Sei in condotta scatena la rivolta, i genitori sfidano la scuola: la decisione del tribunale
I genitori fanno ricorso, ma il tribunale dà ragione alla scuola

La vicenda, riportata dal Corriere della Sera, ha avuto inizio nell’anno scolastico 2021-22, quando lo studente si è reso protagonista di episodi che hanno spinto gli insegnanti a valutare negativamente la sua condotta. Il ragazzo avrebbe compiuto atti di bullismo e cyberbullismo, sottraendo telefoni ai compagni, oltre a utilizzare un linguaggio offensivo e adottare atteggiamenti maleducati. Questi comportamenti, giudicati non consoni all’ambiente scolastico, hanno portato gli insegnanti a esprimere un giudizio severo, assegnando un sei in condotta nonostante la promozione accademica. La valutazione, secondo la scuola, rifletteva la necessità di sottolineare l’importanza del rispetto e dell’educazione.
Il ricorso dei genitori e la prima decisione del Tar
Convinti che il voto fosse ingiusto, i genitori hanno deciso di rivolgersi al Tar, sostenendo che il sei in condotta fosse una forma di discriminazione legata ai disturbi di apprendimento del figlio. A loro avviso, la scuola non avrebbe tenuto conto delle condizioni psicofisiche del ragazzo, nonostante l’esistenza di un piano didattico personalizzato. Nel 2023, il Tar aveva inizialmente accolto il ricorso, disponendo l’annullamento degli atti relativi alla valutazione. Tuttavia, a maggio dello stesso anno, gli insegnanti si sono riuniti nuovamente per riesaminare lo scrutinio e hanno confermato il sei in condotta, ribadendo la validità del loro giudizio iniziale.
La sentenza definitiva: condotta legata all’educazione

Nella sentenza definitiva, il Tribunale amministrativo regionale ha rigettato le richieste dei genitori, chiarendo che il voto in condotta non è legato alle performance didattiche, ma a comportamenti educativi e formativi. “Il voto sul comportamento esprime un giudizio che l’autorità scolastica rende in ordine ad aspetti non solamente didattici ma, prima ancora, formativi ed educativi,” ha stabilito il Tar, sottolineando che il sei rifletteva esclusivamente le mancanze del ragazzo in termini di rispetto e correttezza. I genitori avevano anche accusato la scuola di non averli informati adeguatamente sui comportamenti del figlio, ma il tribunale ha ritenuto che la valutazione fosse giustificata e non discriminatoria, dando piena ragione agli insegnanti.
Un caso che sottolinea l’importanza dell’educazione
La vicenda di Carate Brianza mette in luce il ruolo cruciale della condotta scolastica come indicatore di valori educativi, indipendentemente dalle difficoltà di apprendimento. La decisione del Tar rafforza l’autonomia delle scuole nel valutare il comportamento degli studenti, sottolineando che il rispetto delle regole e la convivenza civile sono aspetti fondamentali del percorso formativo. Il caso, che ha suscitato attenzione nella comunità locale, invita a riflettere sull’importanza di un dialogo aperto tra famiglie e istituzioni scolastiche per affrontare situazioni complesse e promuovere un ambiente educativo positivo.