Strage di Paderno, sentenza svela dettagli agghiaccianti su 17enne autore triplice omicidio
Il tribunale lo definisce 'manipolatore' e attratto dal nazismo: ricostruite le ore della strage

Secondo le motivazioni depositate dal Tribunale per i minorenni, Riccardo Chiarioni – condannato a 20 anni di carcere con rito abbreviato – era «guidato da un pensiero stravagante» e «bizzarro»: raggiungere «l'immortalità attraverso l'eliminazione della propria famiglia».
Il giovane avrebbe «distinto la realtà dall'immaginazione» e «lucidamente programmato, attuato, variato secondo il bisogno le proprie azioni, prima, durante e dopo». Per questo non è stato riconosciuto alcun vizio parziale di mente.
La giudice Paola Ghezzi lo ha descritto come un «manipolatore» che ha agito con «scaltrezza», scegliendo di attirare i genitori nella propria cameretta dopo aver già colpito il fratellino. Il delitto è stato compiuto «in modo cruento», con «numerosissime coltellate» inflitte anche quando le vittime erano già esanimi.
Omicidio familiare a Paderno, attrazione per nazismo e tentativo di depistaggio
Nella sentenza si sottolinea come il 17enne, subito dopo la strage di Paderno, abbia cercato di «eludere le investigazioni per garantirsi l'impunità». Inizialmente aveva tentato di far ricadere la colpa sulla madre, poi sul padre e solo successivamente su sé stesso, dopo essersi accertato che la sua versione non fosse creduta.
Dall’analisi dei dispositivi del giovane sono emerse immagini e riferimenti inquietanti, come la foto del «Mein Kampf», insieme a esternazioni che confermavano una forte inclinazione verso l’ideologia fascista, nazista e «omofoba». Per la giudice, la brutalità del gesto evidenzia stati emotivi «di rabbia ed odio narcisistici», ma senza perdita di controllo: il ragazzo avrebbe mantenuto «lo stesso livello di organizzazione mentale» per tutta la durata del triplice omicidio.
