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Una notte qualunque nel cuore della movida milanese si è trasformata in un incubo: un giovane di 22 anni è stato deriso, picchiato, rapinato e poi accoltellato da un gruppo di cinque ragazzi. Gli aggressori, tutti giovanissimi — tre minorenni e due da poco maggiorenni — provengono dal quartiere Triante di Monza, una zona considerata da sempre tranquilla e priva di segnali premonitori.
La vittima ha riportato ferite gravissime: due coltellate, una profonda emorragia interna e danni che gli causeranno conseguenze permanenti. Il caso ha scosso sia la comunità monzese sia quella milanese, diventando un simbolo inquietante dell’escalation di violenza giovanile.

Questore di Milano: non sono “maranza”, è un allarme su giovani e violenza

Il questore di Milano ha voluto chiarire un punto diventato centrale nel dibattito pubblico: quei ragazzi «non sono maranza». Nessuna appartenenza a gruppi giovanili iconici della periferia, nessun vissuto criminale pregresso. Sono giovani italiani cresciuti in contesti familiari normali, e proprio questo — secondo il questore — rende il caso ancora più allarmante.
Il funzionario ha evidenziato un dato inquietante: l’età di chi commette reati violenti si sta abbassando. Sempre più minorenni vengono coinvolti in episodi di aggressione, rapine e atti di brutalità gratuita, mostrando una preoccupante assenza di empatia e rimorso.


Conseguenze e riflessioni: giovani, violenza gratuita e un vuoto educativo crescente

L’aggressione è stata descritta come una scena da “Arancia Meccanica”, un atto di violenza feroce privo di movente concreto. I ragazzi, secondo quanto emerso, non avrebbero agito per bisogno economico: la loro violenza appare legata a un mix di sfida, noia, ricerca di adrenalina e spettacolarizzazione del gesto.
Il problema non riguarda solo la sicurezza, ma un vuoto educativo che sta trasformando la violenza in un linguaggio “normale”. Famiglie, scuole e istituzioni si trovano ora davanti a un segnale d’allarme chiaro: qualcosa si è rotto, e ignorarlo significa lasciare spazio a una nuova generazione incapace di riconoscere il valore dell’altro.