto da Bormio”. Comunicavano solo via WhatsApp, mai una chiamata. Una stranezza che, in un mercato immobiliare saturo di case fatiscenti o affitti fuori mercato, molti hanno ignorato.

La casa però esiste. Ed è realmente in affitto — tramite Airbnb. Il proprietario, in viaggio all’estero per lavoro, ha scoperto tutto solo quando decine di persone si sono presentate alla porta chiedendo spiegazioni.

La dinamica della truffa

Tutto seguiva lo stesso copione.

Visita all’appartamento, con altre persone in attesa ogni 15 minuti.

Contratto di locazione completo di visura camerale, APE e dati del proprietario.

Richiesta immediata di una caparra da 2.100 euro (tre mensilità).

Invio del pagamento su conti diversi: uno al Banco di Bilbao, altri a BBVA, con intestazioni differenti (Annunziato Morabito, Salvatore D’Oria, Giuseppe Petito).

Poi il silenzio.
Il primo novembre, data in cui tutti avrebbero dovuto entrare nella casa, nessuno ha potuto farlo. Ed è lì che la verità è venuta a galla: gli affittuari erano almeno quindici, ognuno convinto di essere l’unico.

I contratti erano falsi, ma perfetti

Il materiale fornito era talmente accurato da ingannare tutti: documenti ufficiali, codici fiscali, visure, classe energetica, tutto coerente. Solo a posteriori — messe insieme le testimonianze — si sono notate le incongruenze.

Secondo le prime ricostruzioni, i truffatori avrebbero:

prenotato realmente l’appartamento su Airbnb usando documenti falsi di una cittadina ucraina;

ottenuto le chiavi dal proprietario ignaro;

scattato le foto per l’annuncio;

mostrato l’appartamento più volte, sempre con lo stesso schema;

utilizzato identità probabilmente rubate o già usate per altre truffe.

Il proprietario, contattato dalle vittime, si è detto sconvolto e completamente estraneo alla vicenda. Tornerà in Italia per chiarire la sua posizione.

Le vittime: giovani, lavoratori, famiglie

Nel gruppo WhatsApp creato spontaneamente ci sono:

professionisti appena trasferiti,

studenti specializzandi,

famiglie con bambini,

papà separati,

lavoratori che avevano già dato disdetta del vecchio appartamento.

Per tutti lo stesso scenario: risparmi spariti, casa sfumata e urgenza di trovare un nuovo alloggio.

La denuncia ai Carabinieri

Tutti hanno sporto denuncia per truffa aggravata attraverso strumenti informatici.
Le indagini ora puntano a identificare i responsabili e capire se si tratti di una banda organizzata attiva anche fuori dalla Brianza.

C’è anche un timore ulteriore: i truffatori hanno raccolto dati personali, documenti, firme. Le vittime temono che possano essere riutilizzati per nuovi raggiri.

“Questa truffa poteva colpire chiunque”

È il commento ricorrente tra chi è rimasto coinvolto.
Un annuncio verosimile, un appartamento vero, visite reali, documenti perfetti.

La dimostrazione che, nel mercato immobiliare sempre più competitivo, anche gli occhi più attenti possono essere ingannati.